In alcuni punti strategici, un neo può essere considerato un simbolo di seduzione. Pensiamo a quello famosissimo di Marilyn Monroe o a quello di Cindy Crawford.
Molte donne sono addirittura ricorse al make up o ai tatuaggi pur di sfoggiare un neo finto e apparire quindi più sexy. Tuttavia, per la maggior parte di noi, i nei possono essere un vero grattacapo, una «spia» per quello che un giorno potrebbe trasformarsi in una pericolosissima malattia, il melanoma, un tumore maligno. Per questo l’indicazione è di tenerli sempre sotto controllo e, anche se oggi gli specialisti possono in molti casi distinguere quelli «a rischio», non ci sono tecniche infallibili. E spesso sono necessarie più visite, a cadenza temporale, per studiare l’evoluzione di un neo.
Ora però uno studio della Perelman School of Medicine della University of Pennsylvania (Usa) ha individuato un biomarcatore in grado di distinguere quelli che un giorno potrebbero diventare melanomi. Il biomarcatore in questione, descritto sull’American Journal of Pathology, è il gene p15: minore è l’espressione del gene nelle cellule di un neo, maggiore è il rischio che si trasformi in un melanoma.
GENE P15: INIBISCE LA PROLIFERAZIONE DELLE CELLULE DEI NEI
La maggior parte dei melanomi sono causati da mutazioni che inducono le cellule a replicarsi in modo incontrollabile, contrariamente a quanto fanno invece i nei composti da cellule non cancerose che hanno le stesse mutazioni. Tuttavia, cambiamenti nei livelli di espressione genica possono trasformare i nei in melanomi. Per i dermatologi tra il 30 e il 40 per cento dei casi di melanoma possono verificarsi in associazione con un neo. Per questo i medici vorrebbero essere in grado di distinguere meglio tra i nei normali e quelli che possono diventare un melanoma. Nel nuovo studio i ricercatori hanno scoperto che bassi livelli del gene p51 potrebbero indicare che un neo si sta trasformando in melanoma. Il ruolo di p15, infatti, sarebbe quello di inibire la proliferazione delle cellule dei nei.
BIOMARCATORE POTREBBE ENTRARE NELLA PRATICA CLINICA TRA 1-2 ANNI
Per dimostrarlo i ricercatori hanno «macchiato» nei e melanomi con anticorpi p15 e p16 (quest’ultima è un’altra proteina associata con il melanoma, ma i maniera ridotta). Successivamente gli scienziati hanno misurato il «livello di colorazione» in modo da determinare un punteggio associato con il livello di proteine nelle cellule. Così, il test ha stabilito che, se il livello di colorazione è alto allora si è di fronte a un neo “benigno”, mentre se il livello di colorazione è basso è molto probabile che ci sia una corrispondenza con un melanoma. I livelli di p16, tuttavia, hanno una minore corrispondenza rispetto a quelli di p15. «Abbiamo dimostrato che l’espressione di p15 è un biomarcatore affidabile per distinguere un neo da un melanoma», spiega John T.
Seykora, autore dello studio. «Speriamo che questa nuova scoperta aiuterà i medici a capire se un neo si trasformerà (o meno) in melanoma», conclude lo scienziato, aggiungendo che i risultati di questo studio potrebbero trovare applicazione in clinica, o almeno così spera, nel giro di 1 o due anni.
NEI A RISCHIO VENGONO INDIVIDUATI IN BASE A CARATTERISTICHE ESTETICHE
Attualmente un neo «a rischio» viene individuato in base a una serie di caratteristiche che possono essere riassunte nella sigla «ABCDE», dove A sta per «Asimmetria» nella forma (un neo benigno è generalmente circolare o comunque tondeggiante, un melanoma è più irregolare); B come «Bordi» irregolari e indistinti; C come «Colore» variabile (ovvero con sfumature diverse all’interno del neo stesso); D come «Dimensioni» in aumento, sia in larghezza sia in spessore; ed E come «Evoluzione» del neo che, in un tempo piuttosto breve, mostra cambiamenti di aspetto.
Altri campanelli d’allarme che devono essere valutati da un medico sono un neo che sanguina, che prude o che è circondato da un nodulo o da un’area arrossata.
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