«Think before you ink», dicono gli statunitensi: pensa prima di usare l’inchiostro, ovvero prima di tatuarti la pelle. Raccomandazione quanto mai appropriata per le persone che soffrono di psoriasi, visto che uno di loro su quattro può veder peggiorare la malattia dopo un tatuaggio. Inoltre il tatuaggio può essere l’occasione in cui la malattia può manifestarsi per la prima volta.
A distanza di alcune settimane è infatti possibile che compaiano i segni classici della psoriasi, come arrossamento e desquamazione della pelle nell’area disegnata. Secondo gli esperti, riuniti nei giorni scorsi a Napoli per la seconda edizione della scuola della psoriasi organizzata dal dipartimento di dermatologia dell’Università Federico II, i casi di persone sane che hanno sviluppato la malattia a seguito del tatuaggio sono in continuo aumento.
I TATUAGGI CHE «INNESCANO» LA MALATTIA
Spiega Cataldo Patruno, docente della scuola di specializzazione in dermatologia dell’Università Federico II di Napoli. «L’introduzione di pigmenti nella cute per creare disegni più o meno elaborati è un atto complesso, che disturba l’equilibrio della pelle e soprattutto può indurre una reazione infiammatoria locale tutt’altro che lieve».
Questa reazione può essere il primo passo verso lo sviluppo della psoriasi in persone che non hanno mai avuto sintomi in precedenza. In loro, soggetti evidentemente predisposti, «il tatuaggio può diventare l’elemento scatenante attraverso l’infiammazione cutanea che attiva il sistema immunitario e lo conduce verso la malattia».
Si stima infatti che almeno il dieci per cento della popolazione abbia uno o due geni che possono favorire la comparsa della psoriasi, ma solo il 2-3 per cento la sviluppa. Motivo per cui è necessario che la predisposizione genetica si «combini» con fattori esterni scatenanti. Alcuni di questi sono, per esempio, alcuni farmaci o le infezioni, «ma anche il tatuaggio si sta rivelando un elemento sempre più spesso coinvolto nell’inizio dei sintomi», chiosa Patruno.
LA REAZIONE ENTRO UN MESE DAL TATUAGGIO
C’è ancora più certezza sul fatto che il tatuaggio possa peggiorare una psoriasi esistente in chi ha già avuto la diagnosi. «Un paziente psoriasico su quattro ha la cosiddetta risposta isomorfica - sottolinea Nicola Balato, ordinario di dermatologia all’Università Federico II e responsabile dell’ambulatorio della psoriasi -. Quando la pelle viene traumatizzata, nell’area si sviluppa una reazione infiammatoria che dà il via alla malattia nell’area, con la comparsa di una nuova lesione. Il fenomeno, più probabile se la psoriasi è in una fase instabile, può avvenire, per esempio, a seguito di ferite chirurgiche o ustioni, ma pure dopo l’esposizione ad agenti irritanti o perfino a seguito della puntura di insetti». O di un tatuaggio, dal momento che la procedura porta alla comparsa di una nuova lesione psoriasica a livello dell’incisione, «in alcuni casi perfino ricalcandone precisamente il disegno e spesso la malattia si aggrava anche in altre zone del corpo». In genere tutto avviene nel giro di due, quattro settimane dal tatuaggio. Ma si sono segnalati anche casi in cui il fenomeno si manifesta più tardi.
MEGLIO RINUNCIARE AL TATOO SE SI SOFFRE DI PSORIASI
I pazienti con psoriasi dovrebbero perciò essere adeguatamente informati sui rischi del tatuaggio. «Si tratta di una pratica molto sconsigliata - conclude lo specialista - perché troppo spesso può portare la malattia a manifestarsi anche in aree del corpo dove non si era mai presentata prima, peggiorando la situazione complessiva del paziente. Alcuni raccomandano la prudenza, consigliando a chi non vuole in alcun modo privarsi di un tatuaggio di farlo molto piccolo e in una zona poco visibile. Se può, però, è meglio astenersi perché l’inserimento di aghi e pigmenti sotto cute è un gesto che può rivelarsi rischioso per la pelle di chi ha la psoriasi».
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