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I disturbi cognitivi sono tra le più comuni complicanze non motorie della malattia di Parkinson, interessano il 25-30% di pazienti, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia e aumentano il rischio di sviluppare demenza.

Poter individuare segni precoci di questi sintomi è importante per rallentarne l’avanzata e garantire una miglior qualità di vita. Il Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa e nel nostro paese sono 240.000 i pazienti che ne sono affetti e 50.000 quelli con parkinsonismi.

Uno studio frutto di una collaborazione tra l’Unità di Neuroimaging quantitativo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele guidata da Massimo Filippi e l’Università di Belgrado ha indagato le differenze strutturali esistenti tra i cervelli dei pazienti con e senza disturbi cognitivi, scoprendo che nei primi alcune reti neurali presentano delle alterazioni assenti negli altri pazienti.

Utilizzando una metodica, la risonanza magnetica con tensore di diffusione, e un nuovo approccio statistico per l’analisi dei dati raccolti (lo stesso utilizzato nel progetto Connettoma umano), i ricercatori hanno ricostruito le connessioni strutturali del cervello di 170 parkinsoniani, 54 dei quali con disturbo cognitivo lieve (MCI), e di 41 soggetti sani di controllo.

«A parità di disabilità motoria, i pazienti con MCI presentano un’alterazione di alcune connessioni – come quelle tra le aree frontali e i gangli della base – aree specifiche dei deficit cognitivi» ci ha spiegato la dottoressa Federica Agosta del San Raffaele. Nei pazienti che ancora non presentano deficit cognitivi, queste anomalie della sostanza bianca (quella composta dagli assoni e che coordina l’attività delle varie regioni cerebrali) possono precedere l’atrofia della sostanza grigia che tipicamente si riscontra quando la demenza è conclamata. Gli autori dello studio hanno poi indagato l’eventuale correlazione tra l’entità del danno cerebrale e la gravità dei sintomi cognitivi: «Maggiore il danno microstrutturale, peggiore la prestazione dei pazienti nei test delle funzioni esecutive».

In altre parole, se da una parte la degenerazione dei fasci della sostanza bianca è osservabile in tutti i casi di Parkinson, i disturbi cognitivi appaiono solo quando il danno è tale da coinvolgere specifiche reti neurali e la loro organizzazione. «La perdita di integrità di questi fasci, analizzata con le nuove metodiche di indagine statistica, potrebbe essere usata come marcatore precoce del disturbo cognitivo lieve e aiutare i clinici nell’identificare i soggetti a rischio di sviluppare le complicanze cognitive della malattia» spiega la dottoressa Agosta.

Saranno comunque necessarie ulteriori indagini e il team di ricerca ha già iniziato un ampio studio su parkinsoniani con malattia all’esordio, monitorandoli nel tempo con esami clinici e con risonanza magnetica.

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