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Una storia tutta italiana. Finalmente chi soffre di colangite biliare primitiva (CBP), una rara malattia del fegato, può contare su un’ulteriore molecola – l’acido obeticolico- capace di migliorare sensibilmente la salute di quest’organo. A metterla a punto un gruppo di cercatori dell’Università Bicocca presso il polo ospedaliero San Gerardo di Monza. I risultati sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine.

La colangite biliare primitiva, fino ad un anno fa chiamata cirrosi biliare primaria, colpisce all’incirca 400 persone su un milione. In maggioranza si tratta di donne oltre i 40 anni di età. La patologia è di tipo autoimmune e, colpendo le vie biliari, provoca infiammazione cronica e ristagno di bile nel fegato. Nel 30-40 per cento dei casi può progredire e portare scompenso epatico e cirrosi fino, nei casi più gravi, al trapianto di fegato.

La ricerca che ha portato a realizzare il nuovo farmaco è una storia in gran parte italiana, che parte dalla sintesi della molecola avvenuta presso l’Università degli Studi di Perugia fino alla costituzione dell’azienda italo-americana Intercept, creata appositamente per lo sviluppo clinico e la commercializzazione del farmaco, con un importante supporto finanziario di uno sponsor italiano.

«La forza di questo nuovo farmaco – commenta Pietro Invernizzi, uno dei responsabili della sperimentazione – sta nel fatto che, agendo a livello immunologico e metabolico, è in grado di prevenire il formarsi di fibrosi epatica, ma soprattutto migliora il flusso biliare dal fegato, prevenendone l’accumulo e il ristagno all’interno dell’organo.

Nei prossimi anni presso la Gastroenterologia dell’Ospedale San Gerardo di Monza saremo impegnati, come equipe di epatologi dell’Università di Milano-Bicocca, nella seconda fase di questa sperimentazione durante la quale i partecipanti continueranno ad assumere la terapia. Il centro del San Gerardo è uno dei pochi centri italiani dedicato alle malattie autoimmuni del fegato e si appresta a breve a far parte di un network europeo specifico per queste patologie rare».

Nello studio, effettuato in particolare in quei pazienti che non rispondono in modo significativo alle attuali terapie, il gruppo di ricercatori italiano ha dimostrato la sicurezza e l’efficacia della nuova terapia attraverso un trial che ha coinvolto 217 partecipanti; dopo dodici mesi si è verificata una riduzione dei livelli di fosfatasi alcalina (FA) maggiore tra i partecipanti trattati con il farmaco rispetto a quelli trattati con placebo (47% dei pazienti trattati rispetto al 10% nei non trattati). La riduzione di FA è la «spia» dell’effettivo funzionamento del farmaco, risultato che ha permesso l’approvazione della terapia da parte della FDA. L’introduzione in commercio di è prevista entro il 2017.

«Il Center for Digestive Health di Milano-Bicocca - spiega il professor Mario Strazzabosco – è uno dei laboratori leader nel mondo nello studio dei meccanismi che stanno alla base delle malattie dell’epitelio biliare, nonché uno dei pochi centri in grado di eccellere sia nella ricerca clinica che in quella traslazionale. Questa nuova cura per i pazienti con CBP ci fa sperare nell’arrivo in clinica di ulteriori farmaci in grado di contrastare tale malattia alla base».

Twitter @danielebanfi83

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