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Spesso ancora avvolte nello stigma e nel pregiudizio, le malattie psichiche costituiscono un problema di salute pubblica. Secondo l’Oms, entro il 2030 la malattia più diffusa sarà la depressione. Oggi la depressione maggiore colpisce un europeo su 15, cifra che sale a 4 su 15 se si considerano anche le altre forme depressive e l’ansia. Il 27% dei cittadini europei maggiorenni e under 65 ha sofferto negli ultimi dodici mesi di un qualche disturbo mentale, inclusi quelli derivanti dall’uso di sostanze e disordini alimentari.

GIORNATA MONDIALE DELLA SALUTE MENTALE. SI PUNTA SUL «FIRST AID»

Si tratta di 83 milioni di persone, la cui vita privata e lavorativa è pesantemente influenzata. Andando a vedere l’indice DALys (che indica la somma degli anni di vita potenziale persi a causa di mortalità prematura e degli anni di vita produttiva persi a causa di disabilità) le malattie neuropsichiatriche sono al terzo posto dopo le cardiovascolari e le neoplastiche.

«H-OPEN DAY»: L’INIZIATIVA DI ONDA PER LE DONNE

Consulenze psichiatriche e colloqui psicologici gratuiti, sportelli di ascolto e ricevere materiale informativo sono previste per la terza edizione dell’«H-open Day», iniziativa di ONDA l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna, che si svolgerà nel corso dell’intera settimana dal 10 al 16 ottobre, con l’obiettivo di avvicinare le donne alle cure e superare lo stigma che ancora aleggia su queste patologie neurologiche, psichiche e del comportamento.

«L’H-Open Day 2016 sulla salute mentale – spiega Francesca Merzagora, Presidente di Onda - è un’iniziativa già collaudata da anni, in cui oltre 140 ospedali prevalentemente del network Bollini Rosa, mettono a disposizione della popolazione servizi per consentire alle donne e ai familiari delle pazienti di poter esprimere il loro disagio in un contesto dedicato». Inoltre, Onda organizzerà inoltre dal 10 al 14 ottobre un ambulatorio nella propria sede a Milano (info. 02/ 29015286 dalle 10 alle 12).

«INSIEME»: IL PROGETTO DI SALUTE MENTALE IN CARCERE

L’isolamento e la mancanza di contatto con l’esterno, insieme allo shock della detenzione, possono facilitare la comparsa o l’aggravarsi di un disagio psichico che può essere già diagnosticato o ancora latente.

I numeri sono allarmanti: più di 42 mila detenuti italiani - il 77% degli oltre 54 mila totali - convivono con un disturbo mentale: dai disturbi della personalità alla depressione, fino alla psicosi, con una prevalenza nettamente più alta rispetto a quella che si registra nella popolazione generale.

I NUMERI DELLA DEPRESSIONE PER CHI STA DIETRO LE SBARRE

Se fuori dal carcere, ad esempio, i disturbi psicotici si riscontrano nell’1% delle persone, dietro le sbarre la percentuale sale al 4%. Più alti sono anche i numeri della depressione: nei detenuti la prevalenza si attesta intorno al 10% contro il 2-4% della popolazione generale. Inoltre più della metà dei reclusi, il 65%, convive con un disturbo della personalità, una percentuale dalle 6 alle 13 volte superiore rispetto a quella che si riscontra normalmente (5-10%).

Al disagio mentale, infine, si sommano spesso i disturbi da sostanze stupefacenti, che tra i detenuti hanno una frequenza 12 volte maggiore rispetto a quella della popolazione generale (48% contro 4%). Disagi che possono portare a conseguenze estreme come l’autolesionismo (circa 7 mila episodi in un anno) o il suicidio (43 casi e oltre 900 tentativi solo nel 2014).

UN PROGETTO PER FORMARE COLORO CHE DEVONO DARE SUPPORTO

Per questo, la Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria, la Società Italiana di Psichiatria e la Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze con il supporto incondizionato di Otsuka hanno individuato nuovo Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, si propone di integrare le diverse figure professionali che lavorano all’interno delle prigioni e di assicurare una continuità terapeutica-assistenziale anche dopo la scarcerazione.

Il progetto INSIEME punta alla formazione di tutti i soggetti coinvolti nel percorso assistenziale e prevede l’organizzazione di corsi di formazione in alcuni istituti penitenziari italiani, destinati a chi opera nel carcere, ma anche agli operatori sanitari che lavorano sul territorio.

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