Grazie ad un microchip impiantato nel cervello, un tetraplegico di vent’otto anni è tornato a sentire il caldo e la pressione sulla propria pelle. Nathan Copeland, questo il nome del ragazzo studiato dai ricercatori dell’Università di Pittsburg, ha anche detto di considerare questi stimoli come realistici e piuttosto simili a quelli che provava prima dell’incidente stradale che nel 2004 lo ha immobilizzato, paralizzato alle braccia e alle gambe, a causa di una lesione al midollo spinale.
Grazie alla stimolazione degli elettrodi impiantati chirurgicamente nelle aree somatosensoriali del suo cervello la scorsa primavera, l’uomo è riuscito a sentire il tocco sulla propria mano e a percepirlo di intensità variabile a seconda degli impulsi elettrici applicati. Copeland ha riportato la sensazione di percepire il tocco tra una mano robotica (collegata direttamente al suo cervello attraverso i microelettrodi) e un oggetto davanti a lui, come se fosse stata la sua stessa mano ad averlo toccato. «Posso sentire quasi ogni dito, è una sensazione davvero strana» aveva detto l’uomo ad un mese dall’intervento chirurgico.
«A volte la sensazione è di scarica elettrica, altre volte di pressione, ma per la maggior parte delle volte, posso indicare le singole dita con precisione definita. È come se le mie dita venissero toccate o spinte».
Nessun formicolio indistinto, dunque. Al contrario, Nathan Copeland ha descritto come «naturale», cioè altamente verosimile, la percezione del tocco leggero del cotone sulla sua pelle, fatto questo piuttosto importante dal momento che dei risultati positivi ottenuti finora con gli animali non si potevano avere conferme di tipo verbale.
Il feedback sensoriale è stato indotto nell’uomo dalla stimolazione elettrica delle aree somatosensoriali del cervello. L’uomo, una volta bendato, è riuscito ad identificare correttamente nell’84% dei casi quale dito della protesi venisse toccato come si vede nel video (link al video). Infine, i ricercatori hanno visto che la capacità percettiva così riacquistata si mantiene stabile nel tempo.
«L’obiettivo finale è quello di creare un sistema che si muove e si sente proprio come farebbe un braccio naturale» ha detto il professor Rob Gaunt della Scuola di Medicina dell’Università di Pittsburg e primo autore dello studio apparso sulla rivista Science Translational Medicine e presentato oggi alla conferenza sul futuro dell’innovazione «The White House Frontiers» in corso a Pittsburg. «Abbiamo ancora una lunga strada da percorrere, ma questo è un ottimo inizio».
Secondo gli autori dello studio, realizzato anche con finanziamenti dal programma Revolutionizing Prosthetics dell’agenzia statunitense per la ricerca nel settore della Difesa DARPA, questi risultati mostrano che la neurostimolazione può aiutare a restituire percezioni somatosensoriali (propriocettive e tattili) ai pazienti paralizzati ed eventualmente anche agli amputati attraverso neuroprotesi sempre più d’avanguardia.
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