In medicina siamo davanti ad un caso più unico che raro: oggi, grazie all’utilizzo di alcuni farmaci, è possibile eradicare per sempre l’epatite C. Come lo furono i vaccini, capaci di cancellare dal pianeta diverse devastanti malattie, ora gli antiretrovirali di ultima generazione possono in sole 12 settimane (in alcuni casi anche meno) eliminare per sempre il virus dell’epatite in oltre il 90% dei casi. Attenzione però a non cantare vittoria: quando il farmaco non funziona il virus diventa resistente. Ecco perché oggi più che mai abbiamo bisogno di cure sempre più personalizzate e di farmaci. E’ questo uno dei principali messaggi che emerge dall’«International Liver Congress 2016» in corso in questi giorni a Barcellona.
CHE COS’È L’EPATITE C
«L’epatite C è una malattia del fegato causata dal virus Hcv: una volta che ha raggiunto le cellule epatiche, scatena un’infiammazione generalizzata che nel lungo termine può portare a cirrosi e carcinoma epatico. «Attenzione però a non pensare che si tratti di una malattia esclusiva del fegato. Gli effetti riguardano tutto il corpo. L’aspettativa di vita di una persona con il virus è inferiore rispetto a chi è sano. Non solo, la presenza concomitante di diabete aumenta notevolmente il rischio di sviluppare eventi cardiovascolari. Eradicare il virus dunque non è solo una questione di fegato. Prima lo si elimina meglio è» spiega Gloria Taliani, professore di Malattie infettive alla Sapienza Università di Roma.
QUALI SONO LE CURE ATTUALI
Se fino ad alcuni anni fa l’efficacia delle terapie si attestava intorno al 50% -ma con molti effetti collaterali che spesso inducevano il malato e il medico a sospendere il trattamento- da qualche tempo sono sbarcate sul mercato molecole capaci di cambiare la storia della malattia. «La svolta -spiega Antonio Craxì, professore di Gastroenterologia all’Università di Palermo- la si è avuta grazie alla creazione di farmaci capaci di agire sui diversi meccanismi che il virus dell’epatite C mette in atto per sopravvivere e replicarsi. Grazie a questo approccio le nuove molecole sono in grado di eradicare in modo definitivo il virus, generalmente in tre settimane, in oltre il 90-95% dei casi».
MAI FERMARSI, SERVONO NUOVI FARMACI
Che fare però di quelle migliaia di persone in cui anche questi nuovi farmaci falliscono? In questi casi ciò avviene perché il virus diventa resistente -un po’ come fanno i batteri agli antibiotici- al trattamento con l’antiretrovirale. Come affrontare tutto ciò? «Seppure riscontrate in percentuali molto contenute – sottolinea Carlo Federico Perno, professore di virologia all’Università di Roma Tor Vergata – le resistenze virali non solo rendono meno efficaci i farmaci già utilizzati, ma spesso rendono poco o nulla utilizzabili anche altri farmaci di seconda linea.
La prima strategia -molto logica- è quella di avere a disposizione sempre più combinazioni terapeutiche». A tal proposito, dopo l’immissione sul mercato di diversi antiretrovirali, a breve è attesa l’approvazione per la commercializzazione di elbasvir/grazoprevir (sviluppato da MSD), un’arma in più nella lotta all’epatite C. Nei dati presentati al congresso -frutto dell’analisi di oltre 10 trials clinici che hanno coinvolto 2000 persone- è emerso che la combinazione di queste due molecole si è rivelata particolarmente efficace in un’ampia popolazione di pazienti, compresi quelli più “fragili” con cirrosi compensata, insufficienza renale grave, malattie ematologiche o precedenti fallimenti terapeutici.
TEST PER INDIVIDUARE LA COMBINAZIONE MIGLIORE
Ma l’attesa di nuovi farmaci con diverso meccanismo d’azione non è la sola speranza per evitare di generare ulteriori resistenze al virus e la conseguente mancata eradicazione della malattia. «La parola d’ordine -conclude Perno- è personalizzazione. Nella scelta della miglior combinazione di farmaci da utilizzare è fondamentale effettuare dei test di resistenza in modo da scegliere con ragionevole certezza solo quei farmaci realmente attivi contro il virus presente nel sangue di quella persona».
Twitter @danielebanfi83
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