Anche se rimangono la prima causa di morte nei Paesi industrializzati, le malattie cardiovascolari si riescono a curare con sempre maggiore successo. Complice la possibilità di intervenire per via endovascolare, infarti ed ictus fanno meno paura e aumenta sempre di più il numero di persone che sopravvivono a questi eventi. Ma l’effetto paradossale di questi importanti risultati raggiunti è la massiccia presenza di malati cronici. «Investire in prevenzione -spiega il professor Massimo Volpe, presidente della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare- è oggi più che mai fondamentale».
Professore, cosa significa in concreto fare prevenzione cardiovascolare?
Significa da una parte fare un lavoro sulle strategie di popolazione, facilitando un’alimentazione corretta, dissuadendo dal fumo di sigaretta, impegnandosi a fondo nel favorire l’attività fisica dei cittadini. Ma prevenzione oggi significa anche il giusto ricorso ai farmaci. Oggi la prevenzione cardiovascolare non è più solo un concetto epidemiologico, qual era 30 anni fa, ma si può concretamente fare. Ogni medico la può fare, usando in maniera corretta e appropriata i farmaci antipertensivi, gli ipo-colesterolemizzanti, gli anti-diabetici e, nelle giuste fasce d’età, anche i farmaci anti-piastrinici. Insomma oggi abbiamo gli strumenti, i farmaci, per rendere concreta quella che trent’anni fa era ancora un’operazione abbastanza astratta. Ma anche questo richiede un impegno da parte dei medici.
Le politiche di prevenzione a livello della popolazione hanno avuto successo nel nostro Paese?
Personalmente, anche se ho visto un grande impegno pure da parte del Ministero e delle Regioni, nel fare strategie di prevenzione, raramente ho poi visto una traduzione di questi sforzi nei fatti, cioè in uno spostamento dalla cura delle malattie, alla prevenzione delle stesse. Eppure ritengo che tutti i cittadini dovrebbero essere interessati a questa seconda possibilità perché oltre a non ammalarsi, potrebbero contare su un maggior numero di anni di benessere. Alla luce della modificazione demografica impressionante che c’è stata nel nostro Paese (un maschio vive in media 81 anni e una donna 85) è molto importante che gli anni più avanti nella vita siano affrontati nella maniera migliore e questo si può fare se ci si arriva senza aver avuto un ictus, un infarto, lo scompenso cardiaco. Queste patologie si traducono a loro volta in un danno, non solo per l’individuo e la sua famiglia, ma per tutta a società e le strutture sanitarie, per il conto economico salatissimo che queste patologie presentano.
Fare prevenzione implica spendere altri soldi?
In realtà non è necessario trovare nuovi investimenti nel campo della sanità. Ad investire potrebbero essere il ministero del lavoro o dell’economia. Perché questo problema riguarda tutti. I buoni esempi di come mettere in pratica la prevenzione cardiovascolare vengono anche dai privati. Alcune grandi aziende quali la Ferrari, la Fiat, le Assicurazioni Generali, solo per citarne alcune, già da tempo hanno messo in atto un programma di prevenzione per i loro dipendenti e le loro famiglie, con visite annuali. Un lavoro del genere non costa molto, può essere fatto in tempi ragionevoli, contribuirebbe a decongestionare gli ospedali e i pronto soccorsi, farebbe risparmiare giornate di malattia e comporterebbe un risparmio anche nel campo della previdenza e dell’invalidità. Destinare alla prevenzione un suo budget: questo dovrebbe diventare proprio un punto di governo, da suggerire alla nuova classe di dirigenti politici appena eletta.
Se da un lato la prevenzione è un qualcosa di soggettivo, cosa possono fare i nostri medici di base per promuoverla?
Il loro ruolo è fondamentale. Interessante a questo riguardo è l’esempio della Gran Bretagna che ha dato ai medici di medicina generale degli obiettivi di risultato, fissando dei benchmark per il colesterolo, la pressione, il diabete. Chi non riesce a portare i ‘numeri’ dei propri assistiti sotto questo benchmark non ha evidentemente centrato il risultato; per gli altri, i virtuosi, sono previsti degli incentivi economici. Il Servizio sanitario nazionale inglese (Nhs) ha fatto questo contratto con i medici di famiglia da quasi dieci anni. Per fare la prevenzione non serve lo specialista, è necessario invece intercettare le persone che vanno dal medico di famiglia, misurando loro la pressione, facendo una serie di analisi del sangue, modificando il loro stile di vita, incoraggiando ad esempio l’attività fisica regolare e scoraggiando ad esempio alimentazione sbagliata e sigarette.
E’ vero che bisogna incominciare a fare prevenzione sin da bambini?
Nei più piccoli, prevenzione cardiovascolare deve essere solo una parola chiave per iniziare bene la vita. In questo caso è molto importante il life style advice, il consiglio sullo stile di vita, che significa corretta alimentazione, come svolgere l’attività fisica, non essere incoraggiati a fumare, a bere alcolici o a mangiare cose molto salate. Tutto da costruire. Basta guardarsi intorno per vedere come molti bambini siano in sovrappeso, mangiano quantità di sale enormi con le patatine, hamburger e merendine. Parlare di malattie cardiovascolari e di bambini potrebbe sembrare un po’ un ossimoro, in quanto le malattie cardiovascolari degenerative vengono molto più tardi nel corso della vita. Ma io penso che se facessimo prevenzione cardiovascolare già da bambini, da qui a vent’anni sarà difficile vedere un infarto sotto i 70 anni.
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