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Mani, braccia o gambe gonfie. A volte talmente tanto da far male o da rendere difficoltose azioni semplici, come vestirsi. E’ il linfedema, una malattia caratterizzata proprio dal rigonfiamento degli arti a causa di una mancanza del drenaggio della linfa sotto la pelle. Una volta era una condizione rara o almeno così veniva considerata. Oggi però non lo è più. In Italia è addirittura in aumento: si stimano all’incirca 40mila nuovi casi all’anno, un’incidenza quasi sovrapponibile a quella del tumore al seno. Per sensibilizzare pazienti, medici e media su questa malattia oggi si celebra il LymphADay, la Giornata mondiale sul linfedema promossa in Italia dalla Beautiful After Breast Cancer Onlus (BABC). In occasione di questa giornata, oggi pomeriggio, al Policlinico A. Gemelli di Roma si farà il punto sulle nuove opzioni di trattamento.

I TRATTAMENTI ANTI-CANCRO SONO UNA DELLE CAUSE DEL LINFEDEMA

Sono due le principali forme di linfedema. Ci sono quelle «primarie», dovute a malformazioni dei vasi del sistema linfatico, e quelle «secondarie», dovute a eventi avversi esterni che alterano la normale funzione del sistema linfatico. I trattamenti oncologici sono tra la cause più frequenti di linfedemi secondari. L’aumento dei casi è proprio dovuto a essi. «Il fenomeno interessa dal 20 al 40 per cento di chi si è sottoposto a cure oncologiche, in particolare chi è stato operato di tumori al seno, ginecologici, urologici e melanoma e ha subito l’asportazione dei linfonodi, ghiandole strategiche per il drenaggio della linfa», spiega Marzia Salgarello, presidente BABC e responsabile del centro per la terapia chirurgica del linfedema della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma.

TRATTAMENTI PRECOCI RIDUCONO EFFICACEMENTE I SINTOMI

Tuttavia, del linfedema si parla ancora molto poco perfino con chi deve sottoporsi a cure oncologiche. Questo significa che i pazienti non vengono educati in modo appropriato sui possibili trattamenti che, se messi in atto in fase iniziale, secondo gli esperti, risultano invece essere più efficaci riducendone i sintomi anche fino al 70 per cento. «Affrontare questa patologia il prima possibile fa la differenza», sottolinea Salgarello.

«Una volta che l’arto è gonfio e la patologia stabile con modificazioni patologiche dei tessuti, diventa più difficile da trattare sia con la super-microchirurgia che con la fisioterapia», aggiunge.

LA MICROCHIRURGIA E L’OPZIONE MIGLIORE CONTRO IL GONFIORE

La cosiddetta «super-microchirurgia» permette di drenare di nuovo la linfa e ridurre il gonfiore fino al 70 per cento. Almeno secondo la nuova casistica italiana raccolta al Centro per la terapia chirurgica del linfedema del Policlinico Gemelli nei primi due anni di interventi, che sarà presentata al prossimo congresso della Federazione Europea delle Società di Microchirurgia (EFSM), previsto nel mese di maggio. Inoltre, secondo una review mondiale, recentemente pubblicata sulla rivista Microsurgery, questo tipo di intervento migliora complessivamente la qualità della vita dal 50 al 100 per cento. La recente tecnica operatoria drenante affianca le classiche terapie fisioterapiche, migliorando i risultati in modo sensibile.

IL LINEFEDEMA PEGGIORA LA QUALITA’ DELLA VITA

Oltre alla microchirurgia, e ben prima di essa, il linfedema veniva trattata solo da un punto di vista sintomatico, utilizzando la terapia fisica combinata. Questa prevede un impegno a vita da parte del paziente il quale, oltre alla fisioterapia decongestionante, deve indossare a vita indumenti elasto-compressivi e attenersi scrupolosamente e quotidianamente ad alcune «regole» per evitare la progressione della malattia e le possibili infezioni. Come lo «skin care» quotidiano, fare attenzione agli sforzi di ogni tipo, utilizzare di repellenti soprattutto in estate per limitare al massimo le punture di insetto, fare attenzione anche a piccoli traumatismi e stare attenti all’esposizione solare diretta. Tutte queste attenzioni servono a evitare di incorrere in una linfangite, malattia che farebbe aggravare il linfedema e comporterebbe un peggioramento ulteriore.

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