Il colosso farmaceutico americano Pfizer ha deciso di rinunciare agli investimenti nella ricerca di nuovi farmaci per il trattamento delle malattie degenerative come Alzheimer ed il Parkinson. Lo ha annunciato la società, che intende anche licenziare 300 ricercatori nel settore delle neuroscienze a Andover e Cambridge, Massachusetts, e a Groton, in Connecticut. I fondi verranno destinati a altri programmi di ricerca, ma Pfizer ha fatto sapere che non rinuncerà alla lotta contro le malattie neurodegenerative.
Sconfiggere l’Alzheimer resta una chimera. Ed ecco quindi che, dopo l’addio di Merck, anche Pfizer ha deciso di abbandonare la ricerca di medicinali contro la malattia. A darne l’annuncio è stato il Wall Street Journal.
Gli investimenti profusi non sono stati sufficienti, così come era statoper il Parkinson, ad ottenere risultati degni di nota contro il morbo. Per questo la società farmaceutica americana ha deciso di deviare altrove, su altri campi di ricerca, le proprie risorse.
Gli sforzi di trovare un «antidoto» alla demenza che colpisce decine di milioni di persone nel mondo sono stati costosi ma futili, ha spiegato la società, che ha quindi deciso di abbandonare la strada intrapresa. Lo stesso destino toccherà anche alla ricerca contro il Parkinson, per il quale non è stato ancora trovato un trattamento risolutivo.
Nell’ultimo decennio, i farmaci sperimentali contro l’Alzheimer hanno ripetutamente fallito nel rallentare la malattia che distrugge la memoria. Alla fine dello scorso anno, un farmaco anticorpo infuso nei corpi dei pazienti, prodotto da Eli Lilly, non ha avuto un effetto significativo sulla malattia. In precedenza, nel 2012, anche un farmaco messo a punto dalla stessa Pfizer, in joint venture con Johnson & Johnson ed Elan Pharmaceuticals, simile al farmaco Lilly, aveva fallito il suo scopo.
La speranza è ora appesa a due studi su una pillola simile studiata da Eli Lilly e da AstraZeneca, i cui risultati dovrebbero essere resi noti ad agosto. Gli studi di un altro farmaco di Eisai e Biogen seguiranno l’anno successivo, mentre gli esiti della ricerca su un farmaco sperimentale di Johnson & Johnson e Shionogi sono previsti nel 2023. Si tratta in tutti i casi di farmaci che bloccano l’enzima di conversione beta-amiloide. La ricerca indica infatti che la malattia è strettamente associata a placche amiloidi e ammassi neurofibrillari riscontrati nel cervello, ma non è nota la causa prima di tale degenerazione.
Attualmente i trattamenti terapeutici utilizzati offrono piccoli benefici sintomatici e possono parzialmente rallentare il decorso della patologia; anche se sono stati condotti centinaia di studi clinici per l’identificazione di un possibile trattamento per l’Alzheimer, non sono ancora stati identificati trattamenti che ne arrestino o invertano il decorso.
Non prima del 2019 dovrebbe essere pronto anche lo studio di Biogen stavolta su un farmaco anticorpo.
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