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Potrebbe essere presto disponibile un test in grado di scoprire, attraverso un prelievo ematico, se c’è il rischio concreto di ammalarsi di diabete di tipo 1. Un’opportunità resa possibile grazie alla scoperta di un particolare anticorpo in grado di predire l’insorgenza di questa forma diabetica, il cosiddetto “diabete dei bambini”, già nei soggetti sani. La maggior parte di chi ha il diabete di tipo 1 presenta anticorpi contro una particolare forma di insulina “modificata” anche fino a undici anni prima della comparsa della malattia. Uno studio condotto da ricercatori italiani in collaborazione con la Queen Mary University of London, appena pubblicato sulla rivista scientifica Diabetologia, organo ufficiale della European Association for the Study of Diabetes (EASD), ha certificato l’efficacia di questo bio-marcatore nel 91 per cento dei casi.

Potrebbe dunque essere la prima “spia” realmente utile a livello clinico per prevedere l’arrivo di questa grave malattia. Solo in Italia, colpisce oltre 300mila persone, con una crescita del 3 per cento annuo nel numero di giovani ai quali viene diagnosticata. I ricercatori, adesso, sono al lavoro per rendere il test disponibile nel più breve tempo possibile. A partire da questa scoperta, gli scienziati sperano di potersi dedicare a nuovi studi in cui per verificare eventuali condizioni in grado di ritardare la comparsa della malattia.

Il lavoro scientifico, condotto sotto la guida del professor Paolo Pozzilli, Ordinario di Endocrinologia e Malattie Metaboliche presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, ha fruito dei dati raccolti dallo studio “ABIS” (All Babies in Southeast Sweden) dell’Università di Linkoeping, che ha seguito per circa 20 anni una popolazione di oltre 17mila soggetti, valutando nel tempo, su questo maxi-campione, l’incidenza nello sviluppo del diabete di tipo 1. «La capacità - chiarisce Pozzilli - di indicare un futuro caso di diabete di tipo 1 in base alla presenza nel sangue di un auto-anticorpo (chiamato oxPTM-INS-Ab) è risultata molto alta, identificando la quasi totalità dei casi. I risultati suggeriscono, perciò, che questo nuovo auto-anticorpo potrebbe divenire un alleato importante per riuscire a predire quali sono le persone più a rischio di contrarre questa forma di diabete, sporadica e finora non predicibile in tempo utile per evitare gravi danni alle beta-cellule del pancreas”.

Il diabete di tipo 1 è una patologia autoimmune che porta il sistema immunitario a riconoscere come estranee e dannose le cellule del pancreas che producono l’insulina (beta-cellule) e, quindi, ad attaccarle e distruggerle, fino a causare un deficit assoluto di quest’ormone nell’organismo. La malattia, favorita talvolta da predisposizioni genetiche o esposizione a fattori ambientali non ancora identificati, come probabilmente infezioni virali, si sviluppa in genere durante gli anni dell’adolescenza, ma può comparire anche in età neonatale o nei giovani adulti: circa il 30 per cento dei casi di diabete di tipo 1 è diagnosticato, infatti, in età adulta. Non esiste al momento una cura definitiva.

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