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Via libera ai risarcimenti per i poco più di venti italiani rimasti gravemente lesi dall’assunzione del talidomide, il farmaco oggi sperimentato anche contro le malattie infiammatorie intestinali che mezzo secolo fa era consigliato alle donne gravide per porre un freno alle nausee in gravidanza.

Prima della pausa estiva il Senato, al culmine di una battaglia di giustizia portata avanti dai pazienti, ha infatti dato il via libera al «riconoscimento anche ai nati nell’anno 1958 e nell’anno 1966 dell’indennizzo previsto per i soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della micromelia a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

Il risarcimento sarà erogato anche a chi - previa valutazione da parte della commissione medica ospedaliera territoriale - mostrerà «malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide»: pur essendo nato al di fuori del periodo previsto.

LIETO FINE DI UN AVVENTURA DURATA ANNI

È giunto dunque il lieto fine, in una storia che La Stampa ha raccontato a più riprese. D’ora in avanti tutti i pazienti danneggiati dall’assunzione dei farmaci a base di talidomide, avranno diritto a un indennizzo che lo Stato fino a ora ha riconosciuto alle persone lese dall’uso del farmaco nate tra il 1958 e il 1966. Una misura inserita in extremis nella manovra finanziaria del 2008, che fino al due agosto scorso escludeva però i malati venuti alla luce prima o dopo le due annate «limite».

Da qui il cortocircuito che ha portato i pazienti esclusi a muoversi per uscire dal regno degli invisibili. Nelle numerose istanze avanzate in Parlamento, in un paio di incontri avvenuti con il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e nel corso di un’udienza con la commissione sanità dell’Europarlamento, la richiesta era stata sempre la stessa: ricevere un equo trattamento e non essere classificati come malati di serie B. Una scelta che il Governo aveva finora motivato con ragioni di tipo fattuale e giuridico, visto che il farmaco era stato vietato alle partorienti dal Ministero della sanità dal 1962. Ma dato che rimase per anni in commercio nelle farmacie, il danno continuò a protrarsi nel tempo.

NEI PROSSIMI MESI IL VIA LIBERA AGLI INDENNIZZI

I malati esclusi avevano finora denunciato alcune situazioni paradossali: come l’essere considerati di «serie B» soltanto in ragione dell’anno di nascita e non del danno subìto dal talidomide. L’estensione della norma che d’ora in avanti considera alla pari tutti le persone rimaste lese dalla sciatteria con cui il farmaco fu messo in commercio e addirittura consigliato alle donne incinte pone dunque fine a un’ingiustizia sociale che «ci faceva sentire figli di un Dio minore», racconta oggi con voce più serena Tina Romanelli, 47 anni: focomelica per colpa del talidomide, che fu messo in commercio senza essere mai testato in animali in gravidanza. Approvato il disegno di legge, adesso occorrerà attendere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e il decreto con cui il ministero della Salute definirà i criteri per l’accertamento del diritto all’indennizzo: che nel più grave dei casi non supererà quattromila euro al mese. Il peggio è alle spalle, però. Giustizia è fatta, per le vittime del talidomide.

Twitter @fabioditodaro

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