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«Sa cosa mi dispiace di tutta questa storia? - spiega un dirigente di una Asl romana - Abbiamo raggiunto una percentuale molto alta dei bambini vaccinati e invece si parla solo delle polemiche della Raggi o dei no vax». Anche perché se vai a spulciare con attenzione i numeri, il problema sollevato dal Campidoglio è di modestissima entità, i bambini che ancora non hanno cominciato il percorso delle vaccinazioni sono circa 350 in una città di 3 milioni di abitanti. Il punto è questo: oltre alle parole e agli slogan su Facebook, come ha funzionato la legge che rende obbligatorie le vaccinazioni più importanti e nel caso dei bimbi da 0 a 6 anni le indica come condizione indispensabile per frequentare la scuola? Soprattutto: è vero che ci sono fiumi di bambini in attesa di essere vaccinati, code interminabili alle Asl, caos e disorientamento? No, non è vero. I numeri raccontano un’altra storia. Partiamo proprio da Roma e dal Lazio dove è esploso il caso della sindaca Raggi che ha chiesto di non applicare la legge a causa delle «lunghe attese nelle Asl». Ad oggi in realtà il 97 per cento dei bambini da 0 a 6 anni sono già in regola. A Roma risultano circa 60 mila dosi prenotate, ma la stima di chi realmente è in attesa di completare il percorso è di diecimila. E mancano ancora molti giorni al 10 marzo. La maggior parte dei bambini avrà tempo per vaccinarsi o anche per prenotare l’appuntamento, condizione già sufficiente per continuare a frequentare la scuola dell’infanzia o il nido. Cosa significa in numeri assoluti? Di fatto su circa 300 mila bambini, meno di 10 mila devono ancora mettersi in regola. In altri termini, significa che in una scuola con 300 bimbi ve ne sono solo 10 in attesa.

CIFRE
Numeri molto bassi, se si tiene anche conto del fatto che in quel 3 per cento non ancora vaccinato vanno inseriti anche coloro che magari si sono trasferiti in un’altra città, che saranno vaccinati in queste ore o che, per ragioni di salute, sono esenti dall’obbligo della vaccinazione. Su Roma, la città di Virginia Raggi, sono circa 6 mila. Tanti? No, perché poi al Dipartimento scuola di Roma hanno già un elenco molto più ristretto, che fa la scrematura dei bambini che compaiono nel 3 per cento non ancora in regola, ma hanno comunque già iniziato il percorso vaccinale. Una stima prevede che i no vax in realtà sono molti di meno, 360. Il caos, insomma, è più nella mente dei politici, i genitori hanno saputo organizzarsi per tempo.

E le altri regioni? Le percentuali non si discostano di molto. Prendiamo l’Emilia-Romagna, dove gli ultimi dati disponibili, calcolati però a settembre 2017, sono molto simili a quelli del Lazio: «Nella nostra regione la copertura al 96,6% per tutte e quattro le vaccinazioni obbligatorie introdotte dalla normativa regionale (difterite, tetano, poliomielite ed epatite B). Oltre la soglia di sicurezza del 95% indicata dall’Oms». Anche l’Umbria viaggia su percentuale simili, nel caso della polio oltre il 97 per cento, mentre nella Marche per ora il dato è più basso.

Su scala nazionale e complessiva, ancora i numeri non ci sono: nei giorni scorsi l’ex presidente della Società italiana di Igiene, Carlo Signorelli, ha ipotizzato che al 10 marzo potrebbero essere 40 mila in tutta Italia i bambini non in regola, ma è una stima che si basa sul fatto che negli ultimi cinque anni circa 120 mila bambini non sono stati vaccinati per l’esavalente e quella cifra è già diminuita del 30 per cento da ottobre ad oggi.

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