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Come si fa a sapere cosa pensa una persona? Basta guardare i suoi comportamenti, come risponde a uno stimolo. E come capire se ha appreso una lezione o valutare il suo livello di attenzione? Ce lo dicono le sue reazioni. Fin qui quello che sappiamo - o ci hanno sempre insegnato - dei meccanismi che regolano l’apprendimento negli individui. E se questo sistema di valutazione che adottiamo da sempre non fosse davvero il più attendibile? È possibile misurare il livello di apprendimento in modo diverso, più preciso?

Come lo stato d’animo influenza la nostra percezione

Da qui sono partiti due ricercatori dell’Università di Trento, autori di uno studio appena pubblicato sulla rivista «Journal of Vision» , che hanno osservato quanto alcuni fattori possano interferire con il riscontro che le persone restituiscono. A entrare in gioco nel trasformare la percezione del messaggio in risposta sono innanzitutto i sensi, ma anche lo stato d’animo, le inibizioni a rispondere e le aspettative che una persona può avere. Questi fattori - secondo quanto documentato da Giuseppe Notaro e da Uri Hasson - intervengono invece molto meno nei movimenti anticipatori. Un caso estremo della ricaduta di questi risultati si ha nelle persone le cui condizioni fisiche o mentali non consentono di prestare attenzione a stimoli e a rispondere. Come bambini molto piccoli, persone autistiche o affette da deficit motori invalidanti (il morbo di Parkinson). In tutti questi casi, misurare il grado di attenzione e comprensione tramite le loro risposte può essere davvero difficile.

Se hai capito, lo si legge negli occhi

Come è possibile sapere se queste persone stanno davvero imparando, stanno assimilando informazioni utili per loro? Lo studio offre una risposta: è possibile osservare il movimento inconsapevole degli occhi, che riflettono la capacità del cervello di apprendere. Nel corso dell’esperimento, i ricercatori hanno raccolto dati utilizzando un dispositivo che permette di misurare dove stiamo guardando («eye tracker»).

«Abbiamo mostrato più volte ai volontari una serie di immagini a destra a sinistra del campo visivo secondo alcuni schemi identificabili e prevedibili - spiega Notaro -. Abbiamo osservato la velocità con cui le persone guardavano queste immagini, seguendo degli schemi ben precisi che potevano essere appresi. Osservavano più velocemente le immagini se presentate nelle posizioni attese, e sorprendentemente, la posizione degli occhi prima che l’immagine fosse presentata indicava proprio dove fosse attesa l’immagine.

L’occhio si muove quindi anticipando istintivamente il movimento verso il punto dove il soggetto si aspetta che compaia l’immagine successiva. Questo piccolo movimento dell’occhio ci dà molte informazioni. Lascia dedurre che il cervello sappia prepararsi in anticipo una volta appresa un’informazione. Ci permette di catturare uno stato cognitivo prima ancora di ricevere dal soggetto una reazione abituale, come una risposta a voce, un gesto del capo o un clic su un pulsante».

Il potenziale in ambito educativo e sanitario

Questi risultati hanno il potenziale di aprire interessanti scenari applicativi soprattutto in ambito sanitario ed educativo, nell’apprendimento rivolto a soggetti con deficit di attenzione e di comunicazione.

«La presenza di questi segnali anticipatori - aggiunge Hasson - ci dà la possibilità di misurare la capacità di attenzione o di apprendimento con maggiore precisione. Sono segnali piccoli e che probabilmente vengono inviati senza consapevolezza da parte del soggetto, tuttavia sono molto affidabili. Ci permettono di fare delle previsioni su come le persone potranno rispondere. Questa osservazione ci riporta all’origine, alle basi sui meccanismi di apprendimento. Un tema di studio che desta molto interesse trasversalmente non soltanto nella comunità scientifica e che va a toccare, nelle sue evoluzioni e applicazioni, ambiti molto vicini alla nostra vita quotidiana. Basti pensare ai grandi investimenti che vengono fatti sul web e nella pubblicità per indagare le nostre opinioni e i nostri futuri comportamenti d’acquisto basandosi sui nostri movimenti oculari».

Twitter @fabioditodaro