«Al mattino pensa. A mezzogiorno agisci. Alla sera mangia. Quando è notte dormi». Così scriveva il poeta britannico William Blake, a sottolineare i momenti salienti della giornata di un essere umano.
A quanto pare però si dorme sempre meno. Il sonno è uno dei nostri bisogni primari eppure è forse il più bistrattato.
«I cambiamenti di stile di vita, la luce artificiale, gli impegni sociali ci stanno togliendo momenti preziosi di ristoro e il sonno è visto quasi come un momento sconveniente che intralcia la nostra vita. Se poi la deprivazione comincia nell’età infantile, le conseguenze possono essere irreversibili sulla salute», commenta Marco Angriman, neuropsichiatra infantile Servizio di Neurologia e Neuroriabilitazione per l’età evolutiva, Ospedale Centrale di Bolzano.
Si calcola che nel mondo industrializzato il 25% dei bambini al di sotto dei 5 anni soffra di disturbi del sonno, mentre dopo i 6 anni e fino all’adolescenza la percentuale si attesta intorno al 10-12%”. Secondo la scienza, i problemi del sonno durante gli anni formativi possono causare cambiamenti permanenti nella struttura del cervello. Infatti il sonno ridotto porta ad un aumento di irritabilità e iperattività e ad un calo dell’apprendimento. Inoltre, quando si riducono le ore di sonno diminuisce la produzione dell’ormone leptina, che da un lato stimola il senso di sazietà e dall’altro riduce il grasso corporeo e regola la spesa energetica. Aumenta quindi il rischio di obesità.
Un calo del sonno in età adolescenziale può far insorgere depressione, senza contare poi l’incidenza di incidenti stradali.
«Il fatto è che i bambini e ragazzi, dall’età della scuola elementare fino a quella secondaria, rimediano in media due ore di sonno in meno ogni notte rispetto a cento anni fa - spiega Angriman. Inoltre uno studio recente della University of Colorado Boulder si scopre che gli occhi dei bambini sono anatomicamente leggermente diversi, e lasciano entrare più luce, l’esposizione a luce intensa prima di coricarsi può far saltare il buon funzionamento del loro orologio interno e sfalsare i ritmi circadiani, molto più di quanto si pensasse.
Per l’insonnia infantile, tutte le società mediche concordano su un punto, prima linea di terapia consiste nella terapia cognitivo-comportamentale, farmacologia solo in fase acuta o in seconda istanza. «Si preferisce agire sull’igiene del sonno anche perché non esiste un farmaco ipnotico apposito per il bambino. Laddove la terapia comportamentale fallisce, si ricorre a antidepressivi come negli adulti, oppure ad antistaminici.
I farmaci si usano se ci sono patologie come l’autismo, in cui il sonno è disturbato. Cerchiamo di capire come il sonno evolve con l’età poiché il cervello dei bambini è un lavoro in corso fino all’età di 21 anni, e gran parte di questo lavoro viene svolto mentre si dorme. Queste ore perdute sembrano avere un impatto sui bambini e ragazzi che semplicemente non ha sugli adulti» spiega Angriman.
Morale, i nostri ragazzi dormono troppo poco, tanto che nel 2014, l’American Academy of Pediatrics raccomandava che le scuole medie e superiori iniziassero non prima delle 8,30 del mattino e nelle scuole soprattutto del mondo anglosassone si sono avviate sperimentazioni sulle classi con inizio lezioni posticipate.
È importante capire perché gli adolescenti hanno difficoltà a dormire e cosa devono fare gli adulti per aiutare. Da una parte c’è una base fisiologica. Dopo la pubertà, gli adolescenti non sono più le allodole mattutine dei loro anni più giovani. Vengono «ricablati» come nottambuli, restando svegli più a lungo. Questo è dovuto a cambiamenti nel modo in cui il cervello risponde alla luce, e non necessariamente a prese di posizione contro i genitori. Inoltre, le nuove abitudini tecnologiche non aiutano, con l’esposizione esponenziale agli schermi.
Luigi De Gennaro, professore di Psicologia Fisiologica alla Sapienza di Roma, è stato il promotore di un esperimento pilota in Italia, avviato alla scuola secondaria d’eccellenza Ettore Majorana di Brindisi, dove una classe entra alle 10.
«Il numero del campione non è ampio, ma ha valore l’analisi longitudinale sulla performance» spiega De Gennaro. «Il punto è che la maggior parte dei ragazzi non soddisfa il bisogno di sonno: al mattino devono andare a scuola svegliandosi troppo presto, e di notte, gli schermi onnipresenti sono un’esca a cui è difficile resistere. Questo porta ad un forte impatto sulla cronobiologia. L’esposizione agli schermi e alla luce blu sopprimono la secrezione della melatonina, l’ormone che segnala che è ora di dormire. La ragione ristoratrice del sonno è cronicamente sottratta, raggiungendo a mala pena le sei, sette ore di sonno, quando un adolescente ne dovrebbe dormire nove o dieci».
Le evidenze raccolte dagli studi pilota svolti fino ad ora mostrano una chiara tendenza positiva sul sonno grazie alla posticipazione di inizio scuola. «Al di là di una componente individuale - gufi e allodole - di sfondo c’è il fatto che gli adolescenti dormono trenta minuti di più con un buon risultato sulla diminuzione della sonnolenza diurna, sull’aumento della performance accademica e sulla salute in generale, misurabile dalla diminuzione delle assenze» conclude De Gennaro.
Un punto interessante è che ,oltre al riappropriarsi del sonno, uno studio americano ha calcolato l’impatto economico che avrebbe far suonare la campanella più tardi: contribuirebbe con almeno 83 miliardi di dollari all’economia nazionale entro un decennio, migliorando i risultati scolastici e riducendo i tassi di incidenti automobilistici.