«Mangio poco e subito ingrasso, mentre lui può mangiare quello che vuole e rimane sempre uguale». Quante volte, al di là della stagione, vi è capitato di pronunciare o ascoltare queste parole? Inutile negarlo: a ognuno di noi, almeno una volta nella vita. Perché, pur seguendo le indicazioni che a un amico o a una parente hanno fatto perdere i chili in eccesso, la stessa dieta su di noi non ha effetto? E perché, pur avendo un commensale che fa sistematicamente il «bis», ci vediamo più appesantiti di lui? La risposta è da ricercare nel profilo metabolico di ognuno di noi, il convitato di pietra che regola le oscillazioni del nostro peso corporeo. È questo elemento, più di qualsiasi falsa promessa, a spiegare perché due persone possono non reagire alla stessa maniera, dopo aver consumato il medesimo pasto.
Non c’è una dieta buona per tutti
A confermare che nessuna dieta può essere considerata efficace senza un adeguato studio della persona che si appresta ad affrontarla, è una ricerca pubblicata sulla rivista «Diabetes». A condurla un gruppo di ricercatori del National Institute of Health e dell’Università di Pisa, che hanno studiato la risposta metabolica di 79 adulti sani.
Come? Mantenendoli prima a digiuno e poi offrendo loro diverse diete ipercaloriche ricche in carboidrati o in grassi. Il tutto, ogni volta, per ventiquattro ore. Somministrata la dieta, i ricercatori hanno osservato le risposte ponendo ognuno dei partecipanti in una camera metabolica. Ovvero in una stanza isolata termicamente in cui diversi sensori rilevano i parametri vitali, misurano il consumo di ossigeno e la produzione di anidride carbonica di chi è all'interno.
Obbiettivo: definire con esattezza il fabbisogno energetico giornaliero e il profilo metabolico. Cioè: la maggiore propensione a utilizzare gli zuccheri complessi o i grassi come fonte energetica per tutte le nostre attività (non soltanto fisiche). Un passaggio necessario per quantificare la predisposizione di un individuo a guadagnare o a perdere peso. Da qui la risposta alle due domande ricorrenti. «Come mai ingrasso, se mangio poco?». «Sono a dieta da settimane, perché non dimagrisco?».
Ecco perché il peso (a volte) non cala
«Abbiamo avuto la conferma che esistono differenti profili metabolici tra gli individui di una popolazione - racconta Paolo Piaggi, ricercatore di bioingegneria dell’Università di Pisa e coordinatore dello studio -. Il nostro lavoro conferma che ci sono soggetti più propensi a ossidare i grassi e altri più inclini a fare lo stesso con i carboidrati. Questi ultimi, guadagnano più peso nel tempo: pur seguendo una dieta normocalorica. Ciò accade perché non consumano tutti i grassi ingeriti con la dieta, ma li immagazzinano nel corpo come tessuto adiposo».
Riserve che, poco alla volta, si espandono e spostano in avanti la lancetta della bilancia. Al di là di quello che mangiamo, dunque, è il nostro profilo metabolico a determinare il mantenimento di un adeguato girovita. «Il parametro è condizionato dalla genetica, dagli ormoni, dalla dieta e dallo stile di vita - aggiunge Piaggi -. Sapere se rientriamo in una o nell’altra tipologia può aiutarci a scoprire se siamo più o meno a rischio di guadagnare peso».
Verso diete personalizzate
Una risposta che, per gli esperti, può tradursi nell’opportunità di mettere a punto approcci personalizzati per combattere sovrappeso e obesità. Questo non vuol dire che ognuno di noi, prima di mettersi a dieta, dovrà necessariamente passare dalla camera metabolica. La soluzione può essere però quella che da tempo ricerca chi ha già visto fallire numerosi tentativi di perdere peso e chi ha un’obesità di secondo (BMI tra 35 e 39.9) o terzo grado (BMI superiore a 40) che porta a valutare anche l’ipotesi di un intervento chirurgico per agevolare la perdita di peso.
Twitter @fabioditodaro
«Mangio poco e subito ingrasso, mentre lui può mangiare quello che vuole e rimane sempre uguale». Quante volte, al di là della stagione, vi è capitato di pronunciare o ascoltare queste parole? Inutile negarlo: a ognuno di noi, almeno una volta nella vita. Perché, pur seguendo le indicazioni che a un amico o a una parente hanno fatto perdere i chili in eccesso, la stessa dieta su di noi non ha effetto? E perché, pur avendo un commensale che fa sistematicamente il «bis», ci vediamo più appesantiti di lui? La risposta è da ricercare nel profilo metabolico di ognuno di noi, il convitato di pietra che regola le oscillazioni del nostro peso corporeo. È questo elemento, più di qualsiasi falsa promessa, a spiegare perché due persone possono non reagire alla stessa maniera, dopo aver consumato il medesimo pasto.
Non c’è una dieta buona per tutti
A confermare che nessuna dieta può essere considerata efficace senza un adeguato studio della persona che si appresta ad affrontarla, è una ricerca pubblicata sulla rivista «Diabetes». A condurla un gruppo di ricercatori del National Institute of Health e dell’Università di Pisa, che hanno studiato la risposta metabolica di 79 adulti sani.
Come? Mantenendoli prima a digiuno e poi offrendo loro diverse diete ipercaloriche ricche in carboidrati o in grassi. Il tutto, ogni volta, per ventiquattro ore. Somministrata la dieta, i ricercatori hanno osservato le risposte ponendo ognuno dei partecipanti in una camera metabolica. Ovvero in una stanza isolata termicamente in cui diversi sensori rilevano i parametri vitali, misurano il consumo di ossigeno e la produzione di anidride carbonica di chi è all'interno.
Obbiettivo: definire con esattezza il fabbisogno energetico giornaliero e il profilo metabolico. Cioè: la maggiore propensione a utilizzare gli zuccheri complessi o i grassi come fonte energetica per tutte le nostre attività (non soltanto fisiche). Un passaggio necessario per quantificare la predisposizione di un individuo a guadagnare o a perdere peso. Da qui la risposta alle due domande ricorrenti. «Come mai ingrasso, se mangio poco?». «Sono a dieta da settimane, perché non dimagrisco?».
Ecco perché il peso (a volte) non cala
«Abbiamo avuto la conferma che esistono differenti profili metabolici tra gli individui di una popolazione - racconta Paolo Piaggi, ricercatore di bioingegneria dell’Università di Pisa e coordinatore dello studio -. Il nostro lavoro conferma che ci sono soggetti più propensi a ossidare i grassi e altri più inclini a fare lo stesso con i carboidrati. Questi ultimi, guadagnano più peso nel tempo: pur seguendo una dieta normocalorica. Ciò accade perché non consumano tutti i grassi ingeriti con la dieta, ma li immagazzinano nel corpo come tessuto adiposo».
Riserve che, poco alla volta, si espandono e spostano in avanti la lancetta della bilancia. Al di là di quello che mangiamo, dunque, è il nostro profilo metabolico a determinare il mantenimento di un adeguato girovita. «Il parametro è condizionato dalla genetica, dagli ormoni, dalla dieta e dallo stile di vita - aggiunge Piaggi -. Sapere se rientriamo in una o nell’altra tipologia può aiutarci a scoprire se siamo più o meno a rischio di guadagnare peso».
Verso diete personalizzate
Una risposta che, per gli esperti, può tradursi nell’opportunità di mettere a punto approcci personalizzati per combattere sovrappeso e obesità. Questo non vuol dire che ognuno di noi, prima di mettersi a dieta, dovrà necessariamente passare dalla camera metabolica. La soluzione può essere però quella che da tempo ricerca chi ha già visto fallire numerosi tentativi di perdere peso e chi ha un’obesità di secondo (BMI tra 35 e 39.9) o terzo grado (BMI superiore a 40) che porta a valutare anche l’ipotesi di un intervento chirurgico per agevolare la perdita di peso.
Twitter @fabioditodaro