La quindicesima «Giornata nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma» che si celebra il 21 giugno ed è stata promossa da AIL Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma e posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, serve per la «sensibilizzazione dell’opinione pubblica dell’importanza della ricerca per controllare al meglio le malattie del sangue e arrivare a curare tutti i pazienti» spiega Sergio Amadori, presidente di AIL.
Oltre alle iniziative delle 81 sezioni locali (tutte consultabili www.ail.it), per tutta la giornata di venerdì 19 giugno AIL ha messo a disposizione di tutti i cittadini un numero verde 800.22.65.24, al quale otto ematologi e altri specialisti risponderanno per offrire consigli sulla malattia e sui centri di terapia di tutto il territorio nazionale.
Come in una sorta di staffetta, dalle 8 alle 20, si susseguiranno i seguenti specialisti: 8-9.30 Massimo Offidani degli ospedali riuniti di Ancona; 9.30-11 Maria Teresa Petrucci dell’Umberto clinico I di Roma; 11-12.30 Francesco Buccisano di Tor Vergata di Roma; 12.30-14 Giuseppe Visani dell’Ospedale San Salvatore Muraglia di Pesaro; 14-15.30 Giuseppe Basso dell’oncoematologia pediatrica dell’Azienda ospedaliera di Padova; 15.30-17 Giorgina Specchia dell’Università di Bari; 17-18.30 Maurizio Martelli dell’Umberto I di Roma; 18.30-20 Fabrizio Pane dell’azienda ospedaliera di Napoli. Il numero verde sarà comunque attivo tutto l'anno, dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 17.
La giornata nazionale è anche l’occasione per condividere e confermare i successi della ricerca scientifica legati all’immunoterapia e alla tecnologia CAR-T, tecnologia in grado di riprogrammare i linfociti T in modo che possano combattere il tumore dall'interno. «Consiste in un prelievo di linfociti T che vengono poi ingegnerizzati in laboratorio in modo che siano in grado di fare due cose: riconoscere in modo selettivo le cellule malate e trasmettere al linfocita il segnale di distruggerle. In pratica, tramite un virus non patogeno, viene introdotto nei linfociti T un gene che produce il recettore CAR, che riconosce una proteina espressa sulla superficie delle cellule cancerose. I linfociti, così rimaneggiati e potenziati, vengono re-infusi nel paziente e possono cominciare la loro missione: annientare il tumore» spiega Paolo Corradini, Direttore della Divisione di Ematologia e Trapianto dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Presidente SIE Società Italiana di Ematologia. «La terapia è molto potente, ma comporta alcuni rischi. In particolare, la sindrome da rilascio di citochine, che è provocata da un’eccessiva risposta immunitaria dovuta all’infusione dei linfociti T modificati. Può dare origine a reazioni anche molto violente dell’organismo, che possono essere gestite efficacemente quando i pazienti sono seguiti in centri con grande esperienza clinica. Finora i principali risultati sono stati raggiunti su pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta, il tumore più frequente in età pediatrica, il linfoma diffuso a grandi cellule B e il linfoma mantellare. Inoltre, sono allo studio la leucemia linfatica cronica e il mieloma multiplo». Ad oggi in Italia sono 12 i centri autorizzati per la CAR-T, di cui 3 pediatrici, alcuni sono già attivati e altri lo saranno a breve non appena conclusa la fase di qualificazione prevista dalle autorità regolatorie. Nel nostro Paese, la terapia è approvata per il Linfoma diffuso a grandi cellule B e per il Linfoma mantellare; è ancora in fase di sperimentazione contro il Linfoma follicolare.
I linfomi rappresentano indubbiamente uno degli esempi di neoplasia in cui la moderna onco-ematologia ha ottenuto i migliori risultati terapeutici soprattutto in confronto ad altre neoplasie solide. Si dividono in due grandi categorie: linfoma non Hodgkin (LNH) e il linfoma di Hodgkin (LH). «Nei LNH con l’attuale associazione di immunoterapia (rituximab anticorpo monoclonale diretto contro le cellule B CD20+) e chemioterapia è possibile ottenere delle risposte complete che variano tra il 60-80% dei casi, in considerazione dell’età del paziente e del tipo istologico, che a distanza di anni possono essere considerate delle guarigioni – spiega Maurizio Martelli, Professore ordinario e Direttore UOC Ematologia dell’Azienda Policlinico Umberto 1 / Università Sapienza Roma - Per il LH l’associazione di chemioterapia e radioterapia rappresenta ancora il trattamento standard con una possibilità di guarigione in quasi il 90% dei casi. L’immunoterapia (Brentuximab anticorpo monoclonale diretto contro le cellule CD30+) rappresenta maggiormente la terapia del paziente con LH ricaduto o refrattario al trattamento standard». Allo stato attuale esistono ancora aree terapeutiche che rappresentano un problema non risolto e che si potranno giovare nei prossimi anni di nuovi farmaci biologici e di approcci immunoterapici innovativi.
La quindicesima «Giornata nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma» che si celebra il 21 giugno ed è stata promossa da AIL Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma e posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, serve per la «sensibilizzazione dell’opinione pubblica dell’importanza della ricerca per controllare al meglio le malattie del sangue e arrivare a curare tutti i pazienti» spiega Sergio Amadori, presidente di AIL.
Oltre alle iniziative delle 81 sezioni locali (tutte consultabili www.ail.it), per tutta la giornata di venerdì 19 giugno AIL ha messo a disposizione di tutti i cittadini un numero verde 800.22.65.24, al quale otto ematologi e altri specialisti risponderanno per offrire consigli sulla malattia e sui centri di terapia di tutto il territorio nazionale.
Come in una sorta di staffetta, dalle 8 alle 20, si susseguiranno i seguenti specialisti: 8-9.30 Massimo Offidani degli ospedali riuniti di Ancona; 9.30-11 Maria Teresa Petrucci dell’Umberto clinico I di Roma; 11-12.30 Francesco Buccisano di Tor Vergata di Roma; 12.30-14 Giuseppe Visani dell’Ospedale San Salvatore Muraglia di Pesaro; 14-15.30 Giuseppe Basso dell’oncoematologia pediatrica dell’Azienda ospedaliera di Padova; 15.30-17 Giorgina Specchia dell’Università di Bari; 17-18.30 Maurizio Martelli dell’Umberto I di Roma; 18.30-20 Fabrizio Pane dell’azienda ospedaliera di Napoli. Il numero verde sarà comunque attivo tutto l'anno, dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 17.
La giornata nazionale è anche l’occasione per condividere e confermare i successi della ricerca scientifica legati all’immunoterapia e alla tecnologia CAR-T, tecnologia in grado di riprogrammare i linfociti T in modo che possano combattere il tumore dall'interno. «Consiste in un prelievo di linfociti T che vengono poi ingegnerizzati in laboratorio in modo che siano in grado di fare due cose: riconoscere in modo selettivo le cellule malate e trasmettere al linfocita il segnale di distruggerle. In pratica, tramite un virus non patogeno, viene introdotto nei linfociti T un gene che produce il recettore CAR, che riconosce una proteina espressa sulla superficie delle cellule cancerose. I linfociti, così rimaneggiati e potenziati, vengono re-infusi nel paziente e possono cominciare la loro missione: annientare il tumore» spiega Paolo Corradini, Direttore della Divisione di Ematologia e Trapianto dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Presidente SIE Società Italiana di Ematologia. «La terapia è molto potente, ma comporta alcuni rischi. In particolare, la sindrome da rilascio di citochine, che è provocata da un’eccessiva risposta immunitaria dovuta all’infusione dei linfociti T modificati. Può dare origine a reazioni anche molto violente dell’organismo, che possono essere gestite efficacemente quando i pazienti sono seguiti in centri con grande esperienza clinica. Finora i principali risultati sono stati raggiunti su pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta, il tumore più frequente in età pediatrica, il linfoma diffuso a grandi cellule B e il linfoma mantellare. Inoltre, sono allo studio la leucemia linfatica cronica e il mieloma multiplo». Ad oggi in Italia sono 12 i centri autorizzati per la CAR-T, di cui 3 pediatrici, alcuni sono già attivati e altri lo saranno a breve non appena conclusa la fase di qualificazione prevista dalle autorità regolatorie. Nel nostro Paese, la terapia è approvata per il Linfoma diffuso a grandi cellule B e per il Linfoma mantellare; è ancora in fase di sperimentazione contro il Linfoma follicolare.
I linfomi rappresentano indubbiamente uno degli esempi di neoplasia in cui la moderna onco-ematologia ha ottenuto i migliori risultati terapeutici soprattutto in confronto ad altre neoplasie solide. Si dividono in due grandi categorie: linfoma non Hodgkin (LNH) e il linfoma di Hodgkin (LH). «Nei LNH con l’attuale associazione di immunoterapia (rituximab anticorpo monoclonale diretto contro le cellule B CD20+) e chemioterapia è possibile ottenere delle risposte complete che variano tra il 60-80% dei casi, in considerazione dell’età del paziente e del tipo istologico, che a distanza di anni possono essere considerate delle guarigioni – spiega Maurizio Martelli, Professore ordinario e Direttore UOC Ematologia dell’Azienda Policlinico Umberto 1 / Università Sapienza Roma - Per il LH l’associazione di chemioterapia e radioterapia rappresenta ancora il trattamento standard con una possibilità di guarigione in quasi il 90% dei casi. L’immunoterapia (Brentuximab anticorpo monoclonale diretto contro le cellule CD30+) rappresenta maggiormente la terapia del paziente con LH ricaduto o refrattario al trattamento standard». Allo stato attuale esistono ancora aree terapeutiche che rappresentano un problema non risolto e che si potranno giovare nei prossimi anni di nuovi farmaci biologici e di approcci immunoterapici innovativi.