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Un terapia potrebbe dare una nuova speranza alle donne colpite da tumore del seno e migliorare significativamente la sopravvivenza globale, fino al 70% in più. Lo dimostra lo studio di fase III Monaleesa-7, in cui l’Italia ha avuto un ruolo importante, che ha valutato la molecola ribociclib, in associazione alla terapia endocrina come trattamento iniziale in donne in pre e peri-menopausa con tumore della mammella avanzato o metastatico HR+/HER2- (positivo per i recettori ormonali e negativo per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica). I risultati sono stati anticipati oggi in una conferenza stampa al congresso dell’Asco (American Society of Clinical Oncology), in corso a Chicago, e contestualmente pubblicati simultaneamente sul ’New England Journal of Medicine’.

Dallo studio emerge “che tassi di sopravvivenza globale nella popolazione a 42 mesi erano pari al 70,2% con ribociclib in associazione alla terapia endocrina, rispetto al 46% per la sola terapia endocrina. Al momento del ’cut-off’ dei dati, il 35% delle donne che assumevano ribociclib in associazione alla terapia endocrina ha proseguito il trattamento. Non è stata rilevata nessuna nuova segnalazione relativa alla sicurezza. La molecola non è indicata per l’utilizzo in associazione a tamoxifene”, evidenza la ricerca.

“In Italia vivono più di 37.000 donne con diagnosi di tumore della mammella metastatico - spiega Lucia Del Mastro, responsabile della Breast Unit dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova -. Di queste, 3.700 hanno un’età compresa fra i 40 e i 49 anni. Si tratta di donne giovani, nel pieno della loro vita familiare e professionale, come madri, mogli e lavoratici. In questi casi, la malattia ha un impatto profondo sull’intera famiglia”.

“Da qui - prosegue Del Mastro - la necessità di opzioni terapeutiche innovative che garantiscano quantità e qualità di vita. Lo studio presentato oggi all’Asco offre nuove speranze alle giovani pazienti: ribociclib infatti è un trattamento caratterizzato, da un lato, da un’efficacia superiore rispetto alle terapie anti-ormonali standard, dall’altro da una bassa tossicità, consentendo di condurre una vita normale pur continuando le cure per la neoplasia metastatica”.

L’Italia ha giocato un ruolo da protagonista nel programma di ricerca clinica per lo sviluppo di ribociclib con circa 1.000 pazienti incluse negli studi clinici - afferma Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di senologia e toraco-polmonare dell’Istituto Tumori Irccs Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. L’obiettivo del trattamento del carcinoma mammario metastatico è la cronicizzazione. Un traguardo sempre più vicino grazie ai passi in avanti della ricerca”, afferma.

E spiega: “Ribociclib è un inibitore selettivo delle chinasi ciclina-dipendenti, una nuova classe di farmaci che contribuiscono a rallentare la progressione del tumore inibendo due enzimi chiamati chinasi ciclina-dipendenti 4 e 6 (CDK 4/6). La sua introduzione, in associazione alla terapia endocrina, permetterà a molte più donne con carcinoma mammario metastatico di ricevere in fase iniziale un trattamento efficace a bassa tossicità, evitando o comunque posticipando la necessità di ricorrere alla chemioterapia”.

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