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Uno dei piatti tradizionali delle isole Hawaii è il Poke. La ricetta originale prevede l’utilizzo di soli tre ingredienti pesce crudo locale tagliato a tocchetti come il tonno pinna gialla, condito con alghe fresche, sale marino e noci kukui arrostite tritate. Il termine Poke, infatti, significa affettare o tagliare trasversalmente in pezzi pesce o legno. Il piatto è diffuso in tutte le isole del Pacifico, chi lo ha provato ne garantisce la bontà, ma racconta anche come alla vista non sia esattamente troppo invitante a causa del colore scuro assunto dal pesce per via della marinatura.

Un piatto di moda

Il Poke è diventato un piatto molto di moda da almeno un paio d’anni anche in Italia, dove è considerato un vero e proprio healthy food. Deve la sua popolarità al fatto di presentarsi come un piatto unico che ben si presta anche alla vendita d’asporto. Certo quello che ritroviamo in Italia è un po’ diverso dal piatto tradizionale hawaiano. In commercio il filetto di tonno viene ridotto in piccoli pezzi e accompagnato con riso per sushi, salse, cipollotti, peperoncino, frutta. Il risultato è una pietanza servita in una bowl ossia una scodella piena di cibo colorato, che ben si presta a bellissime foto da postare sui social. Molto amato è il Poke salmone e avocado: il salmone crudo viene marinato con della salsa di soia, mentre il riso viene lessato e condito con aceto di riso e servito insieme ad avocado, carote, cetrioli e insalata di wakame, che si ottiene dall’alga wakame di solito venduta liofilizzata, fatta rinvenire in acqua fredda per almeno dieci minuti.

Poke: Anti-Aging, antiossidante, antinfiammatorio, cardioprotettivo

Il Poke ha tutte le caratteristiche per essere considerato un cibo healthy. «Basso apporto calorico, alto contenuto di fibra, presenza di vitamine e sali minerali grazie ad ingredienti come frutta e verdura. È una fonte di iodio per la presenza di alghe come la Wakame. Consente di consumare pesce crudo in maniera facilmente fruibile e in tal modo diviene anche una fonte preziosa proteica, di ferro e di omega 3 come Epa e DHA.- Chiarisce Tiziana Stallone nutrizionista e Presidente dell’Enpab (Ente di Previdenza e Assistenza a Favore dei Biologi) - La qualità dei grassi apportati da questo piatto unico viene accresciuta dall’aggiunta di avocado con il suo significativo contenuto di grassi mono-insaturi simili per le proprietà, a quelli dell’olio extra-vergine d’oliva. La frutta esotica che arricchisce il Poke come papaya e mango è anche una preziosa fonte di composti bioattivi come i carotenoidi e polifenoli. Il piatto diviene di fatto completo con l’aggiunta di riso che apporta carboidrati complessi di facile digeribilità. In sintesi se dovessimo elencare le virtù del Poke potremmo definirlo: antiossidante, anti-aging, antinfiammatorio, cardioprotettivo».

Fin qui un plauso a questa ritrovata pietanza di certo non nostrana, ma che della dieta Mediterranea mutua le virtù. Eppure c’è un ma di non trascurabile importanza come fa notare la nutrizionista: «Mi preme, tuttavia, fare alcune considerazioni. Che differenza passa tra il Poke e un piatto di insalata mista con cetrioli, pomodori, olive, cipolla e tonno nostrano pescato nel nostro Mediterraneo? Cosa ha di più il Poke rispetto ad un piatto di alici marinate accompagnato dal nostro pane e pomodoro?».

«Verrebbe candidamente da rispondere il prezzo e un maggiore impatto ambientale determinato dai prodotti di importazione- afferma la dott. Ssa Stallone che non può che concludere - Quindi Poke sì, a patto che non si ritenga l’unica scelta virtuosa e salutare. Tanto ancora dobbiamo riscoprire della nostra dieta Mediterranea, invidiata all’estero e ancora poco valorizzata in Italia».

Pesce crudo e sindrome sgombroide

Uno degli alimenti fondamentali del Poke è il pesce crudo e il suo utilizzo presenta non poche insidie sotto il profilo igienico. «Prima di tutto è necessario che il pesce sia freschissimo perché è un alimento molto facilmente deperibile (e lo sono tanto di più i pesci grassi, come il salmone e il tonno) e proprio la mancanza di freschezza è spesso causa della cosiddetta “sindrome sgombroide”, che si manifesta con sintomi come mal di testa, eritema, problemi gastrointestinali e in alcuni casi anche difficoltà respiratorie» precisa Giorgio Donegani, tecnologo alimentare ed esperto della sicurezza degli alimenti. La freschezza però non basta, come chiarisce ancora l’esperto: «È importante che il pesce, acquistato freschissimo, prima di essere consumato crudo venga comunque “abbattuto” termicamente, cioè tenuto per almeno 96 ore nel freezer di casa (con tre o quattro stellette sullo sportello). In questo modo si ha la certezza di uccidere, nel caso siano presenti, le larve di Anisakis, un parassita che contamina frequentemente il pesce e che si presenta in forma di vermetti bianchi sottili e allungati, difficili da individuare».

L’abbattimento del pesce, peraltro, è obbligatorio per legge per i ristoranti che lo servono crudo. «La semplice marinatura, infatti, non basta a garantire la sicurezza del pesce e le larve di Anisakis eventualmente ingerite possono dare seri problemi gastrointestinali. Per fortuna l’anisakis non resiste al congelamento prolungato per questo è fondamentale abbattere il pesce correttamente. Ingerire al contrario pesce crudo contaminato da Anisakis può indurre inizialmente una sorta di prurito alla gola, ma poi dopo poche ore dall’ingestione possono comparire nausea, forte dolore addominale, vomito, febbre, diarrea e ulcerazioni delle mucose dell’apparato digerente. Nei casi più gravi possono comparire reazioni allergiche quali shock anafilattico, orticaria, congiuntivite e attacchi di asma» ammonisce il dottor Donegani.

Uno dei piatti tradizionali delle isole Hawaii è il Poke. La ricetta originale prevede l’utilizzo di soli tre ingredienti pesce crudo locale tagliato a tocchetti come il tonno pinna gialla, condito con alghe fresche, sale marino e noci kukui arrostite tritate. Il termine Poke, infatti, significa affettare o tagliare trasversalmente in pezzi pesce o legno. Il piatto è diffuso in tutte le isole del Pacifico, chi lo ha provato ne garantisce la bontà, ma racconta anche come alla vista non sia esattamente troppo invitante a causa del colore scuro assunto dal pesce per via della marinatura.

Un piatto di moda

Il Poke è diventato un piatto molto di moda da almeno un paio d’anni anche in Italia, dove è considerato un vero e proprio healthy food. Deve la sua popolarità al fatto di presentarsi come un piatto unico che ben si presta anche alla vendita d’asporto. Certo quello che ritroviamo in Italia è un po’ diverso dal piatto tradizionale hawaiano. In commercio il filetto di tonno viene ridotto in piccoli pezzi e accompagnato con riso per sushi, salse, cipollotti, peperoncino, frutta. Il risultato è una pietanza servita in una bowl ossia una scodella piena di cibo colorato, che ben si presta a bellissime foto da postare sui social. Molto amato è il Poke salmone e avocado: il salmone crudo viene marinato con della salsa di soia, mentre il riso viene lessato e condito con aceto di riso e servito insieme ad avocado, carote, cetrioli e insalata di wakame, che si ottiene dall’alga wakame di solito venduta liofilizzata, fatta rinvenire in acqua fredda per almeno dieci minuti.

Poke: Anti-Aging, antiossidante, antinfiammatorio, cardioprotettivo

Il Poke ha tutte le caratteristiche per essere considerato un cibo healthy. «Basso apporto calorico, alto contenuto di fibra, presenza di vitamine e sali minerali grazie ad ingredienti come frutta e verdura. È una fonte di iodio per la presenza di alghe come la Wakame. Consente di consumare pesce crudo in maniera facilmente fruibile e in tal modo diviene anche una fonte preziosa proteica, di ferro e di omega 3 come Epa e DHA.- Chiarisce Tiziana Stallone nutrizionista e Presidente dell’Enpab (Ente di Previdenza e Assistenza a Favore dei Biologi) - La qualità dei grassi apportati da questo piatto unico viene accresciuta dall’aggiunta di avocado con il suo significativo contenuto di grassi mono-insaturi simili per le proprietà, a quelli dell’olio extra-vergine d’oliva. La frutta esotica che arricchisce il Poke come papaya e mango è anche una preziosa fonte di composti bioattivi come i carotenoidi e polifenoli. Il piatto diviene di fatto completo con l’aggiunta di riso che apporta carboidrati complessi di facile digeribilità. In sintesi se dovessimo elencare le virtù del Poke potremmo definirlo: antiossidante, anti-aging, antinfiammatorio, cardioprotettivo».

Fin qui un plauso a questa ritrovata pietanza di certo non nostrana, ma che della dieta Mediterranea mutua le virtù. Eppure c’è un ma di non trascurabile importanza come fa notare la nutrizionista: «Mi preme, tuttavia, fare alcune considerazioni. Che differenza passa tra il Poke e un piatto di insalata mista con cetrioli, pomodori, olive, cipolla e tonno nostrano pescato nel nostro Mediterraneo? Cosa ha di più il Poke rispetto ad un piatto di alici marinate accompagnato dal nostro pane e pomodoro?».

«Verrebbe candidamente da rispondere il prezzo e un maggiore impatto ambientale determinato dai prodotti di importazione- afferma la dott. Ssa Stallone che non può che concludere - Quindi Poke sì, a patto che non si ritenga l’unica scelta virtuosa e salutare. Tanto ancora dobbiamo riscoprire della nostra dieta Mediterranea, invidiata all’estero e ancora poco valorizzata in Italia».

Pesce crudo e sindrome sgombroide

Uno degli alimenti fondamentali del Poke è il pesce crudo e il suo utilizzo presenta non poche insidie sotto il profilo igienico. «Prima di tutto è necessario che il pesce sia freschissimo perché è un alimento molto facilmente deperibile (e lo sono tanto di più i pesci grassi, come il salmone e il tonno) e proprio la mancanza di freschezza è spesso causa della cosiddetta “sindrome sgombroide”, che si manifesta con sintomi come mal di testa, eritema, problemi gastrointestinali e in alcuni casi anche difficoltà respiratorie» precisa Giorgio Donegani, tecnologo alimentare ed esperto della sicurezza degli alimenti. La freschezza però non basta, come chiarisce ancora l’esperto: «È importante che il pesce, acquistato freschissimo, prima di essere consumato crudo venga comunque “abbattuto” termicamente, cioè tenuto per almeno 96 ore nel freezer di casa (con tre o quattro stellette sullo sportello). In questo modo si ha la certezza di uccidere, nel caso siano presenti, le larve di Anisakis, un parassita che contamina frequentemente il pesce e che si presenta in forma di vermetti bianchi sottili e allungati, difficili da individuare».

L’abbattimento del pesce, peraltro, è obbligatorio per legge per i ristoranti che lo servono crudo. «La semplice marinatura, infatti, non basta a garantire la sicurezza del pesce e le larve di Anisakis eventualmente ingerite possono dare seri problemi gastrointestinali. Per fortuna l’anisakis non resiste al congelamento prolungato per questo è fondamentale abbattere il pesce correttamente. Ingerire al contrario pesce crudo contaminato da Anisakis può indurre inizialmente una sorta di prurito alla gola, ma poi dopo poche ore dall’ingestione possono comparire nausea, forte dolore addominale, vomito, febbre, diarrea e ulcerazioni delle mucose dell’apparato digerente. Nei casi più gravi possono comparire reazioni allergiche quali shock anafilattico, orticaria, congiuntivite e attacchi di asma» ammonisce il dottor Donegani.