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Muoversi in mezzo alla folla: qualcuno lo fa agevolmente, per altri raggiungere la destinazione e districarsi fra le persone crea disagio e tensione. Da quando poi l’intera popolazione mondiale deve confrontarsi con l’emergenza Covid-19, muoversi in luoghi affollati impone il rispetto di regole ben precise. Le folle di pedoni possono essere studiate come un esempio di fluido attivo. Federico Toschi professore presso l’Eindhoven University of Technology (TU/e) ed Alessandro Corbetta, ricercatore presso il medesimo istituto, solo un anno fa avevano pubblicato uno studio nel quale erano riusciti a evidenziare come, la traiettoria di ogni singolo individuo all’interno di una folla non sia prevedibile con esattezza, ma descrivibile quantitativamente in termini probabilistici.

Lo studio potenzialmente poteva essere sfruttato dai progettisti per allestire al meglio spazi solitamente affollati come stazioni ferroviarie, fermate della metropolitana o aeroporti, ma ben si prestava anche allo studio di sistemi innovativi per aiutare chi soffre di ansia sociale e agorafobia (ovvero chi ha paura degli spazi aperti) o chi è affetto da demofobia (cioè chi ha paura della folla).

Con il Covid-19 come cambia per i pedoni il movimento in spazi affollati?

Come è cambiato, il modo di rapportarsi con la folla, come si tende a muoversi negli spazi affollati come le stazioni ferroviarie e della metropolitana in epoca Covid? In un recente pre-print, ossia un articolo correntemente in fase di peer-reviewing, dunque non ancora pubblicato da una rivista scientifica, un gruppo di ricercatori, fra i quali il professor Toschi e il dottor Corbetta, ha analizzato la questione in ottica Covid e distanziamento sociale.

«Il nostro studio analizza in maniera completamente anonima e su grande scala, le misure acquisite nella stazione ferroviaria di Utrecht (Paesi Bassi) tramite una fitta rete di sensori, in che modo la distanza sociale tra persone non appartenenti alla stessa famiglia stia cambiando nel tempo - Spiegano Toschi e Corbetta. - Il lavoro propone, in primis, un metodo automatico e veloce per analizzare le traiettorie pedonali e stimare quali provengano da nuclei familiari in movimento. Per "sottrazione", possiamo capire quali persone devono rispettare la distanza sociale (estranei), e quali no (famiglie). Questo ci permette di identificare in tempo reale le infrazioni, così come quegli individui che violano la distanza sociale in modo "seriale". Questo è importante non solo in termini di sicurezza immediata, ma permette anche di suggerire ai gestori in quali aree bisogna intervenire maggiormente per facilitare il rispetto delle distanze».

«Come era logico aspettarsi, mentre un anno fa le condizioni di alto traffico pedonale presso la stazione erano frequenti, ora sono rare. Un anno fa capitava di osservare, picchi di affollamento con densità medie di 1 pedone ogni metro quadro. Questa è una densità relativamente alta per una piattaforma ferroviaria in Europa. Oggi difficilmente si superano gli 0.2 pedoni per metro quadro» spiega il dottor Corbetta. Il professor Toschi, dal canto suo rimarca anche come stia scemando il livello di attenzione nei confronti del distanziamento sociale. «Rispetto a due mesi fa, il tempo medio trascorso avendo estranei che violano la distanza sociale appare più che triplicato nelle nostre misure. Questo incremento, inoltre, può essere giustificato solo parzialmente dal progressivo re-incremento dei passeggeri. Verosimilmente l’aumento è da imputarsi alla combinazione di incremento di difficoltà intrinseco nel mantenere le distanze quando il traffico aumenta, ma anche ad un possibile calo di attenzione verso le norme vigenti. Si pensi che nell'arco di due mesi, le persone che violano la distanza sociale con più di 10 (dieci!) estranei è incrementato dall'1% al 10%!».

Perché ci sono persone che evitano la folla anche non in presenza di un pericolo di contagio

Rispettare le distanze nei luoghi affollati, dunque, non è facile, per svariati motivi. Ma come si comportano le persone che, al di là della pandemia, temono di affrontare la folla? «In realtà dobbiamo tenere presente due parametri, effettiva consistenza della ‘folla’ e motivo per il quale la si evita. – Aiuta a riflettere Claudio Gentili, professore di psicologia clinica all’università di Padova. – In particolare è importante considerare come comportamenti simili possano essere generati da motivazioni intrinseche assai diverse. Le regole di distanziamento sociale hanno imposto un rarefarsi degli assembramenti, le regole sui treni o nelle aule universitarie suggeriscono una riduzione della capienza che va dal 50 al 70%».

Come può sentirsi, allora, con le nuove regole sul distanziamento, un agorafobico o un ansioso sociale? Chiarisce il professor Gentili: «L’agorafobico, ovvero chi si trova a disagio in mezzo alla folla perché ha la paura, talvolta la convinzione, che si sentirà male fra le persone, che non potrà essere aiutato e che finirà alla mercé di estranei, senza la possibilità di potersi allontanare dalla torma. Stesso discorso vale per l’ansioso sociale, che invece ha l’impressione che gli altri, gli estranei, lo giudichino inadeguato, sbagliato e da non considerare: per questo in mezzo a tanta gente si trova a disagio, per questo più distanziamento significa meno persone che possono, teoricamente, avere giudizi negativi e sguardi di disapprovazione. È da notare che questa situazione non è terapeutica, anzi è svantaggiosa nel lungo termine, ma sul momento è certamente valutata come non spiacevole».

Un doveroso distinguo infine, va fatto per le persone che da sempre evitano la folla per paura di ammalarsi. Spiega l’esperto: «Diverso è il caso di chi la folla la evita (e forse già la evitava) per la paura delle malattie o per l’idea, spesso caratteristica dei disturbi ossessivi, di contaminarsi. In questi casi, gli assembramenti saranno sempre più evitati e temuti, perché la singola persona senza mascherina, l’individuo che tossisce, possono scatenare l’idea di contaminazione e l’ansia di malattia. Questi individui che sperimentano un decadimento del loro funzionamento sociale e psicologico a causa di questi pensieri, sono certamente casi che necessiterebbero di un aiuto psicologico: tuttavia una quantificazione realistica del fenomeno non è al momento disponibile». Esiste anche il rovescio della medaglia, dopo il lockdown, forse come meccanismo di reazione e liberazione alla quarantena, non mancano i casi nei quali l’assembramento è stato cercato, talvolta anche con evidente trasgressione delle ordinanze vigenti.

«Rimane poi un’ enorme categoria intermedia, che si muove tra la folla con circospezione, non la evita perché gli è stato spiegato che con le dovute accortezze il contagio è infrequente, tuttavia ricorda anche come per mesi è stato ripetuto che anche fare podismo da soli era da irresponsabili e che la passeggiata quotidiana era da riservarsi ai soli cani.- Chiarisce ancora il professor Gentile che conclude- Questa fetta di popolazione spesso non si trova a disagio nella folla, non evita il supermercato o la coda alla posta, non scappa se sente qualcuno tossire a distanza né chiama la polizia se vede un cliente senza mascherina in un negozio, tuttavia adotta un principio di cautela riassumibile in “perché espormi se non è necessario?”».


Muoversi in mezzo alla folla: qualcuno lo fa agevolmente, per altri raggiungere la destinazione e districarsi fra le persone crea disagio e tensione. Da quando poi l’intera popolazione mondiale deve confrontarsi con l’emergenza Covid-19, muoversi in luoghi affollati impone il rispetto di regole ben precise. Le folle di pedoni possono essere studiate come un esempio di fluido attivo. Federico Toschi professore presso l’Eindhoven University of Technology (TU/e) ed Alessandro Corbetta, ricercatore presso il medesimo istituto, solo un anno fa avevano pubblicato uno studio nel quale erano riusciti a evidenziare come, la traiettoria di ogni singolo individuo all’interno di una folla non sia prevedibile con esattezza, ma descrivibile quantitativamente in termini probabilistici.

Lo studio potenzialmente poteva essere sfruttato dai progettisti per allestire al meglio spazi solitamente affollati come stazioni ferroviarie, fermate della metropolitana o aeroporti, ma ben si prestava anche allo studio di sistemi innovativi per aiutare chi soffre di ansia sociale e agorafobia (ovvero chi ha paura degli spazi aperti) o chi è affetto da demofobia (cioè chi ha paura della folla).

Con il Covid-19 come cambia per i pedoni il movimento in spazi affollati?

Come è cambiato, il modo di rapportarsi con la folla, come si tende a muoversi negli spazi affollati come le stazioni ferroviarie e della metropolitana in epoca Covid? In un recente pre-print, ossia un articolo correntemente in fase di peer-reviewing, dunque non ancora pubblicato da una rivista scientifica, un gruppo di ricercatori, fra i quali il professor Toschi e il dottor Corbetta, ha analizzato la questione in ottica Covid e distanziamento sociale.

«Il nostro studio analizza in maniera completamente anonima e su grande scala, le misure acquisite nella stazione ferroviaria di Utrecht (Paesi Bassi) tramite una fitta rete di sensori, in che modo la distanza sociale tra persone non appartenenti alla stessa famiglia stia cambiando nel tempo - Spiegano Toschi e Corbetta. - Il lavoro propone, in primis, un metodo automatico e veloce per analizzare le traiettorie pedonali e stimare quali provengano da nuclei familiari in movimento. Per "sottrazione", possiamo capire quali persone devono rispettare la distanza sociale (estranei), e quali no (famiglie). Questo ci permette di identificare in tempo reale le infrazioni, così come quegli individui che violano la distanza sociale in modo "seriale". Questo è importante non solo in termini di sicurezza immediata, ma permette anche di suggerire ai gestori in quali aree bisogna intervenire maggiormente per facilitare il rispetto delle distanze».

«Come era logico aspettarsi, mentre un anno fa le condizioni di alto traffico pedonale presso la stazione erano frequenti, ora sono rare. Un anno fa capitava di osservare, picchi di affollamento con densità medie di 1 pedone ogni metro quadro. Questa è una densità relativamente alta per una piattaforma ferroviaria in Europa. Oggi difficilmente si superano gli 0.2 pedoni per metro quadro» spiega il dottor Corbetta. Il professor Toschi, dal canto suo rimarca anche come stia scemando il livello di attenzione nei confronti del distanziamento sociale. «Rispetto a due mesi fa, il tempo medio trascorso avendo estranei che violano la distanza sociale appare più che triplicato nelle nostre misure. Questo incremento, inoltre, può essere giustificato solo parzialmente dal progressivo re-incremento dei passeggeri. Verosimilmente l’aumento è da imputarsi alla combinazione di incremento di difficoltà intrinseco nel mantenere le distanze quando il traffico aumenta, ma anche ad un possibile calo di attenzione verso le norme vigenti. Si pensi che nell'arco di due mesi, le persone che violano la distanza sociale con più di 10 (dieci!) estranei è incrementato dall'1% al 10%!».

Perché ci sono persone che evitano la folla anche non in presenza di un pericolo di contagio

Rispettare le distanze nei luoghi affollati, dunque, non è facile, per svariati motivi. Ma come si comportano le persone che, al di là della pandemia, temono di affrontare la folla? «In realtà dobbiamo tenere presente due parametri, effettiva consistenza della ‘folla’ e motivo per il quale la si evita. – Aiuta a riflettere Claudio Gentili, professore di psicologia clinica all’università di Padova. – In particolare è importante considerare come comportamenti simili possano essere generati da motivazioni intrinseche assai diverse. Le regole di distanziamento sociale hanno imposto un rarefarsi degli assembramenti, le regole sui treni o nelle aule universitarie suggeriscono una riduzione della capienza che va dal 50 al 70%».

Come può sentirsi, allora, con le nuove regole sul distanziamento, un agorafobico o un ansioso sociale? Chiarisce il professor Gentili: «L’agorafobico, ovvero chi si trova a disagio in mezzo alla folla perché ha la paura, talvolta la convinzione, che si sentirà male fra le persone, che non potrà essere aiutato e che finirà alla mercé di estranei, senza la possibilità di potersi allontanare dalla torma. Stesso discorso vale per l’ansioso sociale, che invece ha l’impressione che gli altri, gli estranei, lo giudichino inadeguato, sbagliato e da non considerare: per questo in mezzo a tanta gente si trova a disagio, per questo più distanziamento significa meno persone che possono, teoricamente, avere giudizi negativi e sguardi di disapprovazione. È da notare che questa situazione non è terapeutica, anzi è svantaggiosa nel lungo termine, ma sul momento è certamente valutata come non spiacevole».

Un doveroso distinguo infine, va fatto per le persone che da sempre evitano la folla per paura di ammalarsi. Spiega l’esperto: «Diverso è il caso di chi la folla la evita (e forse già la evitava) per la paura delle malattie o per l’idea, spesso caratteristica dei disturbi ossessivi, di contaminarsi. In questi casi, gli assembramenti saranno sempre più evitati e temuti, perché la singola persona senza mascherina, l’individuo che tossisce, possono scatenare l’idea di contaminazione e l’ansia di malattia. Questi individui che sperimentano un decadimento del loro funzionamento sociale e psicologico a causa di questi pensieri, sono certamente casi che necessiterebbero di un aiuto psicologico: tuttavia una quantificazione realistica del fenomeno non è al momento disponibile». Esiste anche il rovescio della medaglia, dopo il lockdown, forse come meccanismo di reazione e liberazione alla quarantena, non mancano i casi nei quali l’assembramento è stato cercato, talvolta anche con evidente trasgressione delle ordinanze vigenti.

«Rimane poi un’ enorme categoria intermedia, che si muove tra la folla con circospezione, non la evita perché gli è stato spiegato che con le dovute accortezze il contagio è infrequente, tuttavia ricorda anche come per mesi è stato ripetuto che anche fare podismo da soli era da irresponsabili e che la passeggiata quotidiana era da riservarsi ai soli cani.- Chiarisce ancora il professor Gentile che conclude- Questa fetta di popolazione spesso non si trova a disagio nella folla, non evita il supermercato o la coda alla posta, non scappa se sente qualcuno tossire a distanza né chiama la polizia se vede un cliente senza mascherina in un negozio, tuttavia adotta un principio di cautela riassumibile in “perché espormi se non è necessario?”».