Fino allo scorso 2 novembre pochissimi in Italia avevano sentito parlare del Mycobacterium chimaera. Prima del decesso dell’anestesista di Vicenza, il nostro paese sembrava essere al sicuro da quello che oggi è stato ribattezzato «batterio killer». Ad oggi sono stati accertati 18 casi di infezione e 8 decessi. Ma sappiamo che potrebbero essercene molti di più.
Solo nel Veneto, dove sono stati accertati la maggior parte dei casi di infezione, sarebbero all’incirca 10mila i pazienti «potenzialmente interessati». Pare infatti che il batterio killer si sia annidato nei macchinari utilizzati in cardiochirurgia prodotti dall’azienda LivaNova. Ora che abbiamo le prove che anche nel nostro paese circola il Mycobacterium chimaera, come ha anche ribadito qualche settimana fa il ministero della Salute a conclusione della fase preliminare dell’attività di valutazione del rischio, avviata nell’ambito del Piano Nazionale di contrasto dell’antibiotico-resistenza (PNCAR) 2017-2019, siamo in stato d’allerta.
IL BATTERIO KILLER PUO’ CAUSARE GRAVI MALATTIE POLMONARI
Il Mycobacterium chimaera è un microrganismo della famiglia dei micobatteri non tubercolari (NonTuberculous Mycobacteria, Ntm), patogeni molto diffusi nel suolo e nell’acqua, responsabili, anche se molto raramente, dell’insorgenza di gravi malattie polmonari. Il batterio killer che oggi tutti temono è stato individuato per la prima volta nel 2004 ed è stato subito ritenuto generalmente non pericoloso per la salute umana. Dopo all’incirca un decennio ci si è dovuti ricredere.
Nel 2014, infatti, è stato identificato per la prima volta in Europa un caso di infezione invasiva veicolato da un dispositivo di raffreddamento/riscaldamento che viene usato per regolare la temperatura del sangue in circolazione extracorporea durante gli interventi cardiochirurgici. Indagini retrospettive appurarono poi la responsabilità del micobatterio in altri casi sospetti già dal 2011. Per quanto se ne sappia oggi, le probabilità di un’infezione da M.chimaera sono basse: l’Nhs britannico stima 1 su 5000 per i pazienti che hanno subito operazioni di sostituzione delle valvole cardiache e ancora inferiori per chi è stato sottoposto a altri tipi di intervento chirurgico.
L’INFEZIONE E’ DIFFICILE DA DIAGNOSTICARE E CURARE
Il periodo di incubazione dopo l’esposizione al M. chimaera risulta lungo, con una mediana di 17 mesi (range 3-72 mesi). Segni e sintomi sono generalmente aspecifici e comprendono affaticamento, febbre e perdita di peso. Questo rende difficile la diagnosi. Per individuare l’infezione occorrono esami di laboratorio specifici e, una volta accertata la causa, si procede con la terapia.
Purtroppo, non esiste una terapia stabilita e il tasso di mortalità è circa del 50 per cento. In genere, si utilizzano diversi antibiotici, talvolta assunti in contemporanea, per lunghi periodi di tempo. Ma nella metà dei casi l’esito è infausto.
ORA SI E’ APERTA LA CACCIA ALLE VECCHIE E NUOVE INFEZIONI
L’Italia sembrava esclusa dall’emergenza di infezioni da M. Chimaera. Ora sappiamo che non è così. Nell’attività di valutazione del ministero della Salute, oltre ad aver evidenziato, la circolazione del micobatterio anche in Italia, è stato richiesto alle regioni i dati relativi a eventuali casi, sporadici o in cluster, di infezione invasiva da Mycobacterium, anche attraverso un’analisi retrospettiva dei dati stessi. Si cerca quindi anche nel passato.
Il ministero ha riferito di essere in attesa di ricevere riscontro dalle regioni e il ritardo con cui stanno arrivando è probabilmente dovuto al fatto che il lungo periodo di incubazione e la scarsa specificità del quadro clinico rendono complessa e laboriosa l’identificazione di casi possibili che devono, comunque, essere confermati da indagini di laboratorio specifiche, non sempre disponibili per i casi individuati retrospettivamente.