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Siamo più stressati d’inverno o d’estate? Secondo uno studio polacco lo siamo soprattutto d’estate, per ragioni però che gli stessi studiosi non sanno spiegare, ma che li ha indotti a consigliare la necessità di fermarsi e prendersi un periodo di riposo in maniera inderogabile, d’estate.

Lo studio

Gli autori dello studio sono giunti a queste conclusioni dopo aver reclutato un gruppo di giovani donne, studentesse di medicina. Per due giorni consecutivi, durante l’estate, hanno dovuto fornire campioni di saliva ogni due ore; l’esperimento, poi, è stato condotto nei mesi invernali sulle stesse ragazze.

Le studentesse, inoltre, si sono impegnate a compilare questionari riguardanti la loro dieta, l’attività fisica e lo sport praticato.

Dall’analisi dei dati è emerso che i livelli di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress era più alto in estate che in inverno. Un risultato forse inatteso come ci aiuta a riflettere Federica Galli specialista in Psicologia Clinica e Ricercatrice presso l’Università di Milano: «La letteratura scientifica è ricca di studi che evidenziano che gli stati depressivi beneficiano di una maggiore irradiazione solare e quindi di come la sintomatologia tenda a migliorare d’estate. D’altra parte però, non è possibile affermare che la possibilità di godere molto a lungo della luce solare aumenti la percezione della sensazione di benessere in tutti gli individui. Detto in parole povere le persone con una situazione base di equilibrio psicologico possono risentire di variazioni stagionali, con particolare riferimento al periodo estivo accusando un forte stress, come indicato dallo studio polacco e non solo perché stanchi di mesi e mesi di lavoro o di studio intenso».

La routine è sempre rassicurante

L’estate non è soltanto sole, mare, ombrellone, giochi sulla spiaggia, viaggi all’estero, escursioni e letture rilassanti: lo è forse nell’immaginario collettivo, ma nella realtà dei fatti è un periodo durante il quale i ritmi consolidati della routine quotidiana vanno ad alterarsi, in cui la rete sociale è meno contenitiva e dove si impone una riorganizzazione e la pianificazione nuova di orari e attività.

È bene anche ricordare che scorrendo il Social Readjustement Rating Scale, uno strumento messo a punto negli anni ’60 dall’Università di Washington, per valutare quali situazioni sono potenzialmente in grado di indurre lo sviluppo disturbi psicosomatici, troviamo ai primi posti proprio le vacanze.

«L’estate sembra prolungare l’orizzonte temporale entro cui ci si muove. È come se anche i pensieri avessero più spazio, ma anche minore contenimento. I ritmi lavorativi rallentano, spesso dopo le accelerazioni del fine anno, ma l’impatto con la pianificazione della routine quotidiana fatta di bambini che rimangono a casa dai propri impegni scolastici ed extra-scolastici per più di tre mesi, dei ben noti compiti delle vacanze, di partenze e ritorni, può essere dirompente- chiarisce ancora la professoressa Galli che conclude- Il ritmo sonno-veglia rischia di essere più disturbato a causa del caldo o al contrario di un bioritmo che risente del prolungarsi delle ore di luce, con le ben note conseguenze in termini benessere psico-fisico.

La difesa dal caldo, infine, è ancora un obiettivo, più che un’assodata certezza, basti pensare alla famigerata aria condizionata “da regolare” in ufficio pagando il fio di tonsilliti o rapporti che si incrinano. Tutte queste sfaccettature possono rendere il periodo estivo foriero di complicazioni e disagi, per cui anelare all’autunno salvifico!»

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