Un’ulteriore passo avanti nella lotta ai tumori del sangue grazie alle terapie Car-T. Una ricerca tutta italiana dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, pubblicata sulle pagine della rivista Nature Medicine, ha individuato il meccanismo molecolare responsabile della tossicità di questo tipo di cure. Non solo, lo studio ha anche dimostrato che un farmaco già in uso per l’artrite può prevenire l’insorgenza di questo genere di problemi agendo sul meccanismo appena scoperto.
Che cos’è la Car-T?
La Car-T, acronimo di «chimeric antigen receptor T cell» è una tecnica di laboratorio utilizzata per modificare geneticamente le cellule del nostro sistema immunitario. L’obiettivo di questo metodo è “insegnare” ai linfociti T -un particolare gruppo di cellule immunitarie- come riconoscere ed attaccare i tumori. Ciò può essere fatto attraverso l’inserimento di alcuni geni all’interno del linfocita. La tecnica di manipolazione delle cellule del sistema immunitario del paziente rientra nell’ambito della cosiddetta terapia genica.
Come e quando può essere utilizzata?
La tecnica consiste nel prelievo dei linfociti T del malato per poterli così modificare geneticamente in modo tale che sulla loro superficie esprimano un particolare recettore chiamato Car (Chimeric Antigenic Receptor). La presenza di Car ha come effetto un potenziamento dei linfociti che li rende in grado, una volta reinfusi nel malato, di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo fino ad eliminarle completamente. Ad oggi questo approccio è utilizzato nella cura dei tumori del sangue come leucemie, linfomi e mielomi quando le precedenti terapie hanno fallito.
Quali sono gli effetti collaterali?
Come per ogni farmaco le Car-T possono accompagnarsi ad alcuni effetti collaterali anche pesanti. Uno di questi è la sindrome da rilascio di citochine, una pesante reazione immunitaria che può essere stoppata o somministrando alcuni particolari farmaci o inattivando le cellule Car-T grazie alla’azione di un “gene suicida”. Quest’ultima possibilità è stata sperimentata con successo nei mesi scorsi all’Ospedale Bambino Gesù di Roma. A distanza di alcune settimane dalla sindrome da rilascio di citochine, in un numero ridotto ma importante di pazienti, emerge un nuovo disturbo fino a oggi molto difficile da trattare e che può rivelarsi mortale: la neurotossicità.
Frenare la neurotossicità con un farmaco usato per l’artrite
Ai ricercatori del San Raffaele va il merito di aver messo a punto un modello animale per studiare questo tipo di tossicità. Attraverso lo studio di questo modello i ricercatori hanno infatti dimostrato che la neurotossicità da linfociti Car-T è causata da IL-1, una citochina diversa da IL-6 (quella responsabile della sindrome da rilascio di citochine), e hanno dimostrato nel modello sperimentale l’efficacia di anakinra, un farmaco che interferisce con IL-1 e che è già in commercio per prevenire e curare l’artrite. Non solo: studiando la relazione tra le due citochine, il gruppo di ricerca dha dimostrato che IL-1 è la prima citochina a essere rilasciata e che questa in seguito innesca una reazione a catena portando al rilascio di IL-6 e quindi all’insorgere della CRS. «Ciò significa che la somministrazione di anakinra potrebbe contrastare sia la neurotossicità che la sindrome da rilascio di citochine» spiega Margerita Norelli, una delle autrici della ricerca.
«Lo studio è importante non solo perché suggerisce un’opzione farmacologica già disponibile per i pazienti sottoposti a terapie con linfociti CAR-T, ma soprattutto perché dimostra che l’efficacia antitumorale dei linfociti con anticorpi chimerici rimane intatta», aggiunge Attilio Bondanza, responsabile dello studio. Il prossimo passo sarà quello di sperimentare sull’uomo anakinra, o altri farmaci che interferiscono con IL-1, con il fine ultimo di portare un vero beneficio a un numero sempre maggiore di pazienti.
@danielebanfi83
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