INTRODUZIONE E se l’obesità stesse per diventare o fosse già diventata il volto della povertà riflesso nello specchio? Con questa comunicazione non intendo estendere al pubblico i risultati di uno studio al quale ho contribuito né le ragioni e le indicazioni di un intervento chirurgico. Vorrei piuttosto condividere, con il lettore, le riflessioni che suscita l’obesità dei nostri giorni, la “nuova obesità”. Ringrazio finora i lettori che con precisazioni, correzioni e integrazioni vorranno testimoniarmi il loro interresse per questo piccolo racconto.
Poteva essere obeso solo l’uomo occidentale. L’obeso è stato l’emblema decadente della società consumistica, che, dopo aver saturato i bisogni primari, ingurgita oltre il necessario. Eppure oggi la schematizzazione per opposti è resa obsoleta dalla globalizzazione. Alla base del fenomeno vi è il cambiamento strutturale della dieta in tutti i contesti di basso profilo socio-economico. Per generazioni l’inacessibilità della carne per i poveri, ha prodotto, nella cucina popolare di tutte le regioni del mondo, piatti a base di legumi e cereali (pasta e fagioli, pasta e ceci, riso e piselli), nei quali la combinazione delle due componenti generava un vitto con un contenuto proteico di buon valore biologico. La transizione alimentare verso una dieta basata su bevande e cibi ricchi di zuccheri, dolcificanti e grassi, preparati industrialmente, ha invece l’unico vantaggio del prezzo basso, alla portata anche dei più poveri.
Nell’ultimo ventennio, infatti, l’obesità è triplicata nei paesi in via di sviluppo (con 3000 dollari di reddito pro capite annuo) che hanno adottato un comportamento alimentare di tipo occidentale, con consumo di cibo ipercalorico a basso costo (cibo spazzatura o junk food), di origine industriale (1). L’associazione della povertà al sottopeso e alla malnutrizione rimane valida solo in Paesi dove il reddito pro capite non supera i 1000 dollari all’anno. Addirittura, secondo un rapporto della FAO il Messico ha superato gli Stati Uniti per tasso di obesità, il 32.8% rispetto al 31.8% (2). Quindi, se vogliamo studiare e curare l’obesità in un mondo globalizzato, dobbiamo sapere che parte dei nostri pazienti appartiene ad una comunità transnazionale generata dal tragico vincolo tra scarse risorse materiali e junk food. Inoltre nel patrimonio genetico dei popoli in via di sviluppo sono predominanti i cosiddetti “geni risparmiatori” (3), i quali consentono di immagazzinare con maggiore efficienza i grassi alimentari. Un genotipo prezioso, selezionato per far fronte a periodi di carestia, si trasforma in un handicap genetico a causa della comida chatarra (il cibo standardizzato, prodotto dalle grandi multinazionali), che predispone fatalmente all’obesità.
L’obeso non è più il simbolo del consumismo, bensì dell’esclusione dal cibo di qualità tanto nel Terzo Mondo quanto per le fasce sociali travolte dalla crisi economica nei Paesi Occidentali. In un recente intervento (4), ho contribuito a descrivere i risultati dell’associazione tra integrazione alimentare chetogenica e bendaggio gastrico. L’approccio multidisciplinare (chirurgico, nutrizionale, psicologico) e i suoi confortanti risultati si limitano a gestire solo una parte del problema, quella che entra nella casistica di questa o quell’equipe chirurgica. Di fronte alla nuova obesità, i dati scientifici rischiano di rimanere chiusi nell’accademia e di non scalfire il fenomeno di massa…intercontinentale. Il confronto fra chirurghi fautori degli interventi gastro-restrittivi (come il bendaggio gastrico) e quelli a favore degli interventi malassorbitivi (come il bypass bilio-digestivo) continua, ma sembra più funzionale alla contrapposizione tipo guelfi-ghibellini fra gli addetti ai lavori, piuttosto che finalizzato al benessere dei pazienti.
Il problema reale è che tra un’importante percentuale di obesi e le cure si frappone la povertà materiale (5). La questione non è solo avvicinare il paziente al chirurgo, bensì l’accesso ordinario e quotidiano al cibo di qualità. Nessun intervento chirurgico potrà essere efficace, se il paziente, una volta dimesso, rientra ineluttabilmente in una dimensione obbligata di junk food. Nessuna campagna d’informazione, per quanto chiara e comprensibile, potrà sortire dei risultati, persistendo i problemi di ordine materiale, che condizionano anche il soggetto adeguatamente informato. L’obesità che ci accingiamo a contrastare ha una cura chirurgica possibile solo nel contesto di una soluzione economico-politica globale.
BIBLIOGRAFIA (1) Hossain P, Kawar B e El Nahas M. Obesity and Diabetes in the Developing World – A Growing Challenge. N Eng J Med 2007; 356: 213-5. (2) FAO statistical yearbook 2012. (3) Neel JV. Diabetes mellitus: a "thrifty" genotype rendered detrimental by "progress"? Am J Hum Genet 1962, 14:353-62. (4) Leone L, Labonia D, Kebbara S, Anni R, Livi C, Berselli T. Bendaggio Gastrico E Percorso Ketogenico - Ottimizzazione Dei Risultati. Case history-www.ketostation.com. (5) Karanikolos M. et al. (2013). Health in Europe 7. Financial crisis, austerity, and health in Europe. Lancet, 381: 1323–31.