Nevi melanocitici: alterazioni cutanee localizzate, congenite od acquisite, costituite da cellule neviche che derivano dai melanociti (cellule della pelle deputate alla produzione di melanina). Nella maggior parte dei casi appaiono come macchie di colore variabile dal marrone chiaro al nero, ma esistono nevi melanocitici di colore rosso oppure dello stesso colorito roseo della retina circostante. Possono essere piani o rilevati.
I nevi congeniti (cioè già presenti alla nascita) sono considerati degli amartomi; i nevi acquisiti sono invece considerati delle neoplasie benigne.
Nevi vascolari: comprendono gli angiomi ed emangiomi, si presentano generalmente come macchie, papule o placche rilevate di colore rosso o violaceo dovuto alla presenza di sangue nelle proliferazioni vasali che li costituiscono.
Nevi dermici: sono lesioni cutanee complesse di tipo malformativo, che originano da cellule embrionali dell'ectoderma.
Il problema del nevo della coroide ,assolutamente benigno e senza spesso alcun problema clinico,ovviamente è la diagnosi differenziale con il MELANOMA DELLA COROIDE.
I fattori di rischio predittivi per una trasformazione del nevo coroideale in piccolo melanoma includono: uno spessore maggiore di 2 mm, la presenza di essudazione sottoretinica, una sintomatologia di visione di flash luminosi, di floaters o di visione offuscata e la localizzazione della massa a livello del disco ottico; la presenza di tre o più di questi fattori fa supporre che la lesione corioretinica in circa un 50% dei casi tenderà ad ingrandirsi ed trasformarsi in melanoma maligno. Alla FAG la maggior parte dei nevi non vascolarizzati e pigmentati, appare totalmente non fluorescente con effetto schermo sulla coroide sottostante e margini ben delineati, ad eccezione delle aree dove sono presenti drusen o alterazioni dell'E.P., che lasciano trasparire la fluorescenza coroideale di fondo. La reale estensione del nevo risulta meglio evidente con l'ICG.
Raramente tali forme(1 su 5000) possono degenerare in melanomi,quindi come quasi tutti gli altri nevi nevocellulari ubiquitariamente nel nostro corpo!
Un nevo coroideale sospetto è la lesione che più facilmente può essere diagnosticata come un MELANOMA DELLA COROIDE .
In una casistica di 400 casi di pseudomelanoma riportata da Shields, il 26% era rappresentato da nevi coroideali sospetti.Un concetto generalmente accettato è che lo spessore del nevo non superi due millimetri(lo spessore ,non la larghezza che può anche essre molto più grande!).
L'aiuto che ecografia, fluoroangiografia e angiografia con verde di indocianina possono darci per una diagnosi differenziale,direi che ormai è quasi totale. Vi sono comunque alcuni segni oftalmoscopici che vanno tenuti presenti .
La presenza di drusen in superficie è più comune nel nevo.
Pigmento arancio può osservarsi sia al di sopra di un nevo che di un melanoma; in quest'ultimo caso però il materiale arancio, che corrisponde a lipofuscina, forma depositi più ampi e meno definiti. Fluido sottoretinico può associarsi ad entrambe le lesioni, ma nel corso di un piccolo melanoma il distacco retinico è più bolloso e può contenere depositi mal definiti di pigmento arancio.
Atro segno è una neovascolarizzazione intraneo.
Nel corso degli ultimi anni l'individuazione precoce del melanoma cutaneo è stato importante per il miglioramento della sopravvivenza dei pazienti.
Infatti, nonostante l'aumento di incidenza del melanoma cutaneo, il tasso di mortalità è diminuito.
Nel 1950 il rischio di un abitante degli Stati Uniti di melanoma cutaneo invasivo era di 1 a 600,a fronte di un rischio attuale di 1 a 62, con una proiezione nel 2.010 rischio di 1 50.
Ma, a fronte di questo aumento allarmante,la sopravvivenza a 5 anni nei soggetti con melanoma 1' stadio è aumentata dal 50% del 1950 a quasi il 90% di oggi.
Un fattore importante in un miglioramento della sopravvivenza con melanoma cutaneo è stato lo sviluppo dell'ABCD mnemonico, cioè dei criteri di Asimmetria, Bordi,irregolarità del Colore, e il Diametro superiore a 6 mm.
Questo metodo ha permesso di identificare più precocemente il melanoma,e, a dispetto anche di molte tecniche digitali sviluppate negli ultimi anni, il criterio clinico è rimasto il più pratico.
Nel 2005, ulteriori analisi hanno identificato un altro fattore di rischio di melanoma iniziale,ossia l'Evoluzione,e l'ABCD è stato modificato in ABCDE.
In oftalmologia sono state adottate simili linee guide per il riconoscimento del melanoma uveale.
Segni precoci sono stati identificati nello spessore > 2 mm, presenza di fluido sottoretinico, pigmento arancione, presenza di sintomi, margini vicini al nervo ottico. La presenza di 3 o più fattori di rischio è stata associata ad un rischio maggiore del 50% di sviluppo tumorale in 5 anni.
In questo studio(*) retrospettivo sono stati esaminati 2514 pazienti con diagnosi clinica di nevo coroideale posta tra il 1974 e il 2006.
I seguenti dati clinici sono stati raccolti ad un primo esame:
sesso del paziente età, razza, storia medica (Nevo displastico; melanoma cutaneo, coroideale, o congiuntivale;neurofibromatosi, melanocitosi oculare); i sintomi; l'acuità visiva corretta.
Sono stati inoltre valutati la sede quadratica del tumore, la posizione antero-posteriore e la distanza del margine più vicino del tumore al margine del disco ottico e della foveola (in millimetri); la dimensione basale e lo spessore, il colore, e la presenza di alone amelanotico.
Altri dati raccolti sono stati: la presenza di fluido sottoretinico, di pigmento arancio, di drusen, di alterazioni dell'epitelio pigmentato retinico (iperplasia, distacco,fibrosi, o atrofia), di membrane neovascolari coroideali.
La crescita in melanoma è stata definita come l'ampliamento della dimensione basale o dello spessore di almeno 0,5 mm.
E' stata effettuata l'analisi statistica sul tempo di trasformazione in melanoma e sulle caratteristiche al momento della presentazione predittive di trasformazione in melanoma.
RISULTATI
Di 2.514 pazienti affetti da nevo coroideale che sono stati seguiti, l'età media era di 62 anni; il 99% erano bianchi, il restante 1% erano afroamericani,ispanici e asiatici.
Il 37% erano maschi il 63% di sesso femminile.
La maggior parte dei casi presentava un visus tra i 20/20 e i 20/40. Il 5% presentava un visus di 20/50 a 20/100, l'1% da 20/200 a 20/400; l'1% aveva visus conteggio delle dita- moto della mano.
Il diametro medio basale del nevo della coroide era 5.0 mm (media, 5.1 mm, range, 0,4-24 mm) e lo spessore medio di 1,5 mm(range 0.6 - 4.5 mm).
Il follow-up medio è stato di 53 mesi.
La distanza media era di 5,6 millimetri per il disco ottico e 5,3 millimetri dalla foveola.
Fluido sottoretinico era presente nell'11% dei casi, pigmento arancione nell'8%, drusen nel 54%,atrofia dell'EPR nell'11%, iperplasia dell'EPR nell'8%, distacco dell'EPR nell'1%, invasione della retina nell'1%.
L'ecografia oculare rivelava solidità acustica nel 64% degli occhi, vuoto acustico nel 25%.
LA trasformazione in melanoma è stata diagnosticata in 180 occhi (7%).
L'analisi multivariata ha evidenziato quelli che sono i fattori predittivi di crescita in melanoma:
Spessore del tumore maggiore di 2 millimetri
Presenza di fluido sottoretinico
Presenza di sintomi (flash, floaters)
Presenza di pigmento arancio. Margine di tumore nel raggio di 3 mm dal disco ottico
Vuoto ecografico
Assenza di alone che circonda la lesione
Ognuno di tali fattori ha un HR –hazard ratio- (ad esempio lo spessore tumorale ha un HR di 2,75 per ogni aumento di 1 mm), ed è stato definito anche il rischio per le varie combinazioni dei fattori.
Da questi studi è scaturita quindi una nuova formula mnemonica, ossia "To Find Small Ocular Melanoma Using helpful Hints"
che ricorda i criteri (T)hickness -spessore maggiore di 2 mm-, (F)luido sottoretinico, (S)intomi, pigmento (O)range, (M)argine nel raggio di 3 mm dal disco, vuoto (U)ltrasuonoografico, e l'assenza di (H)alone.(V.Tabella)
Saranno pertanto questi i criteri da adottare al momento per la diagnosi precoce del melanoma, al fine di ridurre il più possibile le temibili complicanze di questa patologia.
(*)Tratto da: "Choroidal Nevus Transformation Into Melanoma
Analysis of 2514 Consecutive Cases"
Carol L. Shields et al.
Arch Ophthalmol. 2009;127(:981-987