La sindrome aderenziale è una patologia post-chirurgica, causata dalla presenza di connessioni cicatriziali stabili all’interno della cavità addominale, che compromettono la fisiologica attività dell’apparato gastrointestinale.
Si caratterizza per la triade:
1) cicatrice chirurgica,
2) dolore addominale,
3) alterazione del transito intestinale.
La fibrina è dunque la sostanza alla base dei processi di riparazione tissutale, durante i quali l’organismo risponde, con la deposizione di tessuto fibroso, ad un atto chirurgico o a patologie quali peritoniti, endometriosi e infiammazioni pelviche (1). L’incisione tradizionale della parete addominale (laparotomia) costituisce uno stimolo infiammatorio particolarmente marcato, spesso causa di uno squilibrio nel bilancio tra la deposizione e la degradazione di fibrina, presupposto per la formazione delle aderenze. Questo processo è esaltato da radioterapia, sostanze irritanti come il talco dei guanti chirurgici e, infine, da complicanze postoperatorie, che comportino la fuoriuscita in addome del materiale enterico, quali deiscenze, fistole e ascessi. Le aderenze possono ridurre il calibro delle anse intestinali (stenosi, substenosi) e alterare i loro naturali movimenti (peristalsi).
Il paziente affetto da sindrome aderenziale riferisce dolore addominale tipico per sede, intensità e caratteristiche, refrattario ai comuni analgesici, spesso post-prandiale e associato a meteorismo intestinale per fenomeni fermentativi; la localizzazione specifica (cicatrici) si modifica in relazione alla postura per la tensione esercitata dalle briglie aderenziali sulle anse intestinali. Possono essere presenti anche episodi di nausea prolungata e vomito. Le aderenze pelviche provocano frequentemente difficoltà all’evacuazione fecale (dischezia), con stitichezza ed evacuazioni dolorose.
Nella donna bisogna ricercare una storia di mestruazioni dolorose (dismenorrea), rapporti sessuali dolorosi (dispareunia), sterilità o gravidanze extrauterine ripetute (2). Il quadro clinico complessivo comporta un notevole abbattimento della qualità di vita dei pazienti. Nelle sue manifestazioni croniche, la diagnosi di sindrome aderenziale è soprattutto anamnestica, parte cioè dalla storia clinica del paziente, che fa risalire l’inizio dei disturbi a una determinata distanza cronologica da un determinato intervento chirurgico (appendicectomia, etc). L’impossibilità, in assenza di acuzie, di documentare radiologicamente alterazioni morfologiche dei visceri tali da giustificare il racconto del paziente, può portare il medico a classificare erroneamente come psicosomatici i disturbi riferiti.
Eppure le aderenze sono un tema “classico” della chirurgia generale. Rappresentano infatti la causa più frequente (oltre il 50% dei casi) di occlusione intestinale meccanica. Inoltre l’incremento della vita media e della sopravvivenza dopo interventi chirurgici addominali ha fatto registrare un conseguente aumento dei pazienti con sindrome aderenziale (3). L’intervallo di tempo tra la laparotomia e l’insorgenza della sindrome aderenziale è piuttosto variabile, con una media intorno ai 6 anni (3). Le aderenze sono più frequenti dopo interventi su colon-retto e appendice cecale, utero e annessi; più rare dopo interventi su giunzione esofago-gastrica, stomaco, duodeno, vie biliari.
La soluzione della sindrome aderenziale è esclusivamente chirurgica: l’intervento di adesiolisi consente la sezione delle aderenze e la liberazione dell’intestino imbrigliato. Il gold standard chirurgico è oggi l’adesiolisi laparoscopica: previa insufflazione in addome di anidride carbonica, si induce lo pneumoperitoneo ossia una camera d’aria che permette agli strumenti, introdotti attraverso 2-3 minincisioni addominali, lo spazio di manovra necessario all’esplorazione dettagliata della cavità addominale e, infine, alla sezione delle aderenze. Il decorso postoperatorio tipico prevede 24-48 ore di degenza ospedaliera. Il ritorno alle occupazioni abituali avviene anche prima di una settimana dall’intervento chirurgico. Negli anni passati la sindrome aderenziale era trattata per via laparotomica.
L’ulteriore incisione dell’addome finiva per innescare ancora una volta il meccanismo fisiopatologico responsabile della formazione delle aderenze stesse. Quindi, in epoca prelaparoscopica, i chirurghi hanno avuto solo la possibilità di gestire la fase acuta del problema, senza risolverlo in modo definitivo. In effetti, dopo intervento chirurgico di adesiolisi, attraverso l’incisione tradizionale della parete addominale (adesiolisi laparotomica), le aderenze recidivano nell’80% dei casi con rinnovata sintomatologia dolorosa.
La chirurgia laparoscopica ha invertito questa tendenza, in quanto le aderenze si riformano solo nel 20% dei casi (4). In effetti la laparoscopia non comporta il contatto del peritoneo con i contaminanti ambientali inevitabilmente presenti nell’aria (polveri, batteri, talco dei guanti, etc); questo riduce lo stimolo irritativo e quindi la secrezione di fibrina. In 1/3 dei pazienti le aderenze post-chirurgiche danno segno di sé in modo acuto con l’occlusione intestinale. Nei 2/3 dei pazienti il quadro acuto si instaura in un contesto di disturbi cronici (5).
Quando il paziente accede in urgenza alla valutazione del chirurgo, il trattamento è inizialmente medico (digiuno, reidratazione, sonda naso-gastrica), salvo evidenze cliniche di un addome acuto, ossia di un quadro clinico addominale a prognosi rapidamente infausta, qualora non vengano messe in atto adeguate misure medico-chirurgiche. Nel caso specifico della sindrome aderenziale, l’addome acuto può derivare da un’occlusione intestinale completa, da un’ischemia intestinale o da una peritonite concomitante. L’Rx diretto dell’addome evidenzia l’eventuale presenza di livelli idroaerei associata, in caso di occlusione completa ileale, alla mancata visualizzazione di aria nel colon. Utile è anche l’Rx transito intestinale con mezzo di contrasto per os (gastrografin) che permette di studiare l’attività motoria e le condizioni delle pareti intestinali: si valuta la progressione del mezzo di contrasto nel lume intestinale e l’eventuale livello di arresto dello stesso, unitamente alla presenza o meno di spandimenti del mezzo di contrasto al di fuori del lume intestinale, secondari alla perforazione, su base ischemica, dell’intestino.
Ricordiamo che, in condizioni di urgenza, nel 30% dei casi, la trazione esercitata dalle aderenze sulle anse provoca la sofferenza vascolare della parete intestinale, che può così presentare microperforazioni o perforazioni franche, con fuoriuscita in addome di liquido enterico e conseguente peritonite; ovviamente, in tali situazioni, deve essere eseguita anche una resezione intestinale (6). L’entità della resezione intestinale aumenta in presenza di un infarto intestinale, patologia acuta nella quale l’alterazione della vascolarizzazione di un tratto più o meno lungo di intestino condiziona la perdità di vitalità (necrosi) dello stesso. Anche in urgenza, sia l’adesiolisi che la resezione intestinale possono essere eseguite per via laparoscopica. L’eccessiva distensione intestinale e l’instabilità emodinamica durante l’induzione dello pneumoperitoneo sono eventi possibili, che giustificano la conversione laparotomica di un intervento iniziato in laparoscopia. Il tasso di conversione, in alcune casistiche, raggiunge valori intorno al 50% degli interventi chirurgici (7). La mortalità postoperatoria globale dell’adesiolisi, eseguita in urgenza, va dal 2 al 10% (8). Il fattore che influenza maggiormente tale incidenza è la presenza di ischemia intestinale e quindi la necessità di resezione intestinale.
Appare dunque fondamentale, prima che si realizzino le condizioni d’urgenza, ascoltare il paziente. Il chirurgo, dopo aver interrogato ed esaminato il paziente, in presenza della triade cicatrice chirurgica, dolore addominale e disturbi del transito intestinale, deve prendere in considerazione la diagnosi di sindrome aderenziale. L’adesiolisi laparoscopica in elezione, ossia in assenza di condizioni d’urgenza, permette la risoluzione del quadro anatomochirurgico, liberando i visceri e rimuovendo così l’ostacolo meccanico alla loro fisiologica funzione. Più l’intervento laparoscopico è effettuato precocemente, tanto più le possibilità di successo aumentano.
Bibliografia: (1) Peritoneal fibrinolytic activity and adhesiogenesis. Fometescu SG, Costache M, Coveney A, Oprescu SM, Serban D, Savlovschi C. Chirurgia (Bucur). 2013 May-Jun;108(3):331-40. (2) Role of diagnostic hystero-laparoscopy in the evaluation of infertility: A retrospective study of 300 patients. Nayak PK, Mahapatra PC, Mallick J, Swain S, Mitra S, Sahoo J. J Hum Reprod Sci. 2013 Jan;6(1):32-4. doi: 10.4103/0974-1208.112378. (3) Il trattamento della sindrome aderenziale: medico o chirurgico? Basile G., Evola G., Corsaro A., Terranova L., Branciforte M., Buffone A.Dipartimento di Chirurgia, Sezione di Chirurgia d’Urgenza e Generale, Università degli Studi di Catania Acta Medica Mediterranea, 2011, 27: 169. (4) Adhesive intestinal obstruction In laparoscopic versus open colorectal resection. Farid S, Iqbal A, Gechev Z. Colorectal Dis. 2013 Apr 15. doi: 10.1111/codi.12247. (5) Massaioli N., Merlo G., Bacino A., Bossuto E., Bona R., Villata E., Schieroni R., Pinna Pintor M., Tetti M., Moz G., Bonatti L., Galliano R., Lorenzini L., Coluccia C., Gagna G. Aderenze peritoneali. Atti Soc. It. Chirurgia- Novantanovesimo congresso, Padova 1997- Vol 2°, 231-247. (6) Attard JP, MacLean AR. Adhesive small bowel obstruction: epidemiology, biology and prevention. Can J Surg 2007; 50: 291-300. (7) Hill AG. The management of adhesive small bowel obstruction- An update. Intern J Surg 2008; 6: 77-80. (8) Duron JJ, Jourdan-Da Silva N, Tezenas du Montcel S,Berger A, Muscari F, Hennet H, Veyrieres M, Hay JM. Adhesive postoperative small bowel obstruction: incidence and risk factors of recurrence after surgical treatment. A multicenter prospective study. Ann Surg 2006; 244: 750-7.