Che cosa fare? Lo faccio davvero oppure no? Quando, adesso?
Quante volte ci capita di farci domande simili e quante altre volte, magari nel corso di una giornata qualunque, prendiamo quasi inconsapevolmente decisioni di questo tipo? La volontà di eseguire un’azione è un’esperienza quotidiana che tutti noi sperimentiamo usualmente anche senza particolare attenzione a livello consapevole.
Ma alla radice non c’è un’azione standardizzata, a livello cerebrale. Alla base di una decisione assunta, può infatti esserci l’attivazione di aree e circuiti differenti all’interno del nostro cervello: anche quando ripetiamo un’azione quotidiana, che saremmo portati a considerare quasi inconsapevole.
Questo è quanto hanno dimostrato alcuni ricercatori dell’Università Bicocca e dell’Irccs Galeazzi di Milano, che con la tecnica della risonanza magnetica funzionale hanno voluto indagare i correlati neurali che accompagnano le componenti intenzionali dell’agire.
UN FENOMENO COMPLESSO E A VOLTE INCONSAPEVOLE
Il gruppo di ricerca guidato da Eraldo Paulesu, ordinario di psicobiologia dell’ateneo meneghino, ha indagato la possibilità di suddividere la nostra volontà di muoverci in tre distinte componenti, assimilabili a tre diverse decisioni sull’azione da mettere in atto: quale azione eseguire, quando eseguirla e se metterla in atto oppure arrestarla prima che si verifichi.
PROCESSI CONSEQUENZIALI A TALVOLTA ANCHE ABBASTANZA SEMPLICI.
Pensiamo per esempio alla decisione di prendere un caffè, che molti di noi compiono più volte al giorno e con regolarità: recandosi sempre allo stesso bar e alla medesima ora. I ricercatori hanno così scoperto che queste tre componenti dell’intenzionalità possono effettivamente essere dissociate l’una dall’altra a livello neurale, essendo sostenute da circuiti neurologici di aree corticali e sottocorticali che appaiono in parte distinte.
Un riscontro che dimostra come la nostra volontà di effettuare un movimento sia in realtà un fenomeno complesso, composito: sebbene nella percezione della nostra quotidianità possa restare sullo sfondo rispetto al normale fluire del nostro comportamento.
OSSERVAZIONE IN LABORATORIO: MA LA VITA REALE È ALTRA COSA
L’osservazione è stata compiuta in laboratorio, motivo per cui c’è da aspettarsi che esistano delle differenze rispetto alla vita reale. Per questo motivo gli esperti porteranno adesso avanti il loro lavoro osservando cosa accade nel cervello dei pazienti cerebrolesi. Soltanto in questo modo si può infatti teorizzare una correlazione tra la presenza di specifiche lesioni cerebrali e l’alterazione anche dei comportamenti più naturali.
PROSPETTIVE PER DIVERSE MALATTIE
La ricerca - pubblicata rivista scientifica «Proceedings of the National Academy of Sciences» - apre nuove strade allo studio di quelle malattie del sistema nervoso centrale che compromettono la volontà di agire, suggerendo la necessità di prestare particolare attenzione agli aspetti specifici che possono risultare compromessi o invece risparmiati dalla malattia.
«Esistono specifiche patologie neurologiche o psichiatriche, come la malattia di Gilles de la Tourette e il disturbo ossessivo-compulsivo, in cui diversi aspetti dell’intenzionalità possono essere compromessi - spiegano Eraldo Paulesu e Laura Zapparoli, ricercatrice dell’Istituto scientifico Galeazzi -. La definizione della fisiologia di questi processi in soggetti normali getta le basi per una migliore comprensione di tali disturbi».
Twitter @fabioditodaro