La giornata mondiale contro l’obesità che si celebra oggi è dedicata alla narrativa su questa malattia che interessa 650 milioni di persone nel mondo e costa duemila miliardi di dollari. Un’epidemia sanitaria, sociale ed economica che richiede azioni congiunte da parte di tutti gli attori coinvolti.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’obesità è la più vasta epidemia non infettiva del terzo millennio. È causa di 5 milioni di decessi. E in Italia, secondo i dati Istat, le persone adulte obese sono 5 milioni, una persona su 10 è obesa; il 25,2% dei bambini e ragazzi italiani, uno su quattro, è clinicamente obeso. Mentre lo è solo il 5% dei bambini danesi e il 9% dei danesi.
Eppure, i chili in eccesso sono il principale fattore di rischio per le malattie croniche non trasmissibili. «L’obesità è una malattia eterogenea e multifattoriale influenzata da fattori genetici, ambientali e psicologici e rappresenta un importante fattore di rischio per diverse malattie croniche; sovrappeso e obesità sono responsabili dell’80 per cento dei casi di diabete tipo 2, del 35 per cento dei casi di malattie ischemiche del cuore e del 55 per cento dei casi di malattie ipertensive tra gli adulti» afferma Ferruccio Santini, Presidente Società Italiana Dell’Obesità – SIO. «Si tratta di una malattia potenzialmente mortale che influisce negativamente sull’aspettativa di vita, è causa di disagio sociale e spesso, tra bambini e adolescenti, favorisce episodi di bullismo, che più volte le cronache hanno riportato, tutti aspetti che concorrono a richiedere l’impegno sinergico di Istituzioni, Società medico-scientifiche e associazioni pazienti».
Lo stigma che ancora accompagna i chili di troppo non fa che peggiorare il problema. Che va contrastato fin dall’infanzia. Il primo baluardo è, infatti, il pediatra di famiglia che segue il bambino dalla nascita ai sei anni, «come è riportato anche nella consensus conference su diagnosi, trattamento e prevenzione dell’obesità del bambino e dell’adolescente» spiega la pediatra Giuliana Valerio dell’Università degli Studi di Napoli Parthenope e Vice Presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP). La professoressa Valerio è uno dei tre membri del coordinamento scientifico del documento elaborato dalla consensus, redatto dalla Siedp con la società italiana di pediatria Sip.
«Per la natura multifattoriale dell’obesità, per la variabilità del grado di severità e soprattutto per le implicazioni che comporta sulla salute, il trattamento deve essere condotto a più livelli e coinvolgere diverse professionalità». Come dietista e psicologo che accompagnino la famiglia intera nel cambiamento degli stili di vita e nel loro mantenimento. «Bisogna prestare attenzione al surplus calorico, di proteine e di carboidrati» spiega la pediatra «Può trattarsi anche solo di un biberon in più ogni sera o un succo ogni giorno». Oltre all’alimentazione, anche l’attività fisica concorre al buono stato di salute del bambino, non solo nell’ottica di un giusto equilibrio tra calorie ingerite e consumate. «Non è solo una faccenda di spesa energetica» dice la pediatra, ma anche di un allenamento muscolare che porta al buon funzionamento metabolico e cardiorespiratorio dell’organismo. Dopodiché, conclude Valerio, «sono circa 340mila i casi di bambini che avrebbero bisogno di essere curati nei Centri per l’Obesità che, ancor troppo pochi, riescono a prenderne in carico solo un 10%».
Per agire più efficacemente nell’opera di contrasto da più parti arriva la richiesta di riconoscere l’obesità come malattia cronica. «A tal proposito, lo scorso 13 novembre, l'Assemblea della Camera ha approvato all’unanimità una Mozione che impegna il Governo ad adottare azioni per la prevenzione e la cura dell'obesità, richiedendo in primis il riconoscimento dell'obesità come malattia cronica caratterizzata da elevati costi sociali, economici e clinici; l'implementazione di un Piano Nazionale e l'avvio di una forte campagna di lotta allo stigma che, grazie alla sensibilità del Ministro alla Salute Speranza, prende avvio proprio con l'evento di oggi» ha spiegato Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, Vicepresidente Vicario ANCI. Tra le iniziative del World Obesity Day per cambiare la narrativa sull’obesità, c’è il progetto “La chiave di (s)volta”, una mostra con racconti fotografici di persone con obesità, realizzato da Amici obesi Onlus con il contributo non condizionato di Novo Nordisk, e il progetto “Io vorrei che”, un libro che raccoglie i desideri di coloro che si battono quotidianamente per contrastare l’obesità, promosso da IO-NET, Changing ObesityTM e OPEN Italy. Entrambi i progetti puntano ad aumentare la consapevolezza dei cittadini verso una malattia causa di discriminazioni e pregiudizi che possono avere, come spiega Iris Zani, Presidente di Amici Obesi Onlus, «un impatto negativo sul benessere fisico, psicologico e sociale che provoca ripercussioni nei domini più importanti della vita. È quindi di fondamentale importanza adeguare il linguaggio e i comportamenti grazie anche a una maggior consapevolezza e conoscenza sull’obesità come malattia complessa e non solo imputabile a errori personali».
In Italia, la giornata è promossa dalla Società Italiana dell'Obesità (SIO) e dall’Italian Obesity Network (IO-NET) in partnership con Open-Obesity Policy Engagement Network (OPEN) e Amici Obesi Onlus, in collaborazione con Changing ObesityTM e con il patrocinio del Ministero della Salute e dall’Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete.
La giornata mondiale contro l’obesità che si celebra oggi è dedicata alla narrativa su questa malattia che interessa 650 milioni di persone nel mondo e costa duemila miliardi di dollari. Un’epidemia sanitaria, sociale ed economica che richiede azioni congiunte da parte di tutti gli attori coinvolti.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’obesità è la più vasta epidemia non infettiva del terzo millennio. È causa di 5 milioni di decessi. E in Italia, secondo i dati Istat, le persone adulte obese sono 5 milioni, una persona su 10 è obesa; il 25,2% dei bambini e ragazzi italiani, uno su quattro, è clinicamente obeso. Mentre lo è solo il 5% dei bambini danesi e il 9% dei danesi.
Eppure, i chili in eccesso sono il principale fattore di rischio per le malattie croniche non trasmissibili. «L’obesità è una malattia eterogenea e multifattoriale influenzata da fattori genetici, ambientali e psicologici e rappresenta un importante fattore di rischio per diverse malattie croniche; sovrappeso e obesità sono responsabili dell’80 per cento dei casi di diabete tipo 2, del 35 per cento dei casi di malattie ischemiche del cuore e del 55 per cento dei casi di malattie ipertensive tra gli adulti» afferma Ferruccio Santini, Presidente Società Italiana Dell’Obesità – SIO. «Si tratta di una malattia potenzialmente mortale che influisce negativamente sull’aspettativa di vita, è causa di disagio sociale e spesso, tra bambini e adolescenti, favorisce episodi di bullismo, che più volte le cronache hanno riportato, tutti aspetti che concorrono a richiedere l’impegno sinergico di Istituzioni, Società medico-scientifiche e associazioni pazienti».
Lo stigma che ancora accompagna i chili di troppo non fa che peggiorare il problema. Che va contrastato fin dall’infanzia. Il primo baluardo è, infatti, il pediatra di famiglia che segue il bambino dalla nascita ai sei anni, «come è riportato anche nella consensus conference su diagnosi, trattamento e prevenzione dell’obesità del bambino e dell’adolescente» spiega la pediatra Giuliana Valerio dell’Università degli Studi di Napoli Parthenope e Vice Presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP). La professoressa Valerio è uno dei tre membri del coordinamento scientifico del documento elaborato dalla consensus, redatto dalla Siedp con la società italiana di pediatria Sip.
«Per la natura multifattoriale dell’obesità, per la variabilità del grado di severità e soprattutto per le implicazioni che comporta sulla salute, il trattamento deve essere condotto a più livelli e coinvolgere diverse professionalità». Come dietista e psicologo che accompagnino la famiglia intera nel cambiamento degli stili di vita e nel loro mantenimento. «Bisogna prestare attenzione al surplus calorico, di proteine e di carboidrati» spiega la pediatra «Può trattarsi anche solo di un biberon in più ogni sera o un succo ogni giorno». Oltre all’alimentazione, anche l’attività fisica concorre al buono stato di salute del bambino, non solo nell’ottica di un giusto equilibrio tra calorie ingerite e consumate. «Non è solo una faccenda di spesa energetica» dice la pediatra, ma anche di un allenamento muscolare che porta al buon funzionamento metabolico e cardiorespiratorio dell’organismo. Dopodiché, conclude Valerio, «sono circa 340mila i casi di bambini che avrebbero bisogno di essere curati nei Centri per l’Obesità che, ancor troppo pochi, riescono a prenderne in carico solo un 10%».
Per agire più efficacemente nell’opera di contrasto da più parti arriva la richiesta di riconoscere l’obesità come malattia cronica. «A tal proposito, lo scorso 13 novembre, l'Assemblea della Camera ha approvato all’unanimità una Mozione che impegna il Governo ad adottare azioni per la prevenzione e la cura dell'obesità, richiedendo in primis il riconoscimento dell'obesità come malattia cronica caratterizzata da elevati costi sociali, economici e clinici; l'implementazione di un Piano Nazionale e l'avvio di una forte campagna di lotta allo stigma che, grazie alla sensibilità del Ministro alla Salute Speranza, prende avvio proprio con l'evento di oggi» ha spiegato Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, Vicepresidente Vicario ANCI. Tra le iniziative del World Obesity Day per cambiare la narrativa sull’obesità, c’è il progetto “La chiave di (s)volta”, una mostra con racconti fotografici di persone con obesità, realizzato da Amici obesi Onlus con il contributo non condizionato di Novo Nordisk, e il progetto “Io vorrei che”, un libro che raccoglie i desideri di coloro che si battono quotidianamente per contrastare l’obesità, promosso da IO-NET, Changing ObesityTM e OPEN Italy. Entrambi i progetti puntano ad aumentare la consapevolezza dei cittadini verso una malattia causa di discriminazioni e pregiudizi che possono avere, come spiega Iris Zani, Presidente di Amici Obesi Onlus, «un impatto negativo sul benessere fisico, psicologico e sociale che provoca ripercussioni nei domini più importanti della vita. È quindi di fondamentale importanza adeguare il linguaggio e i comportamenti grazie anche a una maggior consapevolezza e conoscenza sull’obesità come malattia complessa e non solo imputabile a errori personali».
In Italia, la giornata è promossa dalla Società Italiana dell'Obesità (SIO) e dall’Italian Obesity Network (IO-NET) in partnership con Open-Obesity Policy Engagement Network (OPEN) e Amici Obesi Onlus, in collaborazione con Changing ObesityTM e con il patrocinio del Ministero della Salute e dall’Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete.