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Con oltre 40mila nuove diagnosi l’anno, il tumore del colon-retto è il secondo tumore più diagnosticato in Italia, dove è anche la seconda causa di morte oncologica. Secondo i dati ISTAT, ha provocato 20mila decessi, 11mila negli uomini e 9mila nelle donne. Sono oltre 480mila gli italiani che convivono con questo tumore.

Secondo uno studio appena pubblicato su Clinical Cancer Research, da un team multidisciplinare di biologi molecolari, medici, ingegneri matematici e bioinformatici dell’Istituto di Candiolo IRCCS e dall’università di Torino, nuove speranze arrivano dai Parp inibitori, farmaci recenti usati per il carcinoma ovarico e allo studio in altri tumori, come il pancreas. I Parp sono enzimi in grado di regolare la riparazione del Dna della cellula: nel caso del tumore, ad esempio, possono riparare i danni causati dalla chemio. Una loro inibizione provoca dunque la morte cellulare e ostacola il proliferare delle cellule tumorali.

Ebbene, questi farmaci sarebbero in grado di arrestare anche lo sviluppo di un sottogruppo di tumori del colon-retto. Il team lo ha scoperto studiando gli organoidi, colture in vitro di tessuti dei pazienti (in questo caso con carcinoma del colon-retto metastatico con mutazione di Kras e di Braf, quindi con prognosi sfavorevole e con limitate opzioni terapeutiche) che ci consentono di testare rapidamente nuovi farmaci e di personalizzare le terapie.

«I PARP-inibitori – afferma la dottoressa Sabrina Arena, prima autrice dello studio – potrebbero segnare la svolta nella terapia di molti tumori. Tra questi oggi potrebbe esserci anche il tumore del colon-retto. La chemioterapia a base di oxaliplatino danneggia il DNA delle cellule dei tumori e spesso riesce a bloccare la crescita delle forme più avanzate di cancro al colon-retto. Tuttavia, i pazienti devono interrompere i cicli di trattamento per l’alta tossicità, anche quando la terapia è ancora efficace. Per questo occorre trovare nuovi farmaci in grado di tenere sotto controllo la malattia alla fine dei cicli di chemioterapia. Ed è qui che entrano in gioco i Parp-inibitori che impediscono a questa proteina ‘officina’ di riparare la rottura del DNA derivata dalla chemioterapia e quindi di replicare il proprio DNA per crescere e svilupparsi. Siamo solo all’inizio di un lungo e complesso percorso –precisa Arena –. Al momento stiamo studiando l’intero genoma per identificare se e quali caratteristiche molecolari del tumore consentano di selezionare i pazienti che potranno beneficiare di questo tipo di terapia».

Inoltre, il team ha scoperto che le cellule tumorali intestinali colpite dagli inibitori di Parp, pur avendo caratteristiche molecolari diverse, sono accomunate dalla sensibilità alla chemioterapia con oxaliplatino. Pertanto, in base ai risultati apparsi su Clinical Cancer Research, questi farmaci potrebbero essere testati come terapia di mantenimento per quei pazienti affetti da carcinoma al colon-retto che in precedenza hanno risposto bene e a lungo alla chemioterapia a base di oxaliplatino.

Lo studio suggerisce quindi l’opportunità di studiare l’efficacia degli inibitori di Parp anche nel colon-retto nelle forme più avanzate di tumore del colon retto, dopo trattamento chemioterapico con oxaliplatino, favorendo così la cronicizzazione della malattia.

Con oltre 40mila nuove diagnosi l’anno, il tumore del colon-retto è il secondo tumore più diagnosticato in Italia, dove è anche la seconda causa di morte oncologica. Secondo i dati ISTAT, ha provocato 20mila decessi, 11mila negli uomini e 9mila nelle donne. Sono oltre 480mila gli italiani che convivono con questo tumore.

Secondo uno studio appena pubblicato su Clinical Cancer Research, da un team multidisciplinare di biologi molecolari, medici, ingegneri matematici e bioinformatici dell’Istituto di Candiolo IRCCS e dall’università di Torino, nuove speranze arrivano dai Parp inibitori, farmaci recenti usati per il carcinoma ovarico e allo studio in altri tumori, come il pancreas. I Parp sono enzimi in grado di regolare la riparazione del Dna della cellula: nel caso del tumore, ad esempio, possono riparare i danni causati dalla chemio. Una loro inibizione provoca dunque la morte cellulare e ostacola il proliferare delle cellule tumorali.

Ebbene, questi farmaci sarebbero in grado di arrestare anche lo sviluppo di un sottogruppo di tumori del colon-retto. Il team lo ha scoperto studiando gli organoidi, colture in vitro di tessuti dei pazienti (in questo caso con carcinoma del colon-retto metastatico con mutazione di Kras e di Braf, quindi con prognosi sfavorevole e con limitate opzioni terapeutiche) che ci consentono di testare rapidamente nuovi farmaci e di personalizzare le terapie.

«I PARP-inibitori – afferma la dottoressa Sabrina Arena, prima autrice dello studio – potrebbero segnare la svolta nella terapia di molti tumori. Tra questi oggi potrebbe esserci anche il tumore del colon-retto. La chemioterapia a base di oxaliplatino danneggia il DNA delle cellule dei tumori e spesso riesce a bloccare la crescita delle forme più avanzate di cancro al colon-retto. Tuttavia, i pazienti devono interrompere i cicli di trattamento per l’alta tossicità, anche quando la terapia è ancora efficace. Per questo occorre trovare nuovi farmaci in grado di tenere sotto controllo la malattia alla fine dei cicli di chemioterapia. Ed è qui che entrano in gioco i Parp-inibitori che impediscono a questa proteina ‘officina’ di riparare la rottura del DNA derivata dalla chemioterapia e quindi di replicare il proprio DNA per crescere e svilupparsi. Siamo solo all’inizio di un lungo e complesso percorso –precisa Arena –. Al momento stiamo studiando l’intero genoma per identificare se e quali caratteristiche molecolari del tumore consentano di selezionare i pazienti che potranno beneficiare di questo tipo di terapia».

Inoltre, il team ha scoperto che le cellule tumorali intestinali colpite dagli inibitori di Parp, pur avendo caratteristiche molecolari diverse, sono accomunate dalla sensibilità alla chemioterapia con oxaliplatino. Pertanto, in base ai risultati apparsi su Clinical Cancer Research, questi farmaci potrebbero essere testati come terapia di mantenimento per quei pazienti affetti da carcinoma al colon-retto che in precedenza hanno risposto bene e a lungo alla chemioterapia a base di oxaliplatino.

Lo studio suggerisce quindi l’opportunità di studiare l’efficacia degli inibitori di Parp anche nel colon-retto nelle forme più avanzate di tumore del colon retto, dopo trattamento chemioterapico con oxaliplatino, favorendo così la cronicizzazione della malattia.