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 Prefazione al libro l'amore la sessualità non hanno età

Uno dei primi studi sulla sessualità negli anziani, in grado di andare oltre la semplice domanda circa la frequenza dei rapporti sessuali nella terza età, fu quello condotto da Starr e Weiner (1982) su 800 persone al di sopra dei 60 anni. Essi riconobbero che la "frequenza dell'orgasmo o dell'eiaculazione non costituiscono la misura ultima di un buon sesso" e lasciarono ampio spazio nel loro questionario a risposte libere. I loro dati rivelarono che le persone anziane definivano ed esprimevano la loro sessualità in modo più vario e diffuso di quanto facessero di solito le persone più giovani, suggerendo così che l'avanzare dell'età fosse caratterizzato da cambiamenti nell'espressione sessuale e nelle attività sessuali preferite. Tale studio, sebbene presentasse dei problemi nell'estrazione non randomizzata del campione, fu importante nel contrastare le stereotipo secondo cui le persone anziane non farebbero sesso e presenterebbero atteggiamenti negativi verso la sessualità nelle epoche più tarde della vita umana.

Qualche anno dopo Brecher (1984) riscontrò che gli uomini e le donne non sposati che erano sessualmente attivi dopo i 50 anni di età riferivano maggiore soddisfazione di vita rispetto a quanti non erano sessualmente attivi. Inoltre sebbene meno uomini e donne s'impegnassero in attività sessuali dopo gli ottant'anni, rispetto a gruppi di età più giovani, pure una proporzione significativa (il 40% delle donne e il 60% degli uomini) era sessualmente attiva.

Successivamente altri studi su larga scala (Diokono e coll., 1990; Marsiglio e Donnelly, 1991; Steinke, 1994; Skoog, 1996; Matthias e coll., 1997) posero in evidenza che, sebbene l'attività sessuale diminuisca di frequenza con l'invecchiamento, le persone anziane rimangono sessualmente attive e non esiste alcun limite di età nella capacità di risposta, nell'attività e nelle aspirazioni sessuali e nelle possibilità di godimento e soddisfazione

Pure esistono vari miti sulla sessualità che influenzano il modo in cui essa viene considerata nella terza età. Oppenheimer (2002) descrive tre tipi di atteggiamenti che, nella nostra cultura, le persone tendono a presentare in proposito.

Il primo atteggiamento è quello del "silenzio discreto": è meglio non parlare di certe cose. Se da un lato ciò può favorire una certo rispetto della privacy, dall'altro ciò che viene mantenuto segreto può generare imbarazzo, sofferenza e paura.

Il secondo atteggiamento disfunzionale vede il sesso nelle persone anziane come disgustoso, sgradevole, indecoroso, grottesco o comunque incongruo; si tratta di un atteggiamento con una lunga tradizione (Porter e Teich, 1994).

L'ultimo atteggiamento è la "visione a tunnel", che concepisce la sessualità solo in termini di organi genitali e di prestazioni e le relazioni sessuali solo come eterosessuali. Al contrario, la sessualità, a ogni età, comporta molto più di questo: comprende ogni forma di intimità sessuale, offre opportunità per esprimere senso di lealtà, passione, affetto, stima e affermazione del proprio corpo e del suo funzionamento, è legata a un senso orgoglioso della propria identità, alla capacità di dare valore a se stessi nel ricevere e nel dare, all'avere un ruolo importante nella vita di qualcun altro e al mantenere una relazione positiva col proprio corpo.

Questi aspetti sono ampiamente presi in considerazione nel volume dell'amico e collega Sergio Puggelli, che qui presento al pubblico con piacere. Lo studio della sessualità negli anziani è stato scarsamente affrontato dalla sessuologia italiana e quindi non posso che lodare la coraggiosa iniziativa dell'autore del presente libro, che non solo affronta la tematica da un punto di vista teorico ed espositivo, ma tenta una delle poche ricerche empiriche italiane in materia.

I dati tratti da questo studio, pur tenendo presenti i limiti del campionamento di comodo, sono interessanti e degni di attenzione, confermando la vitalità anche nella terza età della sfera sessuale, che ancora una volta, come nella letteratura precedentemente riassunta, non viene a costituire qualcosa da ignorare o da nascondere, ma un valore da vivere tranquillamente e con serenità in base a quanto ci sentiamo di fare, senza ostentazione ma anche senza vergogna. Auguriamo al libro di Puggelli di contribuire validamente alla diffusione di questo utile e fondato punto di vista.

 

 

Firenze, 15 ottobre 2007

 

 

Davide Dèttore

Professore Associato di Psicologia e  Psicopatologia del Comportamento Sessuale

Dipartimento di Psicologia

Università degli Studi di Firenze