È la settimana più delicata: per l’epidemia di influenza (che raggiungerà l’apice stagionale) e per la disponibilità di sangue (agli sgoccioli in molte regioni italiane). Negli ospedali italiani la terza settimana di gennaio sarà la più difficile dell’intero inverno. La massima circolazione del virus rischia infatti di determinare l’intasamento delle strutture di ricovero: da qui la decisione dell’Asl di Pordenone di rimandare tutti gli interventi differibili, per prendersi cura dei pazienti che raggiungeranno il pronto soccorso colpite dalle complicanze dell’influenza.
Ma è una conseguenza del picco influenzale pure la progressiva riduzione delle scorte di sangue, senza le quali diverse procedure mediche e chirurgiche rischiano di non poter essere effettuate. Molti dei donatori abituali - al pari del resto della popolazione - sono infatti a letto. E anche chi ne è uscito, dovendo peraltro lasciar passare almeno un paio di settimane dalla fine delle terapie, aspetta di superare la lunga scia dei postumi, prima di recarsi in un centro trasfusionale.
Sangue agli sgoccioli in sei regioni italiane
Non stupisce allora che come ogni anno - gennaio è il mese più critico per le donazioni di sangue: assieme a luglio e ad agosto, dove i numeri calano per il caldo e per le ferie - il sangue sia negli ospedali italiani sia agli sgoccioli. Da qui l’appello lanciato dal Centro Nazionale Sangue a tutte le associazioni dei donatori. «Chiedete ai vostri associati di donare», è il sunto della missiva inviata in tutta Italia per far fronte all’emergenza: al deficit di sei regioni (Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania e Puglia) si sono aggiunte pure le carenze di quelle che solitamente contribuiscono ad alleggerire le situazioni critiche del resto del Paese. La situazione è divenuta critica nelle ultime ore.
Fino a una settimana fa, infatti, «la piattaforma informatica gestita a livello nazionale non segnalava situazioni di deficit di emocomponenti - ragiona Pierluigi Berti, responsabile della struttura regionale di coordinamento per le attività trasfusionali della Valle d’Aosta e presidente della Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia (Simti) -. Ma non è raro che durante la stagione influenzale, e in particolare nel periodo del picco, si possano avere problemi di indisponibilità di donatori di sangue e conseguentemente di scarsità delle riserve.
L’entità della diffusione dell’epidemia, che varia di anno in anno, può anche determinare situazioni assimilabili alle maxiemergenze, come è avvenuto per esempio la scorsa estate nel Lazio, per il virus della Chikungunya».
Come diventare donatori
L’appello è rivolto a tutte le persone sane di età compresa tra 18 e 65 anni. Il sangue donato è utilizzato interamente o nelle sue singole componenti - piastrine, plasma, globuli rossi - per trattare un’ampia gamma di condizioni: dalla talassemia all’emorragie durante il parto, dalla penuria di globuli rossi e piastrine che affrontano i malati oncologi sottoposti a chemioterapia alle necessità che possono riguardare le vittime di guerre o disastri naturali. Senza trascurare tutti quei pazienti prossimi a sottoporsi a un trapianto d’organo o a un intervento chirurgico invasivo, nel corso del quale non di rado si rende necessario il ricorso a una trasfusione di sangue. Aiutarli è semplice.
Per chi intende diventare donatore di sangue è sufficiente recarsi presso il servizio trasfusionale dell’ospedale della propria città. Al termine di un colloquio con uno specialista, si definisce il tipo di donazione più indicata: sangue intero o aferesi (plasma o piastrine). Segue un prelievo necessario ad accertare l’idoneità e propedeutico alla donazione, che può essere ripetuta ogni tre (per gli uomini) o sei mesi (le donne). Si può donare con maggior frequenza (ogni quindici giorni) a seguito di una procedura di aferesi. Il momento è critico: chi può, si rechi a donare il sangue.
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