Abortire è probabilmente una delle scelte più difficili che una donna possa fare. Non importa quanto si è convinte: interrompere una gravidanza non è in nessun caso una decisione facile, priva di conseguenze emotive.
E capita che, una volta aver fatto questa scelta così sofferta, si scopra che nella propria città o addirittura provincia, se non regione, le persone più qualificate ad aiutare a intraprendere questo difficile cammino si rifiutino di intervenire. La motivazione è solitamente questa: «per motivi etici non posso aiutarla a interrompere volontariamente una gravidanza».
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Molti specialisti hanno fatto questa scelta davvero per ragioni morali. Per altri il motivo del rifiuto non ha a che fare con la coscienza ma con questioni pratiche, a volte legate alla carriera o alla reputazione.
Capita quindi che una donna si trovi costretta a spostarsi dalla propria città per arrivare nel posto in cui la legge dello stato, approvata 38 anni fa, viene applicata regolarmente. Per le minorenni che hanno voluto nascondere la situazione ai propri genitori e hanno ottenuto un permesso dal giudice del Tribunale dei Minori l’iter sarà quindi ancora più complicato.
Vediamo dunque quali sono gli «indirizzi» di ciascuna regione italiana in fatto di obiezione di coscienza all’aborto.
Secondo una relazione del ministero della Salute risalente allo scorso anno, in Italia ben 7 ginecologi su 10 si rifiutano di effettuare interventi di aborto volontario per motivi etici.
OBIETTORI DI COSCIENZA IN AUMENTO: VEDIAMO REGIONE PER REGIONE
Rispetto al 2005, quasi il 12% in più di questi medici ha sentito nella propria coscienza il bisogno di non prendere parte all’espletamento di un diritto sancito per legge. In alcune regioni poi, quasi la totalità dei ginecologi si dichiara obiettore di coscienza.
Nel Molise sono obiettori il 93,3% dei ginecologi, il 92,9% nella PA di Bolzano, il 90.2% in Basilicata, l’87,6% in Sicilia, l’86,1% in Puglia, l’81,8% in Campania, l’80,7% nel Lazio e in Abruzzo.
Meno accentuata, ma sempre molto alta la percentuale di anestesisti obiettori che, in media, è pari al 49,3%. Anche in questo caso i valori più elevati si osservano al Sud, con un massimo di 79,2% in Sicilia, 77,2% in Calabria, 76,7% in Molise e 71,6% nel Lazio. Mentre il personale medico obiettore raggiunge valori intorno al 46,6% con un massimo di 89,9% in Molise e 85,2% in Sicilia.
21MILA DONNE «EMIGRANO» PER ABORTIRE
In pratica su 94 ospedali con un reparto di ostetricia e ginecologia, solo 62 effettuano interruzioni volontarie di gravidanza. Cioè solo il 65,5% del totale.
Alcune parti del nostro paese rimangono quasi completamente scoperte. La relazione del ministero della Salute non si è spinta oltre questi freddi numeri, ritenuti dal dicastero tutto sommato accettabili.
Ma se si vanno a spulciare i dati Istat appare subito evidente lo sforzo che viene richiesto a moltissime donne per portare avanti la loro scelta difficile: nel 2012 21mila donne su 100mila si sono rivolte a strutture di altre province. Di queste il 40% è stata costretta a cambiare addirittura regione.
Di fatto nelle province di Isernia, Benevento, Crotone, Carbonia-Iglesias e Fermo, è praticamente impossibile abortire.
IN ALTRI PAESI GLI OBIETTORI DI COSCIENZA SONO IN MINORANZA
In Francia tutti gli ospedali pubblici hanno l’obbligo per legge di rendere disponibili i servizi di interruzione della gravidanza.
In Inghilterra è obiettore solo il 10% dei medici ed esistono centri di prenotazione aperti 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Non solo. Tutti gli operatori che decidono di lavorare nelle strutture di pianificazione familiare non possono dichiararsi obiettori.
In Svezia il diritto all’obiezione di coscienza non esiste proprio. Gli specializzandi in ginecologia e ostetricia che pensano che l’aborto sia una cosa sbagliata vengono indirizzati verso altre specializzazioni.
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