Da oggi non ci sono più scuse per rimandare il test per l'Hiv. Proprio in occasione della Giornata mondiale dell'Aids, arriva in Italia il primo autotest che permetterà di sapere subito se si è stati contagiati o meno dal virus. Il kit, distribuito dall'azienda Mylan, può essere acquistato in 2.800 farmacie italiane, formate ad hoc per la consulenza agli utenti. Si può utilizzare a casa propria e in pieno anonimato.

Il suo funzionamento è piuttosto semplice: si esegue una minuscola puntura sul polpastrello, si aspettano 15 minuti e poi si potranno conoscere i risultati. Il test verrà venduto ai maggiorenni senza bisogno di ricetta medica e al costo di 20 euro. Nel frattempo la Fondazione Onlus The Bridge monitorerà i dati che potrebbero aiutare ad avere una fotografia più chiara delle richieste, in modo da promuovere una maggiore consapevolezza. Il nuovo dispositivo medico è stato presentato ieri alla Camera dei deputati in una conferenza stampa promossa proprio dall'associazione The Bridge, in collaborazione con Nps (Network persone sieropositive) Italia Onlus e Mylan.

Già introdotto in Francia, l'autotest è uno strumento utile per far emergere il sommerso delle diagnosi tardive da Hiv che è uno dei problemi più spinosi in Europa e anche in Italia. Il Centro europeo di controllo delle malattie (Ecdc) e l'Oms Europa hanno stimato che in Europa ci sono almeno 22mila persone sieropositive che non sanno di esserlo, circa uno su sette del totale degli infetti. Secondo il rapporto, nel 2015 ci sono state 30mila nuove notifiche di casi, un numero in linea con gli anni precedenti. Tuttavia, il tempo stimato fra l'infezione e la diagnosi è di circa 4 anni, con metà dei pazienti che scopre di essere sieropositivo quando l'infezione è in fase avanzata. In Italia, invece, si stimano dalle 6.500 alle 18.000 persone sieropositive non diagnosticate.
TROPPO TARDI
Il problema, quindi, è che anche nel nostro paese si arriva alla diagnosi di infezione di Hiv in una condizione clinica avanzata e anche preoccupante. Non è un caso che oltre il 50 per cento dei casi di Aids segnalati è costituito da persone che non sapevano di essere Hiv-positive. Non solo. L'Istituto superiore di sanità (Iss) stima che, nel 2015, poco meno di un quarto delle persone diagnosticate con Aids aveva eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi di Aids.

LA CONSAPEVOLEZZA
Il fattore principale che determina la probabilità di avere effettuato un terapia antiretrovirale prima della diagnosi di Aids è proprio la consapevolezza della propria sieropositività: nell'ultimo decennio è aumentata la proporzione delle persone con nuova diagnosi di Aids che ignoravano la propria sieropositività e hanno scoperto di essere Hiv positive nei pochi mesi precedenti la diagnosi di Aids, passando dal 20,5 per cento del 2006 al 74,5 per cento del 2015.

L'autotest, quindi, potrebbe rappresentare una svolta. La sua attendibilità è del 99,8 per cento, purché prima di fare il test si osservi il cosiddetto intervallo finestra, ossia quel lasso di tempo che intercorre tra il momento del presunto contagio e la produzione di anticorpi che segnalano la presenza del virus. Per poter eseguire il test capillare bisogna quindi aspettare 90 giorni. Lo stesso tempo che bisogna aspettare prima di fare anche il tradizionale test. Tuttavia, l'autotest non sostituirà i test, gratuiti e anonimi, offerti attualmente dal Servizio sanitario nazionale. E in ogni caso dopo aver ricevuto una diagnosi di conferma di presenza del virus Hiv dall'autotest bisogna rifare le analisi in un laboratorio e contattare un medico.

LA BOCCIATURA
Non tutti, peraltro, valutano con favore la vendita del nuovo kit. Per Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto nazionale per la malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, l'autotest potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio: «Temo che spinga le persone a non ricorrere più ai test già offerti gratuitamente dal nostro Sistema sanitario. Una persona che scopre di essere sieropositiva non può gestire questa notizia da sola. Ha bisogno di ricevere le giuste informazioni e conoscere quindi tutte le opzioni che ha. La figura del medico in questo caso è fondamentale, e anche quando il test risulta negativo è comunque fondamentale che il paziente riceva le informazioni corrette per continuare a fare prevenzione».

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