Nel 2015 il numero delle diagnosi è rimasto costante - di poco superiore alle tremila unità (3444) - sebbene in lieve calo rispetto al passato. Ma l’Aids , malattia infettiva che ha origine dal contagio con l’Hiv, è in aumento tra i giovani. Pone l’attenzione su questo aspetto l’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel presentare il report sulla malattia nella giornata mondiale di oggi 1 dicembre. È diminuito soltanto del sei per cento il numero dei contagi misurati tra i 15 e i 24 anni, tra il 2010 e il 2015. Mentre diversi studi evidenziano che in Africa Meridionale le ragazze rappresentano quasi il novanta per cento delle nuove infezioni riscontrate tra i 10 e i 19 anni. Segno che, grazie anche ai progressi terapeutici registrati negli ultimi quindici anni, tra gli adolescenti è calata l’attenzione nei confronti di una malattia che fino ai primi anni ’ 90 non lasciava scampo.

L’EMERGENZA RIGUARDA I PIÙ GIOVANI

Oggi l’Aids, anche se nella forma conclamata, si può cronicizzare. Nei mesi scorsi si è parlato pure di possibile guarigione, ma per cantare vittoria occorrerà attendere i risultati sul lungo periodo. I progressi registrati sul piano delle terapie hanno però comportato un calo dell’attenzione mediatica nei confronti della malattia, con la conseguenza che nelle scuole oggi si parla sempre meno di Aids e che gli adolescenti sono più soggetti rispetto agli stessi dell’inizio del secolo ai comportamenti a rischio.

«Negli ultimi 4-5 anni c’è stato un incremento di infezioni tra i giovani, soprattutto nella fascia tra 25 e 30 anni - conferma Andrea Gori, direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Gerardo di Monza e docente all’Università Bicocca di Milano -. Le persone eterosessuali ignorano il problema, mentre gli omosessuali sono più informati».

Un cambio di prospettiva radicale, visto che in passato erano soprattutto questi ultimi a essere additati per la loro maggiore promiscuità. «Bisogna stimolare le persone all’esecuzione del test, che è gratuito e oggi permette di conoscere l’esito in pochi minuti», aggiunge Adriano Lazzarin, primario della divisione di malattie infettive dell’Irccs San Raffaele di Milano.

Il messaggio è diretto soprattutto ai giovani che, come spiegato, sono poco consapevoli dei rischi e di conseguenza meno motivati a sottoporsi alle indagini diagnostiche. Sono in calo anche le diagnosi tra i bambini (-51 per cento dal 2010), in ragione di un maggiore accesso alle terapie da parte delle donne che affrontano poi la gravidanza. La trasmissione verticale, assieme a quella ematica e sessuale, è una delle modalità di diffusione dell’Hiv.

TEST RAPIDI SU SALIVA E SANGUE

Non è un caso che, in occasione della giornata mondiale, la Lega Italiana Lotta all’Aids (Lila) abbia varato una campagna informativa dal titolo «Fatti un regalo: fai il test» (sms solidale attivo fino al 3 dicembre al numero 45517).

I dati dell’Istituto Superiore di Sanità, d’altronde, sono preoccupanti: un italiano su quattro non è a conoscenza del proprio stato di positività e oltre la metà delle diagnosi avviene quando la malattia è già in fase avanzata. Sono diversi, dunque, i malati «fantasma», che oltre a mettere rischio se stessi nascondono la malattia ai rispettivi partner. L’obiettivo è incoraggiare le persone a scoprire la propria eventuale esposizione all’Hiv in una fase precoce: prima si dà inizio alle terapie, maggiori sono le probabilità di controllare le infezioni e minori le occasioni di ulteriore contagio. Il test può essere condotto sia su sangue (attraverso una puntura analoga a quella che si effettua per misurare i valori di glicemia) sia su fluido orale, anche al di fuori dei presidi sanitari, e dà un esito attendibile nell’arco di poche decine di minuti. Diverse le associazioni impegnate a diffonderne l’uso: oltre alla Lila, anche l’Anlaids e l’Arcigay.

I SINTOMI DELL’INFEZIONE

In alcuni casi l’infezione da Hiv non genera alcun sintomo (sieroconversione asintomatica), in altri casi si manifesta invece una sintomatologia acuta (sindrome acuta retrovirale) che insorge tra i quattro giorni e le quattro settimane successive al contagio e dura solitamente da 1 a 3 settimane. I sintomi più comuni includono febbre, spossatezza, sudori notturni, rigonfiamento dei linfonodi, mal di gola, eruzioni cutanee. Poiché si tratta di sintomi molto comuni e in parte simili a quelli di una semplice influenza, non c’è motivo di allarmarsi. Ma se si manifestano a ridosso di un comportamento sessuale a rischio, è importante fare subito i dovuti accertamenti. Le prime settimane dell’infezione sono quelle in cui la persona con Hiv è maggiormente contagiosa: si stima che la maggior parte delle infezioni sia trasmessa da persone inconsapevoli di aver contratto il virus proprio in questo periodo.

Twitter @fabioditodaro


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