Le raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità non lasciano spazio a trasgressioni: cessare del tutto di bere alcol in gravidanza (e anche nella fase del concepimento) è il comportamento più sicuro da seguire. L’alcol è infatti in grado di attraversare la placenta e arrivare direttamente al feto con la stessa concentrazione in cui è presente nell’organismo della madre, interferendo con i normali processi di sviluppo fisico e intellettivo del bambino in maniera più o meno grave, a seconda della quantità consumata.

Nonostante questo, secondo i dati dell’ISS, in Italia oltre il 50% delle future mamme mantiene le stesse abitudini «alcoliche» precedenti alla gravidanza e supera senza difficoltà i due bicchieri al giorno, sottoponendo il feto al rischio di un ampio spettro di disordini feto alcolici (FASD), che vanno dai deficit cognitivi e comportamentali, fino ad anomalie fisiche che interessano la testa e il volto.

Impatto sulle generazioni future

Ma il rischio potrebbe non interessare soltanto la progenie diretta, ma anche le generazioni future. A sottolineare questo aspetto è un nuovo studio condotto su modelli animali e pubblicato sulla rivista Cerebral Cortex, che ha evidenziato per la prima volta un potenziale effetto «transgenerazionale» dei disordini feto alcolici, con effetti indiretti anche nelle generazioni non più esposte all’alcol.

Lo studio è stato condotto da un team di ricercatori dell’Università della California di Riverside, che ha creato una linea di topi affetti da disordini feto alcolici e osservato l’impatto di questi disturbi nell’arco di tre generazioni, riscontrando problemi di sviluppo e comportamentali del tutto simili a quelli della prima generazione direttamente esposta all’alcol.

Danni cognitivi e comportamentali

«Abbiamo riscontrato che il peso corporeo e la dimensione del cervello erano significativamente ridotti in tutte le generazioni successive di animali che avevano avuto un’esposizione prenatale all’etanolo» ha sottolineato l’autrice dello studio Kelly Huffman.

«Tutte le generazioni di topi hanno mostrato un incremento dei disturbi di ansia, depressione e deficit senso-motori. Dimostrando un forte effetto transgenerazionale dell’esposizione prenatale all’etanolo in modelli di topo, suggeriamo che i FASD (lo spettro di disordini feto alcolici ndr) possano essere una condizione ereditabile anche nell’uomo» ha affermato ancora la ricercatrice.

In un precedente studio, lo stesso team di ricerca avevano dimostrato come l’etanolo assunto in gravidanza avesse un impatto diretto sull’anatomia della neocorteccia – la parte del cervello umano più «recente» e deputata alle funzioni cognitive superiori – favorendo potenziali disturbi motori e comportamentali. Alla luce dei nuovi risultati, secondo i ricercatori, è ora importante concentrare gli sforzi nella messa a punto di nuove terapie e strategie di prevenzione che aiutino a porre un freno a questo pericoloso effetto a cascata legato all’alcol, salvaguardando i figli di oggi e quelli di domani.


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