L’80 per cento delle malattie infettive è causato da microrganismi produttori di biofilm, ovvero in grado di aggregarsi per formare sottili pellicole che ne consentono la proliferazione e rendono difficile l’eliminazione con i normali trattamenti antibiotici e antifungini. Questo aspetto rappresenta uno degli ostacoli principali nella lotta alla resistenza, dal momento che rende più difficile identificare il microrganismo responsabile della composizione del biofilm e di conseguenza la scelta del farmaco da utilizzare rischia di essere meno specifica. Così almeno è stato finora, perché d’ora in avanti un aiuto potrebbe giungere da una piattaforma realizzata dai ricercatori dell’Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma per misurare in modo rapido la produzione di biofilm dai batteri isolati e fare una analisi dei profili di sensibilità agli antibiotici dei microrganismi.
Un'opportunità per scegliere l'antibiotico più efficace
Con un simile approccio, si possono avere le informazioni essenziali per compiere una scelta terapeutica mirata. «In questo modo potremo ottenere la guarigione di molte infezioni ed evitare la resistenza agli antibiotici che oggi rappresenta un’emergenza a livello mondiale», afferma Aldo Morrone, direttore scientifico dell’Istituto San Gallicano che ha coordinato lo studio, pubblicato sulla rivista «Bmc Microbiology». Nel corso di questo lavoro, la piattaforma è stata utilizzata per la gestione clinica delle endocarditi batteriche. Ma si sta lavorando per estenderne l’uso a tutte le infezioni ospedaliere causate da microrganismi capaci di crescere in biofilm. Considerata una delle emergenze globali dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, la resistenza agli antibiotici provoca ogni anno 33mila decessi in Europa (di cui almeno 10mila in Italia) e quasi 880mila casi di disabilità. Il fenomeno può essere dovuto alla mutazione del materiale genetico o all'acquisizione di geni di resistenza da altri batteri ed è fisiologico entro certi limiti. Ma negli ultimi vent’anni lo scenario si è aggravato a seguito del cattivo utilizzo che l'uomo ha fatto di questi farmaci per curare se stesso e per ridurre l'impatto delle infezioni negli allevamenti.
Una soluzione anche per i Paesi in via di sviluppo?
Le infezioni associate al biofilm rappresentano un'area della microbiologia clinica ancora poco sviluppata. Attraverso piattaforme come questa, di elevata efficacia e basso costo, sarà possibile intervenire anche in quei Paesi in cui si concentrano numerose malattie infettive significa contrastarne la diffusione. L’introduzione progressiva di questa opportunità rappresenterà una possibile soluzione per mettere a punto terapie mirate soprattutto nei pazienti chirurgici, ma non solo. Racconta Fabrizio Ensoli, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia del San Gallicano: «Negli ultimi tre anni abbiamo sviluppato una serie di metodiche innovative e lavorato a due brevetti. Il primo è un sistema che in cinque ore identifica batteri che producono biofilm, il secondo è un sistema che analizza i profili di sensibilità agli antibiotici di questi microrganismi. Entrambi permettono di realizzare una piattaforma innovativa in grado di offrire elementi essenziali per una scelta terapeutica mirata in oncologia e in dermatologia».
Twitter @fabioditodaro