Si può manifestare ad ogni età, ma compare prevalentemente tra i 35 e i 50 anni. L’artrite psoriasica, malattia infiammatoria cronica, colpisce circa 250mila italiani e provoca dolore, rigidità e gonfiore delle articolazioni, infiammazioni che colpiscono l'inserzione di un muscolo su un osso, le cosiddette entesiti, ma anche alterazioni delle ossa e calcificazioni periarticolari. Ciò rende difficile il movimento e impedisce lo svolgimento di normali azioni quotidiane come aprire il borsellino, sbottonare una camicia o aprire una caffettiera. Poi ci sono i problemi della pelle, da non sottovalutare non per un fatto estetico, ma proprio per i disturbi che causano al paziente.
La collaborazione tra reumatologo e dermatologo è fondamentale, sia in fase di diagnosi precoce che in fase di monitoraggio della malattia. In presenza di sintomi articolari, come il dolore e il gonfiore alle articolazioni, i pazienti devono rivolgersi il prima possibile al proprio medico che potrà suggerire prontamente una visita specialistica da un reumatologo. Chi nota manifestazioni cutanee si rivolga prima al dermatologo, che valuterà l’opportunità di rivolgersi al reumatologo. L’artrite psoriasica colpisce quasi il 10% dei pazienti che soffrono di psoriasi e più dell’80% dei pazienti con artrite psoriasica ha una storia di psoriasi. Oltre a quelle della pelle, altre manifestazioni extra-articolari spesso accompagnano il paziente come ad esempio arrossamento degli occhi, malattie cardiovascolari, obesità, diabete, nevrosi e depressione.
Il coinvolgimento di organi diversi fa sì che la diagnosi possa essere complessa. Quanto più precoce sarà l’intervento, maggiore sarà la probabilità di bloccare la progressione della malattia per la quale fino a pochi anni fa non esistevano efficaci soluzioni terapeutiche. Oggi, come per altre malattie reumatiche, ci sono molte terapie mirate allo studio. Tra le novità presentate al congresso europeo di reumatologia Eular 2019 a Madrid per questa malattia, infatti, ci sono stati anche i promettenti risultati di un anticorpo monoclonale, chiamato ixekizumab, che agisce sull’interleuchina 17-A, una citochina nota per avere un ruolo chiave nelle malattie immunomediate e il cui blocco permette di fermare la cascata infiammatoria. Lo studio Spirit ha fatto un confronto diretto tra ixekizumab e la terapia standard con adalimumab, che è un anticorpo monoclonale inibitore della citochina TNF-alfa. «I risultati dello studio SPIRIT-H2H evidenziano, in pazienti affetti da artrite psoriasica dopo 24 settimane di trattamento, una maggiore efficacia di ixekizumab rispetto ad adalimumab nella capacità di migliorare contemporaneamente le articolazioni e la pelle in termini di segni e i sintomi della malattia» spiega Maurizio Rossini, Professore di Reumatologia presso l’Università degli studi di Verona. «Avere a disposizione dei dati di questo tipo può certamente rappresentare un elemento importante da tenere in considerazione nel momento della definizione del piano terapeutico per un paziente affetto da questa patologia».
L’artrite psoriasica, riassumendo in sé l'effetto di entrambe le malattie, l’artrite e la psoriasi cutanea, incide pesantemente sulla qualità della vita e sulla quotidianità di chi ne soffre. Tanto che entro 10 anni dall’esordio della malattia almeno il 50-60% dei soggetti non è in grado di mantenere un lavoro a tempo pieno. «Trattandosi di una malattia multiforme che colpisce diverse parti del corpo - sottolinea Silvia Tonolo, Presidente dell’Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus (Anmar) - per i pazienti con artrite psoriasica, è particolarmente importante trovare un trattamento che sia efficace e coerente sia nell'alleviare i sintomi articolari debilitanti, sia nel migliorare al contempo anche la pulizia della pelle».