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Di autismo, in Italia, soffrono all’incirca 78mila persone. Oltre il triplo (270mila) sono invece quelle che soffrono dell’insieme di quelle condizioni che rientrano sotto la definizione di disturbi dello spettro autistico. Un ventaglio di condizioni ampio e variegato, con un minimo comune denominatore: la presenza di disturbi del linguaggio, che finiscono per riverberarsi sulle abilità sociali.

Non stupisce allora che la Giornata Europea della Logopedia (6 marzo) di quest’anno sia dedicata proprio all’autismo. Dal 4 all’8 marzo, la Federazione italiana dei Logopedisti si attiverà come di consueto per i cittadini e tutti coloro che hanno necessità di informazioni e di aiuto. Una disponibilità «multicanale» attraverso il telefono (049-8647936, dalle 10 alle ore 12), web (fli.it) e con il profilo e la chat di Facebook (facebook.com/FederazioneLogopedistiItaliani).

Il logopedista al fianco del bambino autistico

Il logopedista - al fianco del neuropsichiatra infantile, dello psicologo, del fisioterapista, del terapista della neuropsicomotricità - è una figura fondamentale nell’educazione del bambino a una interazione con il mondo, in grado di stimolare alcune abilità come comunicare, comprendere, parlare, leggere e scrivere.

«In funzione della complessità della malattia e delle differenti manifestazioni - spiega Tiziana Rossetto, presidente della Federazione dei Logopedisti - è importante che al primo sospetto ci si rivolga al pediatra, in grado di osservare come gioca e comunica il bambino: creando situazioni per capire gli ambiti di maggiori difficoltà, monitorando nel tempo l’evoluzione della potenziale sintomatologia di malattia oppure inviandolo a un centro di cura specializzato per avviare un trattamento multidisciplinare».

Al logopedista toccherà intervenire sull’aspetto del linguaggio e della capacità di comunicare del bambino e sulle abilità sociali. Spiega Sara Isoli, consulente del Centro Ants-Onlus per l’autismo di Verona.

«Il nostro compito è aiutare il piccolo, a seconda delle sue potenzialità, a comunicare con i suoi amici per capire cosa vogliono e come farsi capire da loro, a riconoscere e usare correttamente i gesti, a comprendere le espressioni del viso degli altri e usare il proprio volto per esprimersi, a rispondere alle domande e farle, a chiedere aiuto, a rispettare i turni di una conversazione. Mentre per quanto riguarda abilità più scolastiche, favoriremo lo sviluppo o il potenziamento della lettura e scrittura, guardando i libri, raccontando storie, scrivendo lettere, parole e frasi».

Quando occorre coinvolgere i genitori?

È importante che anche il genitore sia coinvolto nelle sedute «terapeutico-educazionali», soprattutto se l’area della comunicazione è particolarmente compromessa. Questo affinché mamme e papà possano imparare i modi migliori per comunicare ed essere compreso dal proprio bambino e per stimolare la sua iniziativa comunicativa. In casi particolarmente complessi o gravi, infine, si potrà ricorrere alla comunicazione aumentativa e alternativa, ovvero a tecniche che, attraverso il linguaggio dei segni, immagini, foto, oggetti o video, ma anche parole scritte, computer, tablet o altri dispositivi elettronici aiutano i bambini con importanti difficoltà di parola a comunicare con il mondo.

È fondamentale però che la comunicazione aumentativa e alternativa, in questi casi particolari, non venga usata solo nelle sedute di riabilitazione ma anche a casa, a scuola e in ogni altro contesto quotidiano del bambino.

Twitter @fabioditodaro