I dettagli non saranno noti prima di marzo, quando un decreto del Ministero della Salute dovrebbe fare chiarezza sull’accesso al bonus. Ma la scelta del Governo di concedere una somma di danaro (fino a 400 euro all’anno) per l’acquisto del latte artificiale alle donne che non potranno allattare al seno sta facendo discutere . Vero che al Senato, di recente, è stato approvato un emendamento che istituisce una giornata sull’allattamento e che punta ad allungare i permessi per le madri lavoratrici che si impegnano per nutrire il proprio bambino. Ma l’introduzione di un «premio» economico non convince fino in fondo gli specialisti.

«Comprendiamo le motivazioni che hanno portato all’approvazione della misura, ma il provvedimento potrebbe, se non correttamente interpretato e non affiancato da altri interventi, penalizzare l’allattamento al seno - avverte Fabio Mosca, direttore della terapia intensiva neonatale dell’ospedale Maggiore Policlinico di Milano -. Prevedere un aiuto economico isolato solamente a favore di quello in formula rischia di essere controproducente, poiché rischia di incentivare un’alimentazione i cui effetti benefici non possono essere paragonati a quelli del latte materno».

Allattamento al seno: ancora troppi «buchi» in Italia

Il presidente della Società Italiana di Neonatologia non ha remore nell’affermare che «a questa misura, avremmo preferito un prolungamento del congedo di maternità fino a sei mesi, per garantire concretamente alle mamme lavoratrici di allattare i loro bambini per il periodo minimo consigliato e più in generale risorse finanziare a sostegno della genitorialità».

In un Paese in cui, secondo i dati in possesso dell’Istituto Superiore di Sanità, soltanto 1 donna su 4 segue alla lettera i consigli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e allatta il proprio figlio al seno in maniera esclusiva fino al sesto mese di vita, il rischio è quello di vedere erodersi ulteriormente questa quota. Senza trascurare che le linee guida delle principali società scientifiche oggi invitano a portare avanti la pratica anche oltre, nel corso dello svezzamento. Secondo Federica Zanetto, presidente dell’Associazione Culturale Pediatri, «un simile provvedimento è in evidente contrasto con lo spirito del Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno. Se si vuole fare una norma che sia davvero di sostegno alle mamme e ai bambini, si investano risorse per una maggiore tutela del diritto all'allattamento al seno delle donne che lavorano, in particolare. E ci si impegni, soprattutto, per ridurre le forti diseguaglianze ancora presenti nel nostro Paese».

Più incentivi per l’allattamento al seno

A preoccupare gli esperti è la consapevolezza che, a conti fatti, sono pochissime le controindicazioni all’allattamento materno. Tra queste la sieropositività, il trattamento in corso con farmaci antiretrovirali per l’Hiv, la presenza della tubercolosi in forma attiva, l’utilizzo di droghe e la necessità di effettuare cure oncologiche nello stesso periodo. Condizioni che si aggiungono all’agalattia e all’ipogalattia (comunque rare), a fronte delle quali molte regioni prevedono già un sostegno economico per l’acquisto del latte artificiale. Decisamente più folta è invece la schiera di donne che optano per il ricorso al latte artificiale dopo aver riscontrato difficoltà (ma non impossibilità) nell’allattare il proprio bambino. In questa fase, secondo gli esperti, servirebbero incentivi anche culturali, che spesso invece mancano. «Siamo favorevoli alla proposta di raddoppiare, nei primi sei mesi di vita del bambino, i permessi per le donne che lavorano: prevedendo riposi di quattro ore anziché due - aggiunge Mosca -. C’è bisogno di misure legislative più incisive a supporto delle donne lavoratici, affinché non interrompano l’allattamento al seno».

Banche del latte

Negli scambi di vedute registrati negli ultimi giorni, pochissimi sono stati i riferimenti alle banche del latte umano. Sono 38 in Italia , seppur non equamente distribuite (Basilicata, Molise e Sardegna ne sono sprovviste), e rivestono un ruolo fondamentale nel rispondere alle esigenze delle donne che non possono allattare il proprio figlio. Tutte le altre mamme possono donare il latte in eccesso, che viene stoccato in condizioni ideali per essere poi fornito a chi ne ha bisogno. In molti casi, però, le donne non ne conoscono l’esistenza e finiscono così per ricorrere in prima scelta ai sostituti artificiali del latte materno. «Siamo a buon punto, ma possiamo fare ancora molto per ridurre i costi operativi e gestionali delle banche del latte umano donato e per migliorare la copertura del servizio su tutto il territorio nazionale», chiosa Mosca.

Twitter @fabioditodaro