Brain training, ginnastica mentale, allenamento cognitivo. In qualunque modo lo si chiami, il potenziamento delle capacità mentali attraverso l’esecuzione di specifici compiti, spesso presentati sotto forma di giochi e di test, è diventato molto di moda. Eppure, oltre ad essere stata dimostrata soltanto in casi specifici, la sua efficacia risentirebbe dell’effetto placebo e i benefici potrebbero quindi essere tutti frutto della nostra mente più che dell’allenamento. Lo afferma uno studio americano apparso sulla prestigiosa rivista PNAS condotto da un gruppo di ricercatori dell’Applied Performance Research Lab della George Mason University in Virginia.

COS’È IL TRAINING COGNITIVO

Da un lato, alcuni studi hanno già dimostrato che negli anziani il training cognitivo aiuterebbe a contrastare il decadimento tipico dell’invecchiamento e a mantenere così il cervello in forma e scongiurando la perdita di quelle abilità mentali che per prime si perdono con l’età. Dall’altro, molti scienziati lamentano la mancanza di evidenze scientifiche sulla reale efficacia delle numerose applicazioni e l’assenza di validazione per molti programmi di brain training presenti sul mercato. Altri scienziati ricordano che il miglioramento ottenibile con il cosiddetto “brain training” riguarda unicamente l’abilità esercitata dall’allenamento, che di volta in volta può essere la memoria, l’attenzione, la percezione, le abilità di navigazione o di orientamento spaziale e così via. Infatti, il funzionamento della ginnastica mentale si basa sulla neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di modificarsi nel corso del tempo; a seconda delle varie attività svolte dal soggetto, si formano sempre nuove connessioni tra neuroni e queste reti si stabilizzano poi con l’esercizio.

LO STUDIO

E se il miglioramento delle capacità cognitive che alcuni studi riscontrano non fosse altro che il frutto dell’effetto placebo? Secondo lo studio apparso su PNAS il potenziamento dell’intelligenza fluida, della capacità cioè di risoluzione dei problemi e ragionamento logico, sarebbero da ricondurre all’effetto placebo.

Nel reclutare i soggetti per l’esperimento di «brain training», i ricercatori hanno distribuito nel campus universitario due diversi volantini di presentazione. Il compito di allenamento della memoria di lavoro è stato condotto da 25 soggetti cui era stato detto che avrebbero potenziato la propria memoria (il volantino recitava «Brain training e potenziamento cognitivo») e da 25 soggetti che avevano risposto all’appello «Scrivici oggi e partecipa allo studio».

Il giorno successivo alle sedute di «brain training» ad aver registrato dei miglioramenti nelle proprie prestazioni mnemoniche erano proprio i membri del primo gruppo, ovvero i rispondenti al volantino che intenzionalmente induceva un effetto placebo. Secondo gli autori dello studio, tali miglioramenti sono attribuibili alle aspettative dei partecipanti, come conferma l’assenza di questi benefici in coloro ai quali lo stesso identico esercizio non era stato presentato come brain training.

STUDI RIGOROSI E FALSE PROMESSE

La motivazione e le aspettative giocano sempre un ruolo fondamentale e potrebbero essere più potente di qualunque intervento di allenamento cognitivo. Secondo gli scienziati, ciò dimostra la necessità di prestare molta attenzione al momento della selezione e del reclutamento dei volontari negli studi di efficacia del training cognitivo. Infine, un appello anche per tutti noi, a non cadere ingenuamente vittime di false promesse: gli autori citano il caso di Lumosity, programma per il quale l’azienda Lumos Labs è stata costretta lo scorso gennaio a pagare una multa di 50 milioni di dollari, poi ridotta a 2 milioni, alla Federal Trade Commission per «pubblicità ingannevole dei benefici del proprio programma» di brain training.

Il placebo, comunque, rimane un fenomeno complesso, che interessa in misura diversa tutti gli individui e le cui numerose potenziali applicazioni sono ancora tutte da esplorare.

@nicla_panciera


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