Tre anni fa, partendo dalla Danimarca, il messaggio arrivò «urbi et orbi». «Fallo per mamma», era la sintesi dello spot ideato da un tour operator per incentivare i danesi a fare più sesso. Un video di quattro minuti che, tra il serio e il faceto, aveva lo scopo di aumentare il tasso di natalità nel Paese scandinavo, tra i più bassi d’Europa. La buona riuscita dell’operazione - l’iniziativa ebbe un’eco internazionale e in un anno determinò oltre 1.500 nascite in più - dovrà probabilmente essere riconsiderata anche da altri Stati europei. Il calo del desiderio, infatti, non si registra soltanto nei dintorni di Copenaghen. Tra i vari problemi della società occidentale, c’è una sempre minore attitudine al fare l’amore. Gli ultimi dati giungono dalla Gran Bretagna: meno di una persona su due nel pieno dell’età fertile fa sesso una o più volte a settimana. Il lento declino dell’intimità A far risuonare l’allarme sono i risultati di uno studio pubblicato sul «British Medical Journal» da un gruppo di ricercatori della Scuola di igiene e medicina tropicale di Londra. Passando in rassegna le conclusioni di un’indagine sugli stili di vita e le abitudini sessuali raccolti al di là della Manica in tre diversi momenti, coinvolgendo complessivamente oltre 34mila persone di età compresa tra 16 e 44 anni, i ricercatori hanno avuto modo di misurare i cambiamenti nella frequenza dei rapporti sessuali registrati in Gran Bretagna. È così stato osservato un lento declino, tra l’inizio del secolo (2001) e il secondo decennio (2012). I dati, pubblicati su una delle più autorevoli riviste scientifiche, mostrano infatti che quasi un uomo (29,2 per cento) e una donna (29,3 per cento) su tre non aveva avuto rapporti nel mese precedente alla rilevazione. Al contempo è diminuita pure la quota di chi dichiara - sia tra gli uomini (dal 20,2 al 14,4 per cento) sia tra le donne (dal 20,6 al 13,2 per cento) - di essere stato in intimità con un partner dieci o più volte, nei trenta giorni precedenti. Al di là degli adolescenti e dei giovani adulti, oltre che dei single, il deficit di attrazione sembra aver colpito tutti. Ad avvertirlo maggiormente, oltre i 25 anni, sembrano essere perlopiù le persone sposate o conviventi. Le coppie in Italia Quanto registrato in Inghilterra va a sommarsi con altre evidenze raccolte negli ultimi sei anni in diversi Paesi avanzati: dalla Finlandia al Giappone, passando per la Svezia e gli Stati Uniti, la Germania e gli Stati Uniti. Mancano dati scientifici, ma il fenomeno delle coppie «bianche» appare in aumento pure in Italia. La fotografia più recente relativa al nostro Paese la si ritrova nel Rapporto Coop 2017. Negli ultimi tre lustri, la frequenza dei rapporti sessuali è diminuita mediamente del dieci per cento. Di pari passo, sono calate le vendite dei preservativi e della pillola anticoncezionale. Evidenze che, per nulla bilanciate da un aumento della natalità, lasciano supporre che finanche gli italiani, un tempo considerati tra i più attivi in camera da letto, stiano rifiatando. E a poco serve riscontrare l’aumento dei single. Secondo l’Istat sono quasi otto milioni e, talora, sono più appagati di chi vive in coppia. Ma non per questo riescono a tenere testa alla flessione della frequenza dei rapporti sessuali. Facendo meno sesso, viviamo peggio rispetto al passato? Non è scontato: il benessere psicologico dipende dal peso che la singola persona dà a questa abitudine. Sarebbe un problema (serio) se il calo dell’attività fosse sufficiente a indicare una riduzione dei rapporti sociali. Ma così non è, per cui al bando ogni semplificazione. Perché siamo meno attratti dal sesso? Provando ad abbozzare qualche ipotesi in merito ai cambiamenti che potrebbero aver dato il la al declino dei «tete-a-tete» sotto le lenzuola, Kaye Wellings, che da anni studia la metamorfosi delle abitudini sessuali degli inglesi e ha posto la firma in calce all’ultima ricerca, punta il dito «sui ritmi frenetici della vita moderna». Secondo l’esperta, a pagare il prezzo più alto è chi attraversa l’età di mezzo. «Sono uomini e donne che lavorano, devono prendersi cura dei figli e spesso pure dei genitori, che stanno invecchiando». Ma il dubbio che pure il dilagare della tecnologia stia contribuendo a determinare questo trend è diffuso. Computer, tablet e telefoni sempre connessi offrono a uomini e donne tanti diversivi: le chat, la possibilità di fare acquisti e di prenotare le vacanze a tutte le ore, il lavoro che non si conclude mai. A detta di Wellings, però, «non ci sono dati di una forza tale da poter spiegare cosa stia determinando il calo nella frequenza dei rapporti», che risulta peraltro più accentuato tra i più e i meno abbienti, che nel ceto medio. A determinare questa stratificazione, potrebbe essere stata la recessione. Chi è più erudito, ha finito per lavorare di più rispetto al passato. E chi invece faceva fatica prima, ne fa ancora di più adesso. Molto difficile pensare alla vita di coppia, di conseguenza. Twitter @fabioditodaro