Abitare o “chiudersi dentro”? Negli ultimi due secoli abbiamo fatto un po’ di confusione con i due verbi. Progettiamo le nostre case con passione e meticolosità: ampi spazi, colore, dettaglio. Tutto, in casa, deve parlare di noi: i mobili “minimal”, la cucina tanto ergonomica quanto rispettosa del design; poi il soggiorno, le camere … La casa diventa nido, rifugio. Niente di male, intendiamoci; basta che non si trasformi in un bunker, una tana dove rinchiudersi come fanno gli animali che si sentono braccati: siamo uomini e donne di mondo e il mondo dobbiamo vederlo, ascoltarlo, esplorarlo; viverlo.

La nostra vita, volenti o nolenti, la trascorriamo prevalentemente “indoor”: casa, ufficio, scuola, palestra, cinema, ristorante, auto… Il mondo resta fuori, ahinoi; “lui” fuori e noi sempre e comunque reclusi. Tutto ciò alla lunga non fa bene: secondo numerose ricerche europee ed americane, immergersi nell’ambiente naturale ha un impatto più che positivo sul nostro benessere. Una di queste, targata New York Academy of Sciences, riporta che gli individui invitati ad osservare paesaggi naturali, in luogo di quelli “urbani”, hanno mostrato un calo vertiginoso dei livelli di stress. Già, lo stress: quello che cammina con noi da troppo tempo, ennesima “malattia” dei nostri giorni; vecchia di due secoli? Forse meno, ma non è questo il punto.

Il punto è, invece, che dobbiamo camminare noi. Dobbiamo uscire di più e godere per più tempo del contatto con la natura. La natura e la luce; quella del sole, che è molto meglio di qualunque alogena, comprese quelle più “trendy” e costose.

Tutto questo lo sappiamo tutti. Perché siamo animali anche noi: uomini e donne di mondo. Lo sappiamo ma non lo facciamo o – meglio – lo facciamo troppo poco: un sondaggio di YouGov commissionato da VELUX, effettuato lo scorso anno su un campione di 16mila persone in 14 Paesi europei (Italia compresa) e il Nord America, ha dato i seguenti “numeri”: l’82% degli intervistati ritiene di vivere “indoor” circa 21 ore al giorno, il 62% circa 18. Il dato reale, però, è ben diverso: siamo tutti “dentro” (casa, scuola, ufficio ecc.) per 22 ore al giorno. E i nostri “rifugi”, poveri di luce, sono anche inquinati, malsani, umidi.

Cosicché lo stress sale, si accumula, diventa un nemico sempre più potente che difficilmente riusciremo a “chiudere fuori” rifugiandoci in casa, pur sbarrando la porta con tripla “mandata” di chiave. Ridurre lo stress significa maggiori soddisfazioni, meno preoccupazioni al lavoro, in famiglia, ovunque. Anche questo dicono le ricerche, non si scappa.

Va bene, non si scappa ma la domanda è: come si fa? Si fa progettando edifici, abitazioni, scuole, uffici che siano capaci di accogliere luce naturale, aria, spazio. Si fa con le tende “giuste” e soprattutto con le finestre. Perché la finestra è una soglia per la nostra mente: guardare fuori, diventare parte del paesaggio rilassa la vista e i pensieri. Guardare e assorbire; assorbire la luce, i colori, il mondo è un buon modo per ridurre lo stress. Una finestra può essere tutto questo. Che sia verticale o che “cada” dall’alto, come quelle per tetti.

Siamo nel nostro mondo; siamo a casa, in camera. Camera con vista.

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