Festività natalizie, basse temperature e mondiali di calcio sono periodi dove le probabilità di andare incontro ad un attacco di cuore sono maggiori rispetto al resto dell’anno. Ad affermarlo sono sempre più numerosi studi: ultimo in ordine di tempo, dopo la già nota associazione tra infarti e freddo e problemi cardiaci durante la nota manifestazione sportiva, è uno studio pubblicato dal Journal of the American Heart Association. Il risultato è tranciante: tra il 25 dicembre e il 7 gennaio il tasso di decessi per problemi cardiaci sale del 4% rispetto al resto dell’anno.

Per arrivare al curioso risultato gli autori dello studio -gli scienziati della University of Melbourne- hanno monitorato i decessi di natura cardiovascolare verificatisi in tutta la Nuova Zelanda tra il 1988 e il 2013. Dalle analisi è emerso che rispetto al resto dell’anno le probabilità di andare incontro ad un evento cardiovascolare sono maggiori nel periodo compreso tra Natale e l’Epifania.

Un risultato perfettamente in linea con quanto accade negli Stati Uniti. Ma è proprio la sovrapposizione con il dato del Paese a stelle e strisce ad aver insospettito gli autori dello studio. Mentre negli Stati Uniti l’inverno è caratterizzato dalle basse temperature, in Nuova Zelanda la stagione corrispondente alle festività natalizie è l’estate. Cos’è dunque a scatenare l’innalzamento dei casi di infarto? A detta degli scienziati australiani che hanno realizzato lo studio sarebbero abbuffate, eccessivo consumo di alcol e forte stress nei preparativi le principali cause.

Scagionato dunque il freddo? Tutt’altro. Anche in questo caso i dati parlano chiaro e si riferiscono ad uno studio presentato all’edizione 2015 del congresso della European Society of Cardiology. La ricerca in questo caso ha preso in esame i dati relativi agli attacchi di cuore nella città di Winnipeg, caratterizza per inverni molto rigidi con temperature medie giornaliere spesso sotto lo zero. Dalle analisi è emersa cuna chiara relazione fra temperatura e rischio: ad ogni abbassamento di 10 gradi corrisponde un aumento del 7% di infarto. In questo caso la spiegazione degli scienziati è semplice e lineare: con le basse temperature aumenta la vasocostrizione periferica nel tentativo di preservare la temperatura corporea. In chi soffre di pressione alta questo fenomeno può essere ancor più marcato sottoponendo il cuore ad un maggiore sforzo.

Ma festività senza eccessi e temperature miti non mettono comunque al riparo dal rischio infarto. A rischiare grosso in alcuni periodi dell’anno sono in particolare gli amanti del calcio. A tal proposito lo studio più significativo è del 2006, anno in cui l’Italia si è laureata campione del mondo a Berlino. L’indagine, opera di un gruppo di ricercatori tedeschi, aveva come obiettivo il monitoraggio del numero di infarti avvenuti in concomitanza delle partite del mondiale e il confronto con quelli avvenuti nelle stesse date degli anni precedenti.

Anche in questo caso i risultati non hanno lasciato scampo: nei giorni di match della nazionale tedesca gli infarti sono triplicati negli uomini e raddoppiati nelle donne. In questo caso il meccanismo alla base del fenomeno è ben noto. Quando si provano forti emozioni il nostro corpo secerne un eccesso di catecolamine, ormoni prodotti dalle ghiandole surrenali responsabili dell’aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. Una condizione del tutto normale ma che in persone a rischio può scatenare eventi cardiaci acuti quali infarti e ictus.

Twitter @danielebanfi83


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