Il 10 ottobre ricorre per il secondo anno la giornata nazionale della Psicologia, che in questa edizione ha come tema centrale il «disagio sociale» inteso in forma ampia e specificatamente relativo al concetto di «esclusione sociale». In occasione di questa giornata sono previsti molteplici eventi in diverse città italiane: in particolare gli eventi si concentrano in Umbria e in Lombardia, ma anche in Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Piemonte (qui il programma completo con gli eventi fuori Torino).

Il tema del disagio sociale è stato scelto in tempi di turbolenze economico-politiche che sembrano aprire la forbice del divario sociale ancora di più che in passato. E per disagio sociale si intendono, come si legge nel sito di promozione dell’evento quelle situazioni di «periferia esistenziale» non solo geografica, ma anche affettiva ed economica.

La psicologia, partendo da queste problematiche, tenta di spingere in senso contrario, promuovendo movimenti di inclusione e reinserimento. In questo sta la sua funzione primariamente politica. Pensiamo per esempio al lavoro dei Centri di Salute Mentale sul territorio, nati in seguito allo smantellamento dei manicomi, o ai Serd, servizi dell’ASL rivolti a soggetti con problematiche di addiction in tutte le sue forme (tossicodipendenza, alcolismo, gioco d’azzardo patologico, etc.), entro i quali si tenta di reinserire sul territorio persone che mai avrebbero la possibilità di partecipare al circuito dei cosiddetti «vincenti», per mezzo di borse lavoro dedicate, pensioni sociali di sostentamento, accompagnamento all’inserimento in case popolari.

Questo è solo uno, quello più specificatamente sociale, degli aspetti del lavoro psicologico, ma esistono moltissimi altri ambiti di intervento della psicologia, dal lavoro di psicoterapia e psicoanalisi privato, al marketing, all’ambito motivazionale per sportivi, al lavoro con le organizzazioni, etc.

Il lavoro privato, quello psicoterapeutico, usa strategie e metodi derivati dalla psicoanalisi di matrice freudiana. Sigmund Freud, universalmente conosciuto come il padre della psicoanalisi e di tutte le discipline che da queste derivano, aveva non solo creato un corpus teorico vasto ed approfondito, ma anche un vero e proprio metodo con regole ferree che sono ancor oggi rispettate (un esempio su tutti, la durata di un colloquio clinico fissata a un’ora).

A partire da quell’imprinting, la pratica clinica si è ramificata e diversificata, e ha attinto da ambiti diversi per complessificarsi (la neuroscienza, l’antropologia medica, l’etnopsichiatria, la filosofia). L’efficacia delle psicoterapie è oggi riconosciuta dalla comunità medica come buona pratica dove i sintomi del paziente sono di natura psicosomatica o procurati da uno stato di stress (e un medico generico affermerebbe senza problemi che buona parte dei sintomi portati da un paziente a una visita generica, derivano in origine da una qualche forma di stress.

La psicoterapia approfondisce le origini primeve di quello stress, con l’obiettivo di risolverlo alla radice, nel contesto protetto di una relazione terapeutica fondata su un’alleanza. L’importanza dell’alleanza terapeutica è lampante se si prendono in considerazione gli studi sul placebo: è dimostrato che un farmaco placebo è efficace tanto quanto un farmaco «reale», se somministrato da un medico che ha la fiducia del paziente. Questo dovrebbe farci pensare in modo più ampio alla medicina (in particolare di ambito psichiatrico) e alla relazione di cura, che non può più limitarsi al semplice «trovare il farmaco giusto».

Il 10 ottobre sarà un’occasione per avvicinarsi alla disciplina psicologica, avendo l’occasione di partecipare a uno degli eventi promossi. La disciplina psicologica, in particolare nella sua declinazione clinica, sempre più fa da supporto e integrazione alla scienza medica, entro una concezione di essere umano allargata, in cui soma e psiche convivono in un rapporto simbiotico e inscindibile.

raffaeleavico.it


Alcuni diritti riservati.

vai all'articolo originale >>