Esiste un legame molto forte e scientificamente riconosciuto tra i livelli di vitamina D nel sangue e le prestazioni dei calciatori professionisti. Buoni livelli di questo ormone si traducono in un miglior assorbimento del calcio a livello osseo e a livello muscolare, con risultati evidenti sul controllo motorio, la forza e la coordinazione muscolare.
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Al contrario una carenza di vitamina D significa performance ridotte e soprattutto maggior rischio di infortuni. A destare attenzione è anche il fatto che esiste un andamento variabile nei vari mesi dell’anno molto marcato dei livelli di vitamina D nel sangue dei calciatori, con evidenti ricadute sulla loro «continuità» e sul rischio di infortuni. A dimostrarlo è un recente studio pubblicato sulla rivista Chronobiology International e condotto da ricercatori dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, che ha concentrato le attenzioni su un campione di 167 calciatori del Bari, Lanciano e Pescara, sottoposti a vari prelievi sanguigni nell’arco degli anni 2013 e 2014, quando le tre squadre militavano in serie B.
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Valori minimi in gennaio e febbraio
«Nella nostra ricerca abbiamo adottato per la prima volta un approccio cronobiologico per comprendere nel dettaglio quali fossero le fluttuazioni stagionali della vitamina D in questi atleti professionisti» spiega Jacopo Vitale, ricercatore del Laboratorio di meccanica delle strutture biologiche, tra i firmatari dello studio.
«Attraverso i nostri risultati abbiamo riscontrato che esistono fluttuazioni molto marcate dei livelli di vitamina D nei vari mesi dell’anno, con un picco tra luglio e agosto e valori minimi attorno ai mesi di gennaio e febbraio».
Questo andamento, secondo il ricercatore, sarebbe da ricollegare alla diversa esposizione dei calciatori alla luce solare che rappresenta il “motore” della produzione di vitamina D, ma anche ai differenti carichi di lavoro fisico tra estate e inverno, dato che le molte partite giocate e i molti allenamenti che caratterizzano il periodo invernale hanno l’effetto di abbattere i livelli di vitamina D nel sangue.
Carente 1 calciatore su 3
Nonostante i protagonisti dello studio fossero giovani sportivi sani e praticassero attività all’aria aperta, lo studio ha evidenziato che 55 dei 167 calciatori presi in esame – il 32,9% – presentava carenze lievi di vitamina D almeno in una fase dell’anno, mentre 15 di essi – il 9% – mostrava un deficit più marcato di questo ormone.
Le fluttuazioni dei livelli di vitamina D sono inoltre apparse strettamente correlate con i livelli di testosterone e cortisolo, due ormoni che influenzano in maniera opposta le performance sportive. Elevati livelli di vitamina D erano infatti associati a elevati livelli di testosterone, l’ormone che contribuisce alla buona gestione dello stress psico-fisico, mentre livelli ridotti di vitamina D erano associati a elevati livelli di cortisolo, l’ormone dello stress correlato anche a un maggior rischio di infortuni.
Le indicazioni per gli sportivi
«Il nostro studio intende fornire agli staff medici delle squadre professionistiche dei dati oggettivi su cui basarsi per prevenire il rischio di infortuni dei loro atleti, attraverso strategie che includono anche la supplementazione», avverte Vitale.
Per chi pratica questo sport in maniera non professionistica ma più volte alla settimana, un buon consiglio è invece quello di cercare di non affaticare troppo il fisico specialmente durante i mesi invernali, mantenere per quanto possibile una buona esposizione alla luce del sole anche quando le giornate sono più brevi e assumere più spesso alimenti ricchi di vitamina D, come pesce azzurro, latte e uova.
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