Le idee innovative in campo alimentare davvero non mancano: per rendersene conto, basta dare uno sguardo a questi 5 progetti di ricerca e\o brevetti, tutti nati nelle Università Italiane.
«L’innovazione e la produzione di nuovi alimenti è sicuramente un ambito di ricerca estremamente interessante soprattutto quando è rivolto a migliorare le caratteristiche nutrizionali, sensoriali e le potenzialità salutistiche degli alimenti. - commenta la professoressa Stefania Ruggeri, nutrizionista del Crea (principale Ente di ricerca italiano dedicato all’agroalimentare) e docente di Scienze e tecnologie alimentari all’Università Tor Vergata di Roma - Il consumatore non deve mai dimenticare che è la dieta nel suo complesso e gli stili di vita sani che possono portare davvero al miglioramento della salute e avere effetti preventivi sull’insorgenza delle patologie. Un alimento da solo non è mai la panacea. I nuovi alimenti funzionali, inoltre, non dovrebbero creare nel consumatore confusione».
Il SunBlack, pomodoro nero ricco di antiossidanti
Da un progetto di ricerca coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, insieme con le università Tuscia di Viterbo, Modena, Reggio Emilia e Pisa è nato il pomodoro nero, ricchissimo in antiossidanti, nello specifico antociani, molecole abbondanti in mirtilli, uva nera, fragole e ciliegie.
Il pomodoro nero è, a tutti gli effetti, un alimento funzionale, ma non è geneticamente modificato poiché i suoi semi sono stati ottenuti attraverso la tradizionale tecnica dell’incrocio. Il marchio SunBlack è stato registrato ed è arrivata anche la licenza a commercializzarlo, in pratica per questo prodotto è stato del tutto completato il percorso dal laboratorio alla tavola.
«Il pomodoro nero, certamente è interessante per l’apporto in antociani, ma non so come il consumatore accetterà l’idea di comprare un pomodoro nero - spiega la professoressa Ruggeri. - Il pomodoro rosso è simbolo della mediterraneità, della pizza e la pasta al pomodoro e basilico il piatto forte della tradizione culinaria Italiana. Qui la sfida, almeno dal mio punto di vista, è trovare il modo di integrarlo davvero nella nostra alimentazione».
Gli spaghetti anti-infarto
Presso l’Unità di Medicina Critica Traslazionale (Trancrilab) dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è stato possibile sperimentare e documentare come, mescolando la semola di grano duro con una farina d’orzo particolarmente ricca in betaglucano idrosolubile, una fibra alimentare capace di stimolare la formazione di nuovi vasi sanguigni in presenza di uno stress ossidativo, si possa ottenere della pasta, che se consumata regolarmente, può favorire la formazione naturale di by-pass endogeni e prevenire i danni al cuore causati dall’occlusione di una coronaria.
L’assunzione della pasta Cuore Mio, questo il nome del nuovo alimento funzionale cardioprotettore, favorisce la sintesi di VEGF, il più importante fattore di crescita vascolare, e la parkina una proteina che rimuove i mitocondri danneggiati da un infarto e favorisce la sopravvivenza delle cellule del cuore.
«È dal 2012 che lavoriamo a questo progetto in collaborazione con una grande impresa alimentare. Prima di questo studio non esisteva evidenza che un alimento a basso indice glicemico, come la pasta, fosse così efficace nel veicolare una dose efficace (3%) di beta-glucano d’orzo, una chiave naturale per innescare la sintesi nel cuore di fattori protettivi che altrimenti richiederebbero approcci più invasivi per essere espressi, come la terapia genica.
Con gli spaghetti anti-infarto si inaugura la filiera degli alimenti funzionali dedicati a chi è esposto a un rischio cardiovascolare» spiega il professor Vincenzo Lionetti, responsabile del Trancrilab.
«Lo spaghetto anti-infarto può essere un’innovazione interessante se pensiamo a quanto le patologie cardiovascolari siano diffuse e quanto questo alimento sia amato e consumato in Italia - commenta ancora la professoressa Ruggeri - L’idea di legare la protezione cardiovascolare a un cibo così amato, come gli spaghetti, è sicuramente vincente».
L’uovo sodo vegetale
È il brevetto numero 100 dell’Università di Udine. Ha l’aspetto e le caratteristiche organolettiche sensoriali di un uovo sodo di gallina, è pronto al consumo, ma non essendo stato ottenuto da nessun animale è adatto anche alla dieta vegana e per chi soffre di ipercolesterolemia, non contenendo grassi animali.
È stato ottenuto grazie al lavoro di 4 studentesse del corso di laurea magistrale in Scienze e tecnologie alimentari ed è costituito interamente da ingredienti di origine naturale e vegetale, per lo più di natura proteica, in particolare grazie alla miscelazione di farine di diversi legumi, oli vegetali, un gelificante e un sale speciale.
Il brevetto, adesso, ha iniziato l’iter di commercializzazione con la presentazione alle aziende potenzialmente interessate ad acquisire il procedimento per ottenere questo nuovo prodotto alimentare e quindi lo scaling-up del processo a livello industriale.
A tale proposito chiarisce la dottoressa Francesca Zuccolo, una delle autrici del progetto e portavoce delle sue colleghe: «Questo progetto non è nato nell’ambito della ricerca universitaria, ma durante un esame curricolare di Principi di Formulazione, dopo il quale siamo state spronate a non abbandonare la nostra idea, ma anzi a valorizzarla e a concretizzarla. È nato come “uovo sodo vegano”, ma a noi piace definirlo “uovo sodo vegetale”, per il semplice fatto che non è un alimento che può essere consumato esclusivamente da chi sceglie di avvicinarsi alla dieta vegana, ma anche e soprattutto dalle persone che non possono consumare uova sode animali, per motivi di salute».
«L’idea dell’uovo sodo vegetale è curiosa, di sicuro impatto per il consumatore, ma forse può creare qualche confusione. L’uovo di gallina è un ottimo alimento: ricco di proteine di qualità, di vitamine e con poche calorie. Mi domando quali saranno le caratteristiche nutrizionali dell’uovo vegano ed è importante allora che il consumatore venga ben informato delle differenze tra i due prodotti» commenta la dottoressa Ruggeri.
Cioccolato ipocolesterolemizzante
Cioccolatini fondenti arricchiti con fitosteroli: è questo il progetto finale di Dottorato di ricerca della Dott.ssa Roberta Tolve, condotto presso l’Università degli Studi della Basilicata. Tale progetto, coordinato dal tutor Prof.ssa Fernanda Galgano, della Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali (SAFE) e dai cotutors Prof. Fabio Favati (Università di Verona) e Dott.ssa Marisa Carmela Caruso (SAFE), è stato premiato a livello nazionale per la migliore qualità scientifica della ricerca di base e per l’applicabilità industriale, nell’ambito dell’iniziativa «What for» promossa da Federalimentare (Federazione Italiana dell’Industria Alimentare) in collaborazione con la Rete Nazionale dei Corsi di Dottorato di Ricerca in Food Science Technology and Biotechnology, durante il XXII Workshop nazionale dal tema «Developments in the Italian PhD Research on Food Science Technology and Biotechnology».
«Grazie all’impiego della microincapsulazione sono stati prodotti, in pratica, dei cioccolatini contenenti fitosteroli microincapsulati, stabili dal punto di vista ossidativo e ben accetti dai consumatori- spiega la Prof.ssa Fernanda Galgano che aggiunge- assumendo 10 g ogni giorno di questi cioccolatini fortificati al 15% con fitosteroli micro incapsulati, si riesce a soddisfare fino al 25-30% dell’intake di fitosteroli raccomandato per osservare un effetto ipocolesterolemizzante. Per poter ottenere un prodotto commercializzabile, in ottemperanza al Regolamento (CE) n. 258/97 del Parlamento europeo sui nuovi prodotti e sui nuovi ingredienti alimentari, sarà peraltro necessario effettuare studi di valutazione degli effetti in vivo e a lungo termine legati all’assunzione del nuovo alimento funzionale».
Bone Bone, la merendina a favore delle ossa
Quasi 10 anni fa, alcuni studenti dell’Università Federico II di Napoli misero appunto una merendina (bone bone alla lettera osso buono) costituita da due fette di pan di spagna e al centro una crema di yogurt ricca di sostanze come l’inulina, capaci di favorire l’assorbimento del calcio e favorire, in ultima analisi, la salute delle ossa.
Che ne è stato di tale invenzione che valse ai giovani ricercatori il premio Trophelia Italia per l’innovazione alimentare? Spiega la dott.ssa Assunta Siani, portavoce di quel gruppo di ragazzi: «All’epoca eravamo studenti e da studenti vincere un premio nel tuo campo dove competono le migliori università italiane, ti entusiasma. Il nostro entusiasmo, purtroppo, si é scontrato con uno scarso supporto di tipo formativo, logistico e\o strutturale nel momento in cui abbiamo provato a realizzare concretamente il prodotto. Del resto per tutti noi é stata sotto molti punti di vista un’esperienza molto formativa».
«Per quanto riguarda i cioccolatini ipocolesterolemizzanti - sottolinea la dottoressa Ruggeri - forse più che abituarsi al pezzetto di cioccolato fondente per risolvere il problema del colesterolo sarebbe meglio imparare a mangiare in modo più sano e a fare una vita attiva».
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