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Mentre la salute mentale ha fatto notevoli progressi sia dal punto di vista delle conoscenze che delle pratiche assistenziali, esiste ancora un’area negletta che coincide con l’età critica per l’insorgere dei disturbi mentali e da abuso di sostanze. Si tratta della «transizione» tra l’infanzia (compresa l’adolescenza) e l’età adulta, che dovrebbe compiersi al compimento dei 18 anni, ma che in molti casi in realtà sfuma: con l’interruzione delle cure e tutte le conseguenze che possono derivarne. «Occorre standardizzare questo passaggio, troppo spesso finora lasciato al caso: non deve dunque stupire che molti ragazzi abbandonino le terapie», avverte Giovanni de Girolamo, direttore dell’unità operativa di psichiatria epidemiologica e valutativa dell’Irccs Fatebenefratelli di Brescia, anticipando le conclusioni del progetto europeo «Milestone», avviato nel 2014 proprio per sviluppare nuovi modelli assistenziali per i pazienti che transitano dai servizi di salute mentale per l’infanzia e l’adolescenza a quelli per l’età adulta.

Un miraggio la transizione tra i servizi dell’infanzia e dell’adulto

La ricerca, oltre a indagare l’architettura e il funzionamento dei servizi di salute mentale in Europa, ha coinvolto mille ragazzi (quasi maggiorenni), insieme ai loro genitori e clinici di riferimento. Tutti sono stati seguiti per quasi tre anni dal team di ricerca. È così emerso che troppi adolescenti con problemi psichici o comportamentali non sono più seguiti durante l’adolescenza. E, quando ritrovano una possibilità assistenziale, in molti casi è troppo tardi. Ovvero: c’è il rischio che questi problemi continuino a perpetrarsi per buona parte della vita.

I giovani seguiti erano in carico ai servizi prevalentemente per disturbi d’ansia (24 per cento) o dell’umore (31 per cento), disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (21 per cento), disturbi dello spettro autistico (15 per cento) e alimentari (11 per cento). Ma con l’avvicinarsi della maggior età, buona parte di loro ha smesso di essere seguita da un team di specialisti. Un epilogo pressoché scontato, considerando che in Europa è un’eccezione quella di avere protocolli standardizzati per il «passaggio» di un paziente psichiatrico dai servizi per l’infanzia a quelli per l’età adulta.

La fase più delicata

Quel che davvero entra in subbuglio, più del fisico, è il cervello dei teenager. I cambiamenti cognitivi, in questa fase della vita, sono enormi. È soprattutto la corteccia prefrontale a svilupparsi, in modo tale da permettere a una persona di conquistare razionalità a scapito dell’emotività. La portata dei mutamenti in atto non deve dunque portare a stupirsi se questa fase della vita è considerata la più delicata per l’eventuale insorgenza di disturbi mentali, che possono insorgere anche in seguito all’utilizzo di sostanze con cui si viene per la prima volta a contatto proprio durante l’adolescenza: è il caso del fumo e dell’alcol in primis, a seguire di tutte le altre droghe. Se a questi fattori di rischio si aggiunge la fisiologica contrapposizione che può sbocciare nei confronti dei genitori, si arriva a capire per questa fase della vita sia così delicata. E, di conseguenza, necessiti di un adeguato «accompagnamento» anche dal punto di vista dell’assistenza sanitaria, ove necessaria.

Twitter @fabioditodaro

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