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Il dolore al seno le donne lo conoscono bene: è abbastanza comune nel periodo perimestruale, durante la fase ovulatoria e talvolta negli anni che precedono la menopausa.

Vi sono situazioni di dolore e di secrezioni mammarie anomale che non possono però essere trascurate, ma anzi andrebbero interpretate come un campanello d’allarme.

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In generale il dolore che si avverte al seno può comparire ciclicamente ogni mese, pochi giorni prima del ciclo, ed è nella stragrande maggioranza dei casi di natura benigna, dal momento che esprime l’elevata sensibilità della mammella alle fluttuazioni ormonali.

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«Questo indolenzimento fastidioso, sperimentato da moltissime donne almeno una volta nella vita, dipende da uno stato di iperestrogenismo assoluto o relativo, a seconda della produzione bilanciata del progesterone, l’ormone predominante subito dopo l’ovulazione, che può essere assente, scarso, o prodotto in quantità non sufficiente a bilanciare la una produzione di estrogeni- spiega Rossella Nappi, Professore ordinario di ginecologia e ostetricia università degli studi di Pavia - IRCCS Policlinico S Matteo che aggiunge- Uno stato di iperestrogenismo con deficit dell’azione del progesterone determina uno squilibrio nella produzione e nel riassorbimento della linfa a livello degli alveoli della mammella, con conseguente edema e gonfiore della ghiandola mammaria e sviluppo di dolore.

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La sostanza naturale amica che contrasta il dolore mammario è l’agnocasto che esercita un’azione di riequilibrio ormonale a livello dei tessuti mammari, contrastando, inoltre, il normale rialzo dell’ormone prolattina che si verifica in fase premestruale e che può essere corresponsabile del dolore. L’arrivo del ciclo ed il calo del progesterone e degli estrogeni circolanti, consente alla mammella di sgonfiarsi e di non essere più dolorante».

Se il ciclo non arriva, il dolore al seno può essere una delle prime avvisaglie della gravidanza proprio perché il progesterone e gli estrogeni in circolo restano elevati e l’edema e il gonfiore della mammella si mantengono.

Secrezioni del capezzolo: quando preoccuparsi

Se però il dolore al seno e ai capezzoli, non è ciclico e non è riconducibile alle diverse fasi del ciclo mestruale è buona abitudine provare a spremere il capezzolo per capire se possono esservi campanelli d’allarme da non trascurare. «Se spremendo il capezzolo si osserva la fuoriuscita di liquido trasparente si può star tranquille, è del tutto normale, soprattutto se la secrezione è bilaterale. Secrezioni di un colore compreso fra il verdastro e il color verde smeraldo potrebbero essere sintomatici di una mastopatia fibrocistica e/o di un’infezione.

Secrezioni lattescenti potrebbero essere indizio di valori troppo elevati di prolattina, una condizione che, per esempio, può pregiudicare la fertilità o nascondere un adenoma dell’ipofisi, un tumore benigno che può associarsi a sintomi come irregolarità o assenza del ciclo, cefalea, vista sdoppiata.

Secrezioni marroncine o rosso vivo, infine, devono sempre indurre a richiedere un consulto specialistico poiché potrebbero preludere a patologie che spaziano dal papilloma intraduttale al tumore vero e proprio» chiarisce ancora la dott.ssa Nappi.

I PROBLEMI DELLE MAMMELLE NEI MASCHI

Negli uomini di mezza età o comunque nella vecchiaia, si può talvolta verificare un accrescimento delle mammelle e si parla di ginecomastia. Il fenomeno può essere appena accentuato o anche assumere contorni che mettono a disagio chi ne è affetto.

Il problema dipende dal fatto che con il passare dell’età si assiste a un calo nella produzione di testosterone, il principale ormone maschile e un aumento degli estrogeni, ormoni tipicamente femminili.

Gli uomini che con l’età tendono a mettere su peso, sono più soggetti alla ginecomastia poiché il tessuto adiposo è notoriamente una fonte di estrogeni, oltre che un bersaglio della loro azione.

La ginecomastia infine, può essere un effetto collaterale dell’assunzione cronica di alcuni farmaci come la cimetidina (usato per la cura dell’ulcera gastrica), gli inibitori dell’alfa 5 reduttasi (impiegati nel trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna IPB) e gli antiandrogeni. Tale condizione, infine, è favorita da un eccessivo consumo di alcol e anche dall’abuso degli oppioidi.

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