Il Dna come un codice a barre da scannerizzare e identificare. Non è fantascienza, ma la tecnologia sviluppata dai ricercatori guidati dal professor Paul Hebert, dell’Università di Guelph in Canada. Allo stesso modo di un lettore per i prodotti del supermercato (che rileva le differenze nelle linee del codice), si tratta di uno scanner in grado di leggere le variazioni genetiche, così da poter identificare le diverse specie.
E come scrive il professor Robert Henner in un articolo su The Conversation, «può essere utile per rilevare materiale biologico contaminante, insetti e parassiti portatori di malattie nei cibi». Secondo l’accademico, questa tecnologia diventerà uno strumento fondamentale per i biologi, ma anche per tutti coloro che hanno la necessità di rilevare la presenza di singoli esemplari di un microrganismo o di un essere vivente. «Lo faremo in modo automatico, senza dover inviare un campione al laboratorio», scrive. Senza dimenticare che non sarà più necessario catturare un esemplare di una specie, ma basterà individuare la presenza di tracce di Dna nell’ambiente. «In 150 anni, saremo in grado di monitorare l’aria, l‘acqua e il suolo per comprendere l’evoluzione della vita sulla terra», afferma Henner.
La tecnologia è fondata sul database messo in piedi dall’International Barcode of Life, un’organizzazione che, nel giro di dieci anni, è riuscita a classificare almeno 50mila specie. Il tutto utilizzando la tecnica del barcoding. Sviluppata dallo stesso Hebert, identifica le diverse forme di vita tramite l’utilizzo di sequenze di Dna. «Analizzandone la variabilità, è possibile discriminare due identità biologiche», si può leggere nel sito web di Barcoding Italy, consorzio italiano dedicato alla disciplina.
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