Prima può esserci l’autismo. Poi, in alcuni casi, un disturbo del comportamento alimentare. Le condizioni, apparentemente tra loro distanti, possono talvolta riguardare la stessa persona. Un aspetto su cui la comunità scientifica era al lavoro da tempo, avendo già riscontrato che il 20-30 per cento degli adulti con un disturbo dell’alimentazione convive pure con l’autismo. E che risulta in parte chiarito da uno studio pubblicato sul «Journal of Child Psychology and Psychiatry» da un gruppo di ricercatori dell’University College di Londra, che conferma come i bambini con un disturbo dello spettro autistico portino con sé un rischio più alto di ammalarsi, nel tempo, di anoressia, di bulimia e di binge eating disorders.
Prima l'autismo, poi un disturbo del comportamento alimentare
Gli scienziati hanno lavorato su un gruppo di 5.381 adolescenti, oltre un decimo dei quali aveva un rapporto patologico con il cibo: in grado di manifestarsi con il digiuno prolungato, la tendenza a vomitare dopo aver fatto delle abbuffate e l’abitudine a seguire diete ferree per lunghi periodi. I risultati hanno confermato la presenza di uno scenario da tempo noto agli esperti.
A soffrire di un disturbo del comportamento alimentare sono perlopiù le ragazze (l’11.2 per cento di quelle coinvolte nello studio) rispetto ai coetanei maschi (3-6 per cento). Partendo da questi dati, gli autori dello studio hanno recuperato le risposte fornite dalle mamme di questi ragazzi per verificare l'eventuale presenza di comportamenti tipici dei disturbi dello spettro autistico (tendenza all’isolamento, uso stereotipato dei movimenti e del linguaggio, eccessiva aderenza alla routine, fissazione per alcuni interessi) alle età di 7, 11, 14 e 16 anni. In questo modo è stato possibile registrare non soltanto i casi diagnosticati, ma anche quelli molto probabili e non riconosciuti da un medico.
I ricercatori hanno così potuto osservare che, tra i ragazzi alle prese con un disturbo dell’alimentazione, la presenza di tratti tipici dell’autismo nel corso dell’infanzia era più frequente (rispetto agli altri coetanei). Tra coloro che all’età di 7 anni presentavano alcuni segni tipici del disturbo del neurosviluppo, la quota di coloro che a 14 anni adottava scelte alimentari disordinate a cadenza settimanale è risultata più alta (del 24 per cento).
In che modo l'autismo «avvicina» un disturbo dell'alimentazione?
In ordine cronologico, «sembra chiaro che è l’autismo a comparire per primo e poi, eventualmente, un disturbo dell’alimentazione», spiega Francesca Solmi, ricercatrice dell’University College e prima firma della pubblicazione. Un punto fermo che di fatto sancisce come un bambino con un disturbo dello spettro autistico sia più a rischio di sviluppare, durante l’adolescenza, malattie quali l’anoressia, la bulimia e il disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder).
Sul perché ciò accada, per il momento, soltanto ipotesi. Una di queste rimanda alle difficoltà nella comunicazione che hanno i bambini autistici. Da qui, considerando le difficoltà emotive che ne derivano, potrebbe maturare un anomalo rapporto con il cibo, in grado di delinearsi con il passare degli anni (è rarissimo riconoscere un disturbo del comportamento alimentare nel corso dell’infanzia). Un altro spunto di riflessione deriva dalla condivisione di alcuni tratti caratteriali tra chi soffre di questi disturbi: come la rigidità del pensiero, l’inflessibilità di alcuni comportamenti, la tendenza a ripetere sempre gli stessi gesti e una percezione sensoriale superiore alla norma.
Informazioni utili per genitori e medici
Nel frattempo, queste informazioni potranno tornare utili sia in chiave preventiva sia terapeutica. Fare attenzione a come mangia un bambino autistico, per esempio, potrebbe permettere a un genitore di evitare l’insorgenza di un disturbo del comportamento alimentare. O quanto meno indirizzarlo verso una diagnosi precoce (cruciale per determinare un buon esito delle terapie). Così come indagare la presenza di tratti autistici potrebbe rivelarsi utile nel trattamento di adolescenti con l’anoressia o la bulimia che non sembrano rispondere alle cure. In questi casi, spiegano i ricercatori, «potrebbe servire un approccio differente». Da mettere a punto, a partire dalla consapevolezza che autismo e anoressia (soprattutto, per quanto però dato sapere finora) non di rado viaggiano a braccetto.
Twitter @fabioditodaro
Prima può esserci l’autismo. Poi, in alcuni casi, un disturbo del comportamento alimentare. Le condizioni, apparentemente tra loro distanti, possono talvolta riguardare la stessa persona. Un aspetto su cui la comunità scientifica era al lavoro da tempo, avendo già riscontrato che il 20-30 per cento degli adulti con un disturbo dell’alimentazione convive pure con l’autismo. E che risulta in parte chiarito da uno studio pubblicato sul «Journal of Child Psychology and Psychiatry» da un gruppo di ricercatori dell’University College di Londra, che conferma come i bambini con un disturbo dello spettro autistico portino con sé un rischio più alto di ammalarsi, nel tempo, di anoressia, di bulimia e di binge eating disorders.
Prima l'autismo, poi un disturbo del comportamento alimentare
Gli scienziati hanno lavorato su un gruppo di 5.381 adolescenti, oltre un decimo dei quali aveva un rapporto patologico con il cibo: in grado di manifestarsi con il digiuno prolungato, la tendenza a vomitare dopo aver fatto delle abbuffate e l’abitudine a seguire diete ferree per lunghi periodi. I risultati hanno confermato la presenza di uno scenario da tempo noto agli esperti.
A soffrire di un disturbo del comportamento alimentare sono perlopiù le ragazze (l’11.2 per cento di quelle coinvolte nello studio) rispetto ai coetanei maschi (3-6 per cento). Partendo da questi dati, gli autori dello studio hanno recuperato le risposte fornite dalle mamme di questi ragazzi per verificare l'eventuale presenza di comportamenti tipici dei disturbi dello spettro autistico (tendenza all’isolamento, uso stereotipato dei movimenti e del linguaggio, eccessiva aderenza alla routine, fissazione per alcuni interessi) alle età di 7, 11, 14 e 16 anni. In questo modo è stato possibile registrare non soltanto i casi diagnosticati, ma anche quelli molto probabili e non riconosciuti da un medico.
I ricercatori hanno così potuto osservare che, tra i ragazzi alle prese con un disturbo dell’alimentazione, la presenza di tratti tipici dell’autismo nel corso dell’infanzia era più frequente (rispetto agli altri coetanei). Tra coloro che all’età di 7 anni presentavano alcuni segni tipici del disturbo del neurosviluppo, la quota di coloro che a 14 anni adottava scelte alimentari disordinate a cadenza settimanale è risultata più alta (del 24 per cento).
In che modo l'autismo «avvicina» un disturbo dell'alimentazione?
In ordine cronologico, «sembra chiaro che è l’autismo a comparire per primo e poi, eventualmente, un disturbo dell’alimentazione», spiega Francesca Solmi, ricercatrice dell’University College e prima firma della pubblicazione. Un punto fermo che di fatto sancisce come un bambino con un disturbo dello spettro autistico sia più a rischio di sviluppare, durante l’adolescenza, malattie quali l’anoressia, la bulimia e il disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder).
Sul perché ciò accada, per il momento, soltanto ipotesi. Una di queste rimanda alle difficoltà nella comunicazione che hanno i bambini autistici. Da qui, considerando le difficoltà emotive che ne derivano, potrebbe maturare un anomalo rapporto con il cibo, in grado di delinearsi con il passare degli anni (è rarissimo riconoscere un disturbo del comportamento alimentare nel corso dell’infanzia). Un altro spunto di riflessione deriva dalla condivisione di alcuni tratti caratteriali tra chi soffre di questi disturbi: come la rigidità del pensiero, l’inflessibilità di alcuni comportamenti, la tendenza a ripetere sempre gli stessi gesti e una percezione sensoriale superiore alla norma.
Informazioni utili per genitori e medici
Nel frattempo, queste informazioni potranno tornare utili sia in chiave preventiva sia terapeutica. Fare attenzione a come mangia un bambino autistico, per esempio, potrebbe permettere a un genitore di evitare l’insorgenza di un disturbo del comportamento alimentare. O quanto meno indirizzarlo verso una diagnosi precoce (cruciale per determinare un buon esito delle terapie). Così come indagare la presenza di tratti autistici potrebbe rivelarsi utile nel trattamento di adolescenti con l’anoressia o la bulimia che non sembrano rispondere alle cure. In questi casi, spiegano i ricercatori, «potrebbe servire un approccio differente». Da mettere a punto, a partire dalla consapevolezza che autismo e anoressia (soprattutto, per quanto però dato sapere finora) non di rado viaggiano a braccetto.
Twitter @fabioditodaro